Valtiberini nel mondo, da Grenoble la testimonianza di Lapo Magi

Il filosofo ha compiuto quaranta anni in quarantena: “Preoccupato perché ci attende un'involuzione sociale”

Lapo Magi

Lapo Magi alla "Bastille" di Grenoble

Lapo Magi, originario di Sansepolcro, ha compiuto 40 anni proprio in periodo di quarantena. Laureato in antropologia a Siena e filosofia tra Lione e Grenoble, parla correntemente italiano, francese, corso e inglese e mastica sia spagnolo che tedesco.

Come sei finito in Francia?

Inizialmente per completare gli studi sono stato in più di una località francese. Sono in terra transalpina dal 2006 e a Grenoble dal 2010. Vivo in Francia perché mi è sempre piaciuta questa nazione e avevo il desiderio di viverci fin da quando era adolescente. Grenoble è stata casuale, ho conosciuto persone qui e ci sono rimasto. Qui mi dedico alla scrittura e cerco di portare avanti progetti editoriali. Non riesco a vivere solo di questo e quindi periodicamente faccio anche altri lavori per arrotondare.

Il Cafè du Nord, il “pensatoio” di Lapo Magi

Che impatto ha avuto il virus in Francia e a Grenoble?

Il primo caso di Covid-19 in Europa è stato segnalato già in gennaio a Bordeaux, ma fino a fine febbraio regnava l’ottimismo. Poi è arrivato il primo focolaio in Alsazia all’interno di una comunità evangelica. Quindi a Parigi, poi in una zona rurale forse per la presenza di un aeroporto e infine anche in Corsica. Lo stato di emergenza pandemico si è articolato in tre fasi. La prima era finalizzata a rallentare l’ingresso del virus. La seconda a isolare i focolai quando il Covid era già in circolazione. Quindi la fase di confinamento, la quarantena italiana, quando il virus circolava su tutto il territorio nazionale. Questa terza fase è durata dal 17 marzo all’11 maggio. Dovevamo restare isolati in casa, era tutto chiuso tranne le attività essenziali, con obbligo di telelavoro quando possibile. Le strutture sanitarie erano tutte dedicate al coronavirus e per il resto il medico era a disposizione solo per teleconsultazione. Con una autocertificazione cartacea o digitale potevamo uscire per comprare cibo, per andare in farmacia, per motivi di lavoro o di salute e per questioni amministrative. Un’ora al giorno entro un chilometro da casa si poteva passeggiare o fare sport in modo individuale. Uscire con i cani e per portare l’immondizia era permesso ed era possibile aiutare una persona che necessitava di assistenza anche se non si avevano con essa legami familiari.

A Grenoble la situazione era migliore di molte altre zone della Francia. C’è stato solo un piccolo focolaio legato ad una scuola. Non ci sono dati precisi sulla città, ma sappiamo che nell’intero dipartimento i casi sono circa 250, quindi relativamente pochi.

Scorcio con la “Bastille” di Grenoble

C’è anche in Francia quella che in Italia è la “fase 2”?

Sì, si chiama prima fase di deconfinamento, è iniziata l’11 maggio e durerà fino al 2 giugno. I dipartimenti sono stati divisi in verdi e rossi in base a circolazione del virus, pressione sugli ospedali e capacità di fare test e isolare malati. Grenoble è in zona verde mentre Parigi e parte del Nord-est sono zona rossa. In zona rossa molte attività sono ancora chiuse, mentre noi possiamo muoverci nel dipartimento e fino a cento chilometri in linea d’aria. I mezzi pubblici sono contingentati, possono ospitare solo il 50% della propria capienza e naturalmente è obbligatoria la mascherina. Qui tutto è riaperto tranne bar e ristoranti che sono fermi fino al 2 giugno con l’eccezione dell’asporto. Le scuole vengono riaperte a scaglioni: prima asili e scuole primarie, poi superiori ed infine le università. Assembramenti consentiti fino a dieci persone mantenendo il distanziamento sociale. Cinema e teatri sono chiusi, musei e biblioteche aperti.

Che tipo di aiuti ha assicurato lo Stato?

Tutti i cittadini europei e tutti gli immigrati regolari hanno avuto accesso ai sostegni economici dello Stato. La Tregua invernale, un istituto giuridico che impedisce lo sfratto durante i mesi freddi, è stata prolungata fino alla fine dell’emergenza. Chi ha perso il lavoro ha avuto accesso al reddito di sostegno, una specie di reddito di cittadinanza che in Francia esiste da molti anni. La cassa integrazione pagata dallo Stato ha sostituito lo stipendio di coloro che hanno dovuto sospendere il proprio lavoro. Sono rimasti fuori dalla cassa integrazione solo lavoratori stagionali e intermittenti dello spettacolo. Interessante il fatto che le scuole materne non hanno chiuso del tutto, ma sono rimaste aperte per i figli di medici e membri delle forze dell’ordine.

Come è cambiata la tua vita durante la fase di contenimento?

Sul piano lavorativo non è cambiata perché già lavoravo da casa. Sul piano sociale le uniche relazioni dal vivo sono potute avvenire sono con Phoenix, la mia gatta. Non poter incontrare gli amici se non online non è stato piacevole. Caffè e bistrot mi sono mancati come luogo conviviale, mentre se volevo bere qualcosa potevo farlo a casa. La possibilità di camminare a piedi l’avevo, mentre ho dovuto rinunciare alle mie passeggiate in bici lungo l’Isère. Sono stato seriamente preoccupato per la situazione epidemiologica in Italia e sia per quella politica in Europa. Avere le frontiere chiuse mi ha fatto sembrare che nel giro di poco tempo dovessi scegliere tra l’Italia e la Francia invece di muovermi continuamente tra le due nazioni come ho sempre fatto. Non poter viaggiare come prima è stata sicuramente una grossa limitazione.

Il fiume di Isère

Saremo migliori dopo la pandemia?

Rispetto a come è stata vissuta l’emergenza in Italia, qui in Francia tutto si è svolto con maggiore tranquillità. Forse perché i forti ammortizzatori sociali presenti in Francia hanno fatto capire che lo Stato era in grado di sostenere il Paese durante l’emergenza. Adesso però dopo oltre due mesi anche qui la crisi economica si sta facendo sentire e c’è gente in ansia per il futuro. Personalmente sono molto in pensiero per quale tipo di situazione politica e quali cambiamenti sociali irreversibili emergeranno da questa situazione. In sincerità ho preferito viverlo qui il confinamento rispetto a come lo vivevano familiari e amici in Italia. Paradossalmente mai come in questo periodo ho avuto tanti contatti con il mio paese d’origine. Saremo migliori? Lo spero proprio, ma in realtà temo che il peggio inizierà ora. I timori per il virus continueranno a lungo e anche il nuovo modo di lavorare da casa può avere dei pro, ma anche dei contro. Si andrà verso un’involuzione sociale e per tutte le cose che si facevano prima sicuramente occorrerà spendere di più. Io sono fortemente critico verso l’Unione Europea ma resto un convinto europeista. Guardando come la Ue ha affrontato questa crisi credo che la sopravvivenza stessa di questa istituzione sia fortemente a rischio.

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