Dopo aver frequentato il Liceo Scientifico di Sansepolcro, Maurizio Bragagni si laurea in legge all’Università di Pisa. Sia ai tempi del liceo che in quelli universitari ricopre l’incarico di rappresentante degli studenti. Al suo curriculum di studi si aggiunge un master con merito in Business Administration alla London’s Cass Business School e un dottorato Honoris Causa alla Bolton University per il suo impegno nel sostenere l’industria inglese e per i suoi scritti in materia.
Nel 2018 è nominato Cavaliere della Repubblica dal Presidente Mattarella per aver aiutato i rapporti tra Italia e Gran Bretagna in occasione della Brexit e Cavaliere dell’Ordine di San Giorgio Ospedaliero del Capitolo Inglese per il servizio ai poveri e alle opere di carità.
Attualmente è il Chairman del gruppo dei British italian Conservatives ed è Amministratore Delegato di Tratos UK e membro del Consiglio d’Amministrazione di Tratos Italia. È stato Direttore esportazione per la Tratos dal 2000 al 2015 e Chairman di Esharelife, fondazione che ha lo scopo di condividere la vita nel mondo digitale, aiutare l’educazione, in particolare quella femminile, nelle zone del mondo in via di sviluppo oltre che combattere la povertà. È vicepresidente della Camera di Commercio e Industria di Londra.
Cosa ti ha portato dalla Valtiberina alla Gran Bretagna?
Fu una espressa richiesta da parte del capo della mia famiglia e Presidente della Tratos Albano Bragagni. Successivamente alla mia laurea a Pisa nell’ottobre del 2000, mi chiese cosa volevo fare da grande. Se volevo fare il prete, il politico, il giudice, l’avvocato, il notaio, girare il mondo o se fossi interessato ad andare in Inghilterra a lavorare nello stabilimento inglese imparando il mestiere, per poi capire se ci fosse stata la possibilità di lavorare in azienda. Fu una sfida che mi piacque, anche perché fino a quel momento non avevo mai considerato nel mio futuro la lingua inglese e l’Inghilterra, avendo fatto un percorso di studi dove non era previsto neppure un esame di lingua. La sfida che mio zio mi lanciò mi portò ad un’avventura che allo stesso tempo mi attraeva e mi spaventava. Il primo anno e mezzo in Inghilterra lo passai dividendo la giornata tra scuola d’inglese e azienda. Poi mi fu chiesto di imparare meglio il lavoro, fui affidato a due grandi insegnanti, Alfredo Gobbi e Silvano Notti, due personaggi che conoscevano molto bene il mercato mondiale per quanto riguarda i cavi utilizzati nei porti. In questo periodo ho cominciato a girare il mondo con una media di 220 giorni all’anno in viaggio. Anche quando ero lontano dalla Gran Bretagna ho sempre mantenuto un collegamento con l’ufficio inglese del quale sarei poi diventato l’Amministratore Delegato.
Riassumendo, l’ingresso in Gran Bretagna è stata una sfida lanciata ad un ragazzo di 25 anni che ho accettato volentieri.
Che impatto ha avuto il virus nell’economia e come ha affrontato la crisi la tua azienda?
In Inghilterra abbiamo seguito quelle che erano le indicazioni del Gruppo Tratos. Fin dal 28 di febbraio abbiamo messo in smart working tutti gli uffici esteri nonostante non fosse richiesto dalle legislature inglese e degli altri luoghi dove siamo presenti. Abbiamo immediatamente isolato le fabbriche attivando una distanza di sicurezza minima di due metri tra il personale e imponendo guanti e mascherine. Abbiamo intensificato la sanificazione, abbiamo chiuso le mense e tutti gli spazi comuni che potevano essere fermati senza bloccare il funzionamento degli stabilimenti. Il consiglio di amministrazione della nostra azienda periodicamente valuta le contromisure verso qualsiasi rischio di sicurezza del personale e le conseguenze economiche. Tratos nasce con l’obiettivo di creare lavoro in zone depresse. Questo fu fatto a Pieve Santo Stefano nel 1966, a Catania nel 1989 e nel 2008 a Knowsley.
Abbiamo sempre messo in moto una fortissima responsabilità sociale da parte dell’azienda e la dimostrazione è che non sono mai stati divisi utili a livello di azionariato ma sono sempre stati reinvestiti, proprio per incrementare e sostenere l’azienda e migliorare le condizioni di lavoro. La sicurezza è sempre stata lo scopo principale che ha guidato la Tratos, quindi quando si è compreso che il Covid-19 era un problema serio abbiamo implementato tutte le misure necessarie.
Come giudichi l’atteggiamento del Primo Ministro inglese Boris Johnson nelle varie fasi dell’emergenza?
La questione è molto semplice. Tutti i governi del mondo occidentale non hanno compreso l’importanza del Covid-19. Questo è dovuto anche al fatto che le notizie provenienti dalla Cina non erano affatto chiare. Non c’è stata una fluidità nel passaggio delle informazioni. Questo ha comportato la visione del Covid-19 come un semplice raffreddore. Non si era compresa l’irruenza del contagio e non si era capito fino in fondo con cosa avevamo a che fare. Posso dire che con pochi personaggi del Parlamento britannico come Jeremy Hunt abbiamo cercato di far presente al Primo Ministro e alle autorità britanniche l’importanza della problematica. Jeremy Hunt, che è a capo della commissione sanità del Parlamento, ha più volte detto in modo forte di non sottovalutare la cosa, di fare molti più test, cercare di bloccare lo sviluppo e difendere le persone che sono più anziane e quindi vulnerabili. Boris Johnson è stato informato dei fatti dal comitato scientifico, che come tutti i comitati scientifici delle varie nazioni all’inizio non comprendeva la forza di questo virus e l’effetto reale sulla mortalità. Dopo aver visto quello che è successo siamo tutti più esperti. Il Primo Ministro ha agito con quelle che erano le informazioni a sua disposizione in quel momento. Sicuramente dopo la sua malattia è una persona molto cambiata e colpita da questa cosa. Vedremo un Boris Johnson completamente diverso rispetto a quello che abbiamo visto nei mesi precedenti. La Gran Bretagna ha reagito allo stesso modo degli altri paesi, negli stessi tempi. Prima si è guardato, poi si è iniziato a chiudere alcuni settori e poi tutto, e quindi necessariamente ad ampliare e preparare il sistema sanitario. Non mi sento di esprimere un giudizio sul Primo Ministro che ha agito con le informazioni che possedeva e con a fianco un gruppo di esperti che avranno sicuramente dato indicazioni.
Chi ti segue sui social ti vede spesso in compagnia di personaggi importanti del mondo inglese e britannico. Come è possibile?
Questo è semplicemente frequentare l’ambiente dove vivo. Quando ho cominciato a entrare in azienda e ho cominciato a sviluppare quello che mi è stato chiesto – prima il mercato estero e poi la nostra presenza in Inghilterra, dove avevamo investito molto – ho dovuto frequentare i luoghi giusti in modo da essere considerati affidabili ed essere conosciuti nel mondo bancario e finanziario per poter avere la forza per fare gli investimenti necessari. Anche il ritorno a scuola in Inghilterra mi ha messo in contatto con ulteriori persone. Tramite tutte queste conoscenze sono stato invitato sempre di più ad essere coinvolto nella società locale, come quando sono diventato vicepresidente della Camera di Commercio e dell’Industria italiana e membro del comitato elettorale che sosteneva l’opzione di rimanere nell’Unione Europea. Quindi ho iniziato a conoscere i vertici del gruppo del “remain” come David Cameron e molti altri importanti esponenti politici. Da qui ho cominciato a frequentare anche parlamentari. Una volta passato il referendum con la vittoria dei sostenitori della Brexit ho accettato l’esito sia come industriale che come cittadino britannico e abbiamo comunque sostenuto la Primo Ministro Theresa May. Abbiamo lavorato per un uscita più morbida possibile per l’economia britannica e per i nostri concittadini italiani che erano in Inghilterra, per dare sicurezze anche a loro. Abbiamo costituito i British Italian Conservatives, di cui presidente è il parlamentare britannico Alberto Costa, promotore della legge per i diritti degli europei. Per questo Costa è diventato Cavaliere della Repubblica, come lo sono diventato io per i servizi fatti nel particolare momento storico della Brexit e per aver aiutato Italia e Gran Bretagna nelle loro relazioni. Siamo stati coinvolti e abbiamo deciso di coinvolgerci con i fatti storici del periodo del 2016-2020, quindi sia il referendum Brexit che il post Brexit. Questa è stata un’occasione per incontrare persone e per poter far valere quelli che erano gli interessi degli italiani residenti nel Regno Unito e della Gran Bretagna in Europa, e soprattutto gli interessi dell’industria in un Paese che affronta un cambiamento epocale come l’uscita dall’Unione Europea.
Recentemente sei stato nominato Console Onorario della Repubblica di San Marino nel Regno Unito, parlaci di questo nuovo impegno.
È stata una conseguenza del lavoro svolto negli anni e del mio coinvolgimento sociale prima per la comunità italiana e poi per la creazione della fondazione Esharelife. Noi organizziamo eventi di finanziamento per i nostri progetti e in particolar modo per 11 scuole che aiutiamo in Kenya gestite da Avsi. Siamo una delle fonti di approvvigionamento di queste scuole che hanno più di 3.600 bambini e che grazie a questo sostegno possono avere un’educazione ed un futuro. Quindi per il mio impegno sociale, politico ed economico la Repubblica di San Marino mi ha chiesto di diventarne il Console Onorario a Londra per aiutare la promozione e gli interessi della Repubblica. Io mi sono sentito molto onorato di questo privilegio che mi è stato concesso assieme a mia moglie Alessandra, anch’essa coinvolta in tutte le attività sociali e di rappresentanza. Da quando abbiamo preso servizio, nel 2019, è scoppiato il Covid-19 e abbiamo immediatamente organizzato un appello internazionale a cui hanno risposto molti deputati inglesi, grazie ai quali abbiamo avuto l’attenzione della stampa locale ed internazionale, che ci ha consentito di avere la possibilità di essere riconosciuti. Grazie a questo abbiamo ricevuto donazioni di farmaci, mascherine, denaro per la Protezione Civile sammarinese. Siamo stati ringraziati dal governo di San Marino per il nostro impegno in uno dei periodi più difficili nella storia della Repubblica. Il ruolo di Console è un impegno che dà molte soddisfazioni e consente di aiutare un nazione e di continuare a mantenere relazioni e ponti aperti tra i due popoli di San Marino e della Gran Bretagna e promuovere la Serenissima Repubblica oltre Manica.
Una testata satirica valtiberina ti ha nominato “Valtiberino dell’anno 2019”. Come hai reagito a questo importante riconoscimento?
Devo ammettere che la nomina a Valtiberino dell’anno da parte de Lo Zozzo è stata una sorpresa apprezzata, perché tra i tanti riconoscimenti avuti questo è un riconoscimento della mia valle. Tutti i premi o riconoscimenti dovrebbero avere una buona dose di satira vera. È fondamentale esaltare la verità sorridendo. Ringrazio il Comitato che mi ha dato questo riconoscimento perché è avvenuto in una forma interessante e intelligente. Allo stesso tempo è stato riconosciuto il valore e il tentativo del cercare di fare del bene da parte di una realtà satirica della terra da cui provengo. È stato uno dei premi che più ho apprezzato tra i tanti ricevuti durante la mia carriera. Lo tengo tra i miei trofei nel mio studio privato insieme agli altri come il Queen’s Awards, insieme alle mie lauree, ai master e al Cavalierato della Repubblica perché è importante ricordare che bisogna anche sorridere e accettare una buona satira positiva.
Approfitto per ringraziare TeverePost per la possibilità di esprimere e spiegare quelli che sono i primi 45 anni della mia vita e della mia storia.