Perché parte della cristianità celebrerà la Pasqua 2021 il 4 aprile, mentre un’altra parte consistente il 2 maggio? Come mai la Rivoluzione d’ottobre iniziò il 7 novembre e quella di febbraio l’8 marzo? Perché il Natale per gli ortodossi è il 7 gennaio? Come mai non esiste in tutti i paesi del mondo un modo univoco per contare gli anni, pur essendosi largamente diffuso un metodo convenzionale? Le risposte a queste domande toccano questioni storiche, religiose e politiche.
L’Impero Romano e il calendario giuliano
All’epoca in cui Roma era considerata il mondo, anche se in realtà nel continente americano e in quello asiatico c’erano civiltà ugualmente evolute, fu adottato un calendario unico per tutto l’impero. I giorni naturalmente corrispondevano allo svolgersi della giornata, le settimana ad una delle quattro fasi lunari, il mese grosso modo al ciclo lunare e un anno era il tempo che impiegava la Terra a ripetere il ciclo delle stagioni. Serviva un momento da cui cominciare a contare gli anni e sembrò logico scegliere il momento della fondazione della città di Roma, in quello che noi oggi conosciamo come 753 prima della nascita di Cristo. In realtà, nella quotidianità della gente comune sapere in che anno si fosse non era molto importante. Oltre al riferimento alla nascita di Roma prese campo, di volta in volta, il ripartire contando la durata del mandato dei consoli o di re e imperatori.
Con molte variazioni e aggiustamenti il calendario romano resistette quasi sette secoli fino a quando fu necessario riallinearlo ai solstizi e agli equinozi che tendevano ad allontanarsi dalla loro data reale. Sotto il regno di Giulio Cesare fu un astronomo egiziano, Sosigene di Alessandria, a costruire il calendario giuliano, che avrebbe resistito quindici secoli in quasi tutto il mondo conosciuto, e che tuttora indica il trascorrere del tempo alla gran parte del mondo cristiano ortodosso. Concepito nell’anno che oggi conosciamo come 46 avanti Cristo, 707 dalla fondazione di Roma. ed entrato in vigore l’anno successivo, si tratta di un calendario molto simile a quello che usiamo attualmente. Gli astronomi riallinearono il calendario all’equinozio di primavera che all’epoca fu stabilito nel 25 marzo. Venne aggiunto al mese di febbraio un giorno in più ogni quattro anni in modo che fossero compensate quelle circa sei ore all’anno di effettiva maggiore durata dell’anno astronomico. Sempre con la riforma giuliana furono stabiliti il numero di giorni che ogni mese avrebbe avuto, decisione rimasta immutata dopo ventuno secoli di storia. In realtà alla nascita del calendario giuliano seguirono circa quaranta anni di confusione e ci volle un intervento dell’imperatore Augusto per stabilire in modo definitivo quali anni sarebbero stati bisestili e quali no, dopodiché tutto sarebbe filato quasi liscio fino all’epoca di papa Gregorio XIII. Proprio a Giulio Cesare ed Augusto furono dedicati i mesi di luglio e agosto. Si dice che siano entrambi di 31 giorni perché Augusto non voleva essere meno importante di Giulio Cesare. Se settembre, ottobre, novembre e dicembre ricordano i numeri sette, otto, nove e dieci è dovuto al fatto che l’anno cominciava a marzo, fine dell’inverno e risveglio della natura.
La nascita di Cristo e il cambio di numerazione
Al crollo delle istituzioni romane seguì un periodo di scarsa stabilità in Europa, ma il calendario sopravvisse. Nel frattempo la religione cristiana si era affermata in gran parte dei territori precedentemente sottomessi all’impero mentre ad oriente le istituzioni bizantine continuavano la tradizione romana. Durante il pontificato di Papa Giovanni I, nel VI secolo, il monaco Dionigi il Piccolo ricevette il compito di calcolare in che giorno cadevano le giornate di Pasqua nei decenni e secoli successivi. Il monaco di origine sciita utilizzò come anno di riferimento quello in cui presumeva fosse venuto al mondo Gesù Cristo, il 753 dalla fondazione di Roma, che conteggiò come anno 1. Deve essere chiarito che non esisteva il concetto di zero nei calcoli del monaco e quindi l’anno precedente al primo era l’anno 1 prima della nascita di Cristo. Il nuovo modo di numerare gli anni prese campo molto rapidamente, come al solito affiancandosi alle durate dei regni, ed è quello tuttora in uso in larga parte del pianeta, seppure con la variante “prima dell’era volgare” o “successiva all’era volgare” o “era comune” per coloro che non vogliono fare riferimento ad una particolare religione o tradizione, o che ritengono che la data indicata come nascita di Cristo sia sbagliata. In effetti è assodato che nei calcoli di Dionigi il Piccolo ci sia stato un errore. Basti pensare alla data di morte di Erode, il 4 avanti Cristo. che non può essere precedente alla nascita di Gesù. Secondo la maggior parte degli storici la vera data di nascita di Gesù dovrebbe collocarsi tra l’anno 4 e il 7 precedenti a quello che a livello di calendario consideriamo come inizio della numerazione.
Il calendario gregoriano
Sebbene sicuramente molto preciso, tenuto contro delle informazioni che i dotti avevano oltre duemila anni fa, il calendario giuliano si portava dietro un piccolo errore di circa diciotto ore ogni secolo. Questo fu evidente agli astronomi che notavano che l’inizio reale delle stagioni tendeva a slittare col passare dei secoli rispetto al calendario in uso. La primavera iniziava prima del dovuto, come lo stesso Dante Alighieri riferisce nella Divina Commedia. La discussione su come riformare il calendario durò oltre duecento anni, finché papa Gregorio XIII decise di intervenire onde evitare che la Pasqua arrivasse ad essere celebrata in estate. Fu creata una commissione che stabilì che per riallineare calendario e realtà sarebbe stato necessario cancellare dieci giorni, e perché non si ripetesse il problema si rese necessario definire una nuova regola sugli anni bisestili. Siccome era necessario cancellare quei tre giorni che si accumulavano ogni quattrocento anni fu stabilito che gli anni centenari non divisibili per quattrocento non sarebbero stati bisestili. Ecco perché il 1600 e il 2000 lo sono stati, mentre 1700, 1800 e 1900 non hanno avuto il 29 febbraio, così come avverrà per il 2100. E così, al 4 ottobre 1582 seguì il 15 ottobre in Italia e nella maggior parte dei paesi cattolici europei.
Casi di applicazione tardiva della riforma gregoriana
Per molto tempo non tutto il mondo cristiano seguì lo stesso calendario della riforma di papa Gregorio. Ci volle un secolo e mezzo perché i Paesi protestanti condividessero la scelta e il cambio di data non sempre avvenne in un solo momento, generando ancora più confusione per la scelta di diluire negli anni il riallineamento del calendario. In Svezia, per esempio, l’anno 1712 vide febbraio avere trenta giorni. Anche il mondo non cristiano adottò lentamente il nuovo calendario, anche se solo in tempi relativamente recenti. Basti pensare che il Giappone lo cominciò a seguire nel 1873, la Cina nel 1912 con la caduta dell’impero, così come la Turchia nel 1924. La Russia si adeguò dopo la presa del potere da parte dei bolscevichi ma con delle conseguenze in atto tuttora oggi. Fino a quando la dinastia dei Romanov regnava sulla Russia, anche la chiesa ortodossa aveva un peso importante al punto di non aver mai permesso agli zar di adeguare il calendario civile a quello del resto del mondo. Con la caduta del potere imperiale nel 1917 e con il consolidamento di quello dei Soviet anche la Russia passò al nuovo conteggio cancellando i giorni tra il 1° e il 13 febbraio 1918 (i giorni di differenza tra i due calendari erano infatti nel frattempo diventati tredici perché, come detto, il 1700, 1800 e 1900 erano stati bisestili secondo il calendario giuliano ma non secondo quello gregoriano, aumentando lo scarto di tre giorni). La chiesa ortodossa, che per usare un eufemismo aveva perso influenza nel condizionare la politica russa, reagì continuando ad utilizzare il calendario giuliano. Proprio per questo a distanza di oltre cento anni dalla Rivoluzione nelle chiese cristiano-ortodosse orientali sopravvive il calendario precedente, con la differenza di quasi due settimane nelle più importanti festività cristiane con data fissa. Tutto questo ha anche importanti risvolti nel calendario civile di nazioni come Russia, Ucraina, Serbia, Grecia, Macedonia o Bulgaria, dato che incide sulle festività religiose riconosciute dallo Stato.
Calendari rivoluzionari
Le rivoluzioni, come tutti i tentativi di cambiare radicalmente lo stato delle cose, sono sempre state accompagnate da riforme dei calendari. All’indomani della Rivoluzione francese fu adottato il calendario rivoluzionario francese, che rompeva nettamente con quanto fino a quel momento conosciuto. Se le riforme francesi che adottarono i sistemi metrici decimali sono in vigore ancora oggi, non si può dire lo stesso del calendario, anch’esso decimale. I mesi restavano dodici ma tutti di trenta giorni. I cinque o sei giorni che si perdevano venivano poi recuperati alla fine dell’anno. Le settimane erano sostituite dalle decadi, tre per ogni mese. Il giorno era composto da dieci ore suddivise in cento minuti a loro volta suddivisi in 100 secondi. Complessivamente i giorni di riposo dei lavoratori aumentavano di due al netto delle festività religiose abolite e di quelle repubblicane create. Il calendario rivoluzionario francese restò in vigore dal 22 settembre 1792 al 31 dicembre 1805 con l’abolizione da parte di Napoleone. Nella primavera del 1871, per poco più di due mesi, venne riutilizzato dall’esperienza della Comune di Parigi.
Durante il periodo del Fascismo italiano venne affiancato al calendario gregoriano anche un nuovo sistema di contare gli anni in base all’Era fascista, che prendeva inizio dalla data della Marcia su Roma del 29 ottobre del 1922. Gli anni venivano indicati con i numeri romani e si fermarono nel XXI se si considera la caduta di Mussolini dell’estate del 1943 o nel XXIII se si prende come riferimento la scomparsa della Repubblica Sociale Italiana a fine aprile del 1945. Tuttora oggi in alcuni dei monumenti eretti in Italia o nelle colonie tra il 1922 e il 1943 è possibile leggere la sigla E.F. preceduta da numeri romani.
Come già scritto, nella nascente Unione Sovietica fu già rivoluzionario adeguarsi al calendario gregoriano rispetto a quello giuliano con oltre tre secoli di ritardo. Non bastò questo per tagliare i legami con i calendari di ispirazione religiosa e fu inventato il calendario rivoluzionario sovietico, con delle similitudini a quello francese adottato dopo la rivoluzione. Mesi di trenta giorni e i cinque o sei giorni in più distribuiti come festivi alla fine di alcuni mesi. Settimane di cinque giorni con quattro giorni lavorativi. Pur aumentando i giorni di riposo per i lavoratori, in realtà le attività non si fermavano mai. Le persone furono divise in cinque gruppi con cinque giorni festivi diversi durante ogni settimana. Questo causò problematiche di relazioni sociali molto simili a quelle presenti nelle società moderne dove si lavora sempre. Successivamente la settimana divenne di sei giorni per poi tornare a sette nel 1940, mentre il ripristino alla tradizionale durata dei mesi avvenne già nel 1931. Assieme a questo i sovietici elaborarono un difficoltoso calcolo dei bisestili per fare in modo che il calendario sovietico fosse più completo di quello gregoriano. Se il giuliano aveva un giorno di errore ogni circa 133 anni e il gregoriano ogni 3.323, quello sovietico riuscì a fare in modo di ridurre l’errore ad un giorno ogni circa 43.000 anni. La perversa formula prevedeva di prendere il numero degli anni secolari, dividerli per nove e considerare bisestili solo quelli che non danno come resto 2 o 6. Le chiese ortodosse, similmente al governo comunista, proposero di non cambiare il calendario giuliano ma di far diventare bisestili gli anni secolari che non danno come resto 2 o 7. Il risultato del metodo sovietico e quello ortodosso sarebbe stato lo stesso. Le ipotesi, pur affascinanti dal punto di vista scientifico, non furono prese in seria considerazione, anche perché il momento il calendario gregoriano in uso in quasi tutto il mondo consente di non perdere giorni fino all’arrivo dell’anno 4.905, quando si renderebbe necessario cancellarne uno.
Altri calendari attualmente in uso nel mondo
Seppure a livello planetario il calendario gregoriano con la numerazione che parte dalla presunta nascita di Cristo sia quello usato convenzionalmente, sopravvivono in molte aree del mondo altri calendari che vengono affiancati, anche in forma ufficiale, a quello in uso. Quello delle chiese ortodosse non è l’unico caso. Molti paesi musulmani usano parallelamente al gregoriano anche il calendario islamico. Quest’ultimo ha come inizio della propria cronologia il 16 luglio 622 del calendario giuliano, il giorno in cui Maometto lasciò la Mecca (Egira). In Cina il calendario lunare abolito nel 1912 continua ad indicare la data del capodanno cinese, festività molto più sentita rispetto a quella del 31 dicembre, e molti altri stati asiatici continuano ad usare calendari lunari affiancati a quello ufficiale. Anche il calendario ebraico, almeno nello stato di Israele, condiziona la scelta dei giorni per le festività religiose riconosciute dallo Stato. L’anno 1 del calendario ebraico è quello in cui secondo i testi sacri sarebbe stato creato il mondo. Secondo questo calendario attualmente saremmo nell’anno 5.781, poiché Dio avrebbe creato il nostro pianeta nel 3.760 prima di Cristo. Il calendario Maya colloca l’inizio del mondo poco più tardi, nell’anno 3.114, mentre per gli Indù la Terra è nata circa 155 miliardi di anni fa.
Inoltre, a San Marino al computo degli anni che conosciamo si affianca quello che inizia il 3 settembre del 301, ovvero la nascita della Repubblica. In Corea del Nord si utilizza l’anno di nascita del fondatore dello stato Kim Il Sung come anno da cui partire, quindi il 1912 è il primo anno dell’era Juche, l’ideologia che regola la vita dei nordcoreani. Infine, anche se poco conosciuto, il calendario persiano in uso in Iran e Afghanistan per stabilire le feste religiose è considerato il più preciso al mondo, con un giorno di errore ogni circa 140.000 anni. Rispetto al calendario musulmano si discosta sia per un diverso conteggio dell’anno 1, sempre l’Egira di Maometto ma 51 anni prima, e sia per un algoritmo molto complicato che stabilisce la regola per stabilire gli anni bisestili. In questo calendario il giorno in più viene aggiunto come ultimo giorno dell’anno, che cade sempre a cavallo dell’equinozio di primavera.