“Siamo consapevoli che molte famiglie sono state separate, molti nuclei familiari, genitori con figli, figli e nipoti con nonni: vogliamo quindi consentire loro delle visite”. Con queste parole il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha annunciato nella conferenza stampa di iera sera da Palazzo Chigi una delle novità che scatteranno il 4 maggio con l’avvio della cosiddetta fase due.
In un contesto in cui l’emergenza sanitaria non può dirsi superata, viene imposta una serie di limitazioni: “Attenzione”, ha aggiunto il Primo ministro, “saranno visite mirate, fatte nel rispetto delle distanze di sicurezza, con l’adozione di mascherine e quindi con divieto di assembramento”. Ma è un altro l’elemento che fa storcere la bocca in Valtiberina, quello cioè che gli spostamenti saranno permessi solo all’interno della propria regione. Si deduce leggendo il primo comma dell’articolo 1 dell’ultimo decreto, che spiega che la visita ai parenti diventa “necessaria”, e pertanto consentita, ma non “di assoluta urgenza”, come ciò che permette di superare i confini regionali.
Se la misura può accontentare gli abitanti di altre zone, non ha lo stesso effetto in un territorio così periferico come è la Valtiberina. Le parole del premier, che hanno confermato ipotesi che circolavano da qualche giorno, sono state quindi seguite da immediati dibattiti sui social, nati dai malumori manifestati da parte di alcuni dei tanti che hanno parenti fuori regione. Magari a pochi chilometri da casa, ma pur sempre oltre confine. Sono infatti molto diffusi i casi di famiglie divise tra la Valtiberina toscana e l’Altotevere umbro oppure la Valle del Savio.
Per molti la scelta di blindare le singole regioni è necessaria per evitare che da quelle più colpite ci si sposti in altre zone, ma alcuni nutrono la speranza che si possa trovare una soluzione diversa, come lo spostamento tra le province confinanti o l’imposizione di un limite chilometrico. Questo anche per risolvere alla radice situazioni paradossali come quella di Badia Tedalda con la sua exclave romagnola di Ca’ Raffaello, dove non a caso la questione era già stata sollevata nella fase delle prime chiusure. Ancora più curioso il caso di Sestino: alcune delle sue frazioni, pur avendo continuità territoriale con il comune e la regione, sono raggiungibili solo da una strada che attraversa le Marche. Ma ipotizziamo che, almeno in quest’ultimo caso, il decreto non verrà preso alla lettera.
Naturalmente questo è solo uno dei tanti spunti di dibattito che accompagnano i primi passi verso la tanto attesa, e per altri versi temuta, fase due. TeverePost approfondirà in questi giorni anche tutti gli altri aspetti, per dare ai propri lettori un quadro della situazione il più possibile esauriente.
Scarica il testo integrale del DPCM 26 aprile 2020.