Nel tardo pomeriggio del 28 maggio 1987 un Cessna 72, aereo di modeste dimensioni, atterrò nei pressi della Piazza Rossa a qualche decina di metri dalle mura del Cremlino. Si trattava di un velivolo di nazionalità tedesca occidentale con a bordo il diciannovenne Mathias Rust, originario della parte settentrionale della Repubblica Federale Tedesca. Per arrivare fino a Mosca, l’aviatore tedesco violò i confini di uno degli stati militarmente più potenti al mondo e riuscì a percorrere quasi mille chilometri senza essere abbattuto. La presenza di quel piccolo aereo nel centro della capitale sovietica costituì un forte scricchiolio di un sistema di controllo che fino a quel giorno era considerato invincibile. Dove non riuscì la Germania nazista, fermata alla periferia di Mosca, riuscì un giovane tedesco nato molti anni dopo la fine della Seconda guerra mondiale.
È interessante capire quali circostanze resero possibile un viaggio che aveva enormi possibilità di concludersi in tragedia, come nel caso di due aerei passeggeri sudcoreani pochi anni prima. Il volo KAL 007 New York-Seul venne abbattuto nel 1983 causando la morte di 269 persone per aver sorvolato la Kamčatka e l’isola di Sachalìn. L’aereo finì sopra il territorio sovietico senza mai mettersi in contatto con gli aerei militari che lo intercettarono. Un caso simile, riguardante ancora una volta un aereo civile della Corea del Sud, era avvenuto nel 1978, quando il volo KAL 902 in viaggio da Seul a Parigi, molto fuori rotta, entrò in territorio sovietico dalla Lapponia. Intercettato e colpito con un colpo di avvertimento fu costretto ad atterrare su un lago ghiacciato della Carelia con un bilancio di due morti e alcuni feriti.
Il contesto internazionale
La seconda metà degli anni ’80 cominciò con una fase di distensione. La salita al potere in Unione Sovietica di Michail Gorbačëv significò non solo l’apertura di una stagione di riforme, ma anche una serie di vertici con il suo omologo americano Ronald Reagan che porterà ad importanti accordi sul disarmo nucleare tra Stati Uniti e Urss. Nell’ottobre del 1986, a Reykjavik in Islanda, avvenne un incontro carico di speranze per riuscire ad arrivare alla sospirata firma di un trattato che portasse alla riduzione delle testate nucleari in Europa (ne avevamo parlato in questo articolo). In realtà l’accordo definitivo si sarebbe avuto alla fine del 1987 con il vertice di Washington. Reykjavik fu quindi una tappa di un percorso che arrivò ad un importante risultato, ma nell’opinione pubblica la mancanza della firma in Islanda sembrò una battuta di arresto del percorso iniziato un anno prima a Ginevra. Proprio in questa pausa di riflessione delle due superpotenze comincia a maturare nella testa di un giovane tedesco la folle idea di mandare con un pericoloso gesto un messaggio di pace.
Il piano di volo
Mathias Rust aveva il brevetto di pilota e il 13 maggio del 1987 noleggiò un piccolo aereo con l’intenzione di raggiungere l’Islanda, dove arrivò il giorno 15 dopo aver sostato e brevemente visitato le isole Fær Øer Prima della partenza dalla Germania l’aereo era stato modificato con l’eliminazione dei sedili passeggeri e l’aggiunta di un serbatoio supplementare per avere un’autonomia molto maggiore del modello base. Il soggiorno in Islanda di una settimana non fu una cosa casuale ed era legato alla delusione dopo il vertice di Reykjavik di sei mesi prima. Rust lasciò l’isola nordica il 22 maggio per raggiungere Bergen in Norvegia. Tre giorni dopo arrivò ad Helsinki, capitale della Finlandia. Dopo una sosta di ulteriori tre giorni, il 28 maggio rifornì il Cessna e consegnò un piano di volo che indicava come propria destinazione Stoccolma. In seguitò dichiarò che la capitale della Svezia sarebbe stata la destinazione prescelta se all’ultimo momento avesse deciso di rinunciare ai suoi propositi. Decollò a fine mattinata ed inizialmente seguì il piano di volo consegnato per poi decidere di abbassarsi di quota, spegnere tutti i dispositivi di segnalazione e virare verso le coste dell’Estonia, all’epoca repubblica facente parte della Federazione Sovietica. La perdita di contatti con i controllori di volo fece scattare l’allarme e venne ipotizzata la caduta del velivolo. Partirono le operazioni di salvataggio che in seguito sarebbero costate a Rust circa centomila dollari.
Verso Mosca
Rust entrò in terra sovietica sorvolando la cittadina estone di Kohtla-Järve nella regione più orientale della repubblica baltica. La parte più pericolosa del viaggio iniziò circa un’ora dopo il decollo da Helsinki e solo una serie di circostanze fortunate evitarono al tedesco di fare la fine del volo coreano. Fin da subito venne individuato ed identificato come velivolo intruso e seguìto da più di una batteria antiaerea ma senza che fosse dato l’ordine di abbattimento. Circa cinquanta chilometri all’interno del territorio sovietico il Cessna venne avvicinato da un Mig 23 che riferì che si trattava di un piccolo aereo da turismo. Anche in questo caso non venne data disposizione di colpire il veicolo. Anche un Mig 21 seguiva da lontano la situazione. Rust non aveva attiva la radio e non poteva ricevere messaggi. In seguito il Ministero della Difesa sovietico dichiarò che dopo l’episodio di Sachalìn non veniva più dato l’ordine di abbattimento verso gli aerei civili o, come in questo caso, sportivi. La nuova procedura era di entrare in contatto con il velivolo e costringerlo all’atterraggio. La bassa velocità e bassa quota creò qualche problema agli aerei militari sovietici che intendevano applicare la procedura. In ogni caso, in base ad una recente riforma della difesa aerea, il piccolo aereo passava da una zona di competenza all’altra senza che i responsabili riuscissero a comunicare tra di loro. Transitando nei pressi di Pskov fu confuso con altri aerei che prendevano parte ad un’esercitazione.
Nella zona di Tver’ l’intruso scomparve perché identificato erroneamente con altri mezzi di soccorso di un incidente aereo avvenuto il giorno precedente. Poco dopo non venne più identificato perché la zona dell’aeroporto di Šeremet’evo a nord di Mosca aveva disattivato i sistemi di controllo del traffico aereo per alcune ore dato che era in corso la manutenzione delle strumentazioni. Anche quando fu sopra la capitale venne considerato un piccolo aereo che probabilmente si era dimenticato di seguire tutte le procedure previste dai protocolli, cosa che sembra succedesse spesso attorno a Mosca. Orientandosi a vista e riconoscendo l’Hotel Rossija, quello che all’epoca era l’albergo più grande del mondo che sorgeva nei pressi della Piazza Rossa, Rust riuscì ad individuare il Cremlino. Dopo un primo sorvolo si rese conto che era impossibile atterrare all’interno della cittadella del potere. Situazione simile nella Piazza Rossa, che seppure enorme era comunque popolata di gente a passeggio nel tardo pomeriggio. Alla fine il piccolo aereo atterrò nel ponte sulla Moscova Bol’šoj Moskvoreckij e da lì rullò fino alla chiesa di San Basilio.
Accoglienza e arresto
Dopo alcuni minuti in cui il giovane tedesco non ebbe il coraggio di uscire dall’aereo, Rust venne accolto positivamente dalla gente che si trovava attorno alla Piazza Rossa. Gli fu offerto pane e sale come nella tradizione russa, fu protagonista di foto e firmò autografi. Alcuni lo scambiarono per un “compagno” della Repubblica Democratica Tedesca e rimasero stupiti quando capirono che arrivava dall’altra Germania. Dopo quasi un’ora la polizia di avvicinò per chiedere i documenti al curioso ospite, che naturalmente non era in possesso del visto di ingresso. Con l’occasione avvenne anche la perquisizione dell’aereo. Arrivò anche il Comitato per la Sicurezza dello Stato, meglio conosciuto con la sigla di KGB. Se i servizi di sicurezza sovietici non erano stati in grado di fermare un piccolo aereo per una distanza di poco meno di mille chilometri, ebbero il sospetto che la rimozione dei fili della tramvia sul ponte dove era atterrato Rust potesse essere stata un’azione concordata tra il tedesco e dei fiancheggiatori locali. In realtà fu solamente una delle pazzesche coincidenze di questa vicenda.
Il giovane pilota fu portato prima in una stazione di polizia e poi in un carcere della capitale, quello di Lefortovo. All’inizio le autorità sovietiche non comprendevano come fosse stato possibile arrivare sulla Piazza Rossa senza un’operazione ben organizzata dai paesi occidentali. In seguito, compresa la reale naturale del viaggio, Rust fu semplicemente accusato di ingresso clandestino e di altri reati legati al suo volo. Venne condannato a quattro anni per il suo ingresso clandestino, vandalismi e violazione delle leggi sull’aviazione. Inizialmente doveva scontare la condanna in un campo di lavoro in Siberia, ma in realtà rimase sempre a Mosca. Beneficiò dopo circa un anno dalla condanna di un’amnistia anche a seguito degli accordi firmati dall’Urss e gli Stati Uniti a fine 1988.
Conseguenze del viaggio
La notizia dell’impresa fece il giro del mondo e ridicolizzò i sistemi di difesa aerea di uno dei due paesi più potenti militarmente del nostro pianeta. Circa duemila persone furono sollevate dal proprio incarico a tutti i livelli, dai controllori di volo al ministro della difesa Sergej Sokolov. L’episodio giustificò anche una serie di epurazioni nei confronti della parte più conservatrice dell’Armata Rossa e consentì a Gorbačëv di togliere dalla scena molti avversari delle sue riforme. Non è un caso che in Urss e poi in Russia molti continuino a pensare che dietro all’impresa di Rust ci fossero i servizi segreti occidentali con l’intenzione di fare un piacere al leader riformista. Altra ipotesi è che l’occidente non c’entri nulla ma, dato lo scarso pericolo provocato dal piccolo aereo, gli sia stato permesso di viaggiare liberamente per poi far pagare le conseguenze ai vertici politici e militari della Difesa. Entrambe le possibilità si basano sia sulla politica di non aggressione verso gli aerei civili applicata dopo l’incidente con il volo coreano che sul fatto che inchieste giornalistiche russe successive avrebbero provato la complicità di una parte dell’esercito nel permettere che il volo proseguisse proprio con lo scopo di permettere a Gorbačëv le successive epurazioni. Alcune fonti affermano che il velivolo di Rust prima di arrivare a Mosca sia atterrato brevemente nel paesino di Staraja Russa (più o meno a metà viaggio e dove ci sarebbero stati testimoni oculari) per un rifornimento concordato, e che i serbatoi una volta atterrato a Mosca non fossero vuoti. Al momento non è mai emersa alcuna prova concreta di questa versione, pur molto diffusa in ambienti dell’esercito sovietico e del giornalismo russo. Se le cose andarono realmente come le conosciamo, ovvero che un pilota coraggioso, per altri semplicemente squilibrato, sia riuscito a fare un’impresa che è entrata nella storia è una verità che al momento non è stato possibile comprendere con certezza. Ad oggi questa è la versione accreditata nella stampa occidentale e confermata dai reati per cui i tribunali sovietici condannarono Rust.
Mathias Rust dopo il viaggio
La vita di Mathias Rust è continuata con alterne fortune e con episodi che lasciano qualche perplessità sul suo equilibrio personale. Tornato in patria non fu accolto come un eroe, ma come uno sconsiderato che ha rischiato di innescare un incidente internazionale. Il suo volo su Mosca fu anche l’ultimo della sua vita perché gli fu ritirato il brevetto da pilota, e come raccontato in precedenza si vide recapitare il costoso conto delle operazioni di soccorso attivate dai finlandesi. Sperimentò il soggiorno anche nelle carceri tedesche ma per motivi completamente diversi. Durante il servizio civile fu infatti protagonista di un accoltellamento per motivi sentimentali e venne condannato a quattro anni, anche se uscì di prigione prima della fine della condanna. Considerato che in patria la sua immagine era completamente compromessa decise di provare a vivere in Russia, dove invece la sua impresa gli permetteva di continuare ad avere una certa notorietà. Si dedicò a rilasciare interviste, viaggiò nell’intero paese, lavorò come rappresentante di abbigliamento e tornò sul punto dell’atterraggio del suo aereo attirando le attenzioni della stampa.
Il nuovo millennio lo vide di nuovo al centro dell’attenzione per un furto di abbigliamento in un negozio tedesco (vizio che ha trovato spazio nella sua fedina penale anche in altre occasioni), un matrimonio con una cittadina di Trinidad e Tobago conosciuta durante un giro del mondo e una serie di progetti falliti dedicati al tema della pace. Rust ha provato in tutti i modi a diventarne un’icona, non riuscendoci neppure dopo la sua adesione alla religione induista. Il Cessna protagonista dell’impresa dopo il sequestro delle autorità sovietiche tornò prima in Germania, poi fu acquistato da un collezionista giapponese ed infine è oggi esposto nel Museo della tecnica e della scienza di Berlino.