Amedeo Poggini, classe 1973, è un valtiberino molto conosciuto per avere gestito per anni due dei locali pubblici più attivi della “movida” biturgense. Da quasi quindici anni frequenta il Brasile, prima in modo saltuario e poi definitivo. Oggi vive a San Paolo, che abbiamo scoperto in questa intervista essere a ben 800 metri di altezza sul livello del mare, anzi dell’oceano, che è distante dal capoluogo paulista circa 70 chilometri. Amedeo Poggini vive nella città più grande del Brasile e in quella che con oltre 18 milioni di abitanti è la cerchia urbana più grande dell’emisfero australe.
Cosa fai in Brasile?
Vengo da una famiglia di commercianti e ho sempre saputo che questo era il mio lavoro. Del resto da bambino vendevo i Topolino davanti alla chiesa vicino a casa! Prendendo esempio da mio padre ho sempre pensato che la mia attitudine sia il commercio e sempre da lui ho appreso la passione anche per i viaggi, sfruttando il lavoro come mezzo per vivere questo tipo di esperienze.
Ho ripetutamente scelto il Brasile perché non vedevo molte cose da fare in Italia dopo molti anni di esperienza lavorativa a Sansepolcro. Prima di stabilirmi qui ho viaggiato molto per avere modo di capire cosa mi potesse interessare. Sono ufficialmente residente in Brasile dal 2009, inizialmente sono arrivato lavorando per un’azienda di Sansepolcro, quindi ho aperto un negozio di telefonini. Fino al 2012 tornavo spesso anche in Italia e allo stesso tempo mi spostavo in tutta la nazione per conoscere meglio il Brasile. Il mio obiettivo era quello di attivare commerci con qualcosa di italiano, possibilmente “borghese”. Inizialmente questo ho fatto, e oltre all’inglese che già conoscevo ho imparato il portoghese. Questo mi ha permesso di mettermi in vista localmente nel settore del commercio e acquistare credibilità e fiducia. Dopo avere a lungo fatto il mediatore sono stato direttore export di un’industria di cosmetici per quattro anni. Per circa due anni sono riuscito a vendere asciugacapelli per un’azienda lombarda. Oggi ho lasciato il mondo della cosmetica per occuparmi del settore agro-alimentare, dove ritengo che ci sia più sicurezza e stabilità. Il Brasile è un mercato di riferimento per alcuni beni molto ricercati da Cina e paesi arabi, quindi lavoro prevalentemente con questi mercati. Ci chiedono determinati prodotti che noi troviamo per loro. In particolare facciamo numeri strabilianti con pollo, mais, zucchero e soia, ma in ogni caso non ci occupiamo di un solo settore e ci muoviamo anche su beni di alto livello. Sono entrato in questa realtà in punta di piedi e dopo un anno di collaborazioni sono passato a dirigere l’azienda assieme ad alcuni collaboratori.
Come sono visti i commercianti italiani in Brasile?
Sono visti positivamente, basti pensare che gran parte della popolazione di San Paolo ha origini italiane. Gli italiani, soprattutto nel settore del commercio, erano percepiti come persone affidabili e portatori di qualità sia nel prodotto che nel metodo di lavoro. Negli ultimi 15-20 anni forse i nostri interlocutori non ci riconoscono più come gli unici soggetti con queste caratteristiche, comunque da italiano penso che sappiamo fare la differenza, in particolar modo quando abbiamo davanti una sfida: ci facciamo domande, ci diamo risposte e sappiamo valutare le situazioni. Noi siamo credibili grazie a questo e grazie ad una buona preparazione. Infine un altro elemento molto importante è che l’italiano riesce ad incarnare la cultura europea mescolata ad un senso di fratellanza. Essere diretti, genuini e trasparenti ci fa avere più successo di popoli più freddi come quelli nordici. Calato nel contesto brasiliano, essere italiano significa fare un po’ la parte del tedesco, nel senso di essere serio, preciso e puntuale, ma senza essere tedesco, cioè potendo qualche volta lasciar correre; siamo più di manica larga e più divertenti! Personalmente in questo paese ho avuto modo di fare bene, cadere e rialzarmi fino ad arrivare a lavorare e poi a dirigere una realtà straniera.
Che impatto ha avuto il virus in Brasile?
Un impatto molto diverso rispetto all’Italia, nonostante un numero di casi assoluti maggiore. Qui non c’è mai stato il lockdown e quella di stare a casa è solo una raccomandazione che si è liberi di seguire o meno. Si è puntato a non far fermare il paese e c’è stata la scelta consapevole di avere una curva dei contagi più lunga. I numeri sono indubbiamente alti ma se si considera anche la popolazione del Brasile in proporzione più bassi rispetto ad altre realtà. Sono stati fatti meno test rispetto all’Italia, e questo farebbe pensare ad una diffusione enorme, forse dieci volte maggiore rispetto ai numeri ufficiali. In compenso si possono fare test ovunque, io l’ho fatto sotto casa con esito negativo. In questo momento i numeri sono molto alti, forse ci stiamo avvicinando al picco. Non sono troppo preoccupato dai circa mille morti giornalieri, significherebbe essere messi come nel momento peggiore dell’Italia ma con la differenza che qui vivono 210 milioni di persone invece che 60 milioni.
C’è da preoccuparsi per la situazione economica e sociale che verrà fuori dopo. Forse tra dieci giorni tutto ripartirà e il problema sarà di sicurezza. Molti hanno perso o perderanno il lavoro e la gente si butterà sulla criminalità. Il settore dei servizi avrà un durissimo contraccolpo mentre industria e agricoltura riusciranno a cavarsela. La svalutazione della moneta locale rispetto ad euro e dollaro farà salire ulteriormente le esportazioni. Come spesso accade il popolo ne buscherà e i grandi proprietari faranno i budelli d’oro.
Che tipo di provvedimenti sono stati presi dalle autorità?
Trentotto milioni di persone hanno chiesto il contributo di solidarietà, un sussidio di circa cento euro al mese che potrà essere concesso per tre mesi. I pagamenti sono in forte ritardo e questo non aiuta a mantenere serena la situazione sociale. Già adesso c’è qualche problema, figuriamoci poi cosa accadrà… Lo Stato ha bloccato per tre mesi il pagamento delle imposte e le banche di loro iniziativa hanno sospeso i mutui sempre per tre mesi. Il Governo non è molto veloce nel rispondere alle problematiche del paese e in questo momento ci sono pure problemi tra magistratura e presidenza della repubblica.
Il tuo lavoro ha subìto ripercussioni?
Abbiamo chiuso l’ufficio già in marzo seguendo il calendario Covid italiano. Ero consapevole che anche qui sarebbe arrivato il virus e quindi abbiamo giocato d’anticipo applicando da subito il lavoro da casa. Abbiamo rallentato gli scambi commerciali e ci siamo riorganizzati con la speranza di ripartire a fine maggio, anche se ormai è evidente che ripartiremo in giugno inoltrato. Non ci siamo fermati del tutto, in questi mesi difficili siamo comunque riusciti a far partire due container per l’Arabia Saudita senza muoverci da casa. Altri ordini sono completamente fermi, altri ancora semplicemente calati. Siamo convinti che ripartiremo forte nel settore agro-alimentare perché si tratta di beni indispensabili. Lavoriamo anche pietre preziose e beni rifugio in generale, ma adesso sarà il momenti dei beni primari. Questa fase potrebbe essere un importante momento di svolta per l’economia brasiliana e se questa nazione riesce a giocare bene le proprie carte rischia di uscirne rafforzata. Il Brasile è tra i primi produttori mondiali di molti beni primari e fino a prova contraria del cibo ci sarà sempre bisogno. Un’altra ripercussione del coronavirus nel mio lavoro è stato il blocco di tutte le fiere in giro per il pianeta: dovevo partecipare ad un evento a Bologna, quindi ho perso anche una buona occasione per passare da casa.
Quali prospettive per il futuro?
Il Brasile è un animale istintivo, non ha la tradizione culturale dell’Italia ma a volte questo può essere un vantaggio. Questa nazione può affondare e risorgere, lo ha fatto più volte nella propria storia. Vorrei riuscire a vendere anche prodotti “made in Italy” oltre che “made in Brasile”. Vorrei in questo modo dare una mano anche all’economia italiana visto che si prospettano grandi difficoltà nel prossimo futuro. Quindi mantenere il business attuale con la mia compagnia, magari anche crescere e allo stesso tempo inserire nei nostri mercati anche prodotti di grande qualità come l’Italia può dare. Quando incontro un cliente con il giusto profilo vorrei offrire anche quelle perle che l’Italia riesce a pensare e creare con grande qualità. In dettagli come il design e il modo di comunicare l’Italia è imbattibile.
Vuoi mandare un messaggio a Sansepolcro?
Non dobbiamo mai scordarci da dove veniamo e come ci siamo formati. Non intendo a livello geografico, ma a livello culturale. Bisogna essere fieri ed orgogliosi di essere vissuti al Borgo, paese da dove sono emerse persone che hanno fatto la storia d’Italia. Senza scomodare tante figure storiche abbiamo delle eccellenze anche oggi in molti settori. Non da ogni luogo escono persone con questo tipo di caratteristiche. I “borghesi” in Valtiberina sono un poco come i milanesi per il resto d’Italia: abbiamo un po’ di puzza sotto il naso e forse ci sentiamo “borghesi” anche nel senso di borghesia. Questo è dovuto al fatto che sappiamo che abbiamo una marcia in più. Ora è anche arrivato il momento di dimostrarlo, perché sapere affrontare nuove sfide è fondamentale.