Speciale 1º Maggio – Luca Gabrielli (Cgil): “Ci salveremo solo con il lavoro”

“Mettere la salute e la sicurezza sempre e comunque prima del profitto. Irrimandabile un ripensamento dei modelli di vita”

Luca Gabrielli

Immagine originale di CGIL Arezzo

Per l’odierno “Speciale 1° Maggio”, TeverePost ha intervistato Luca Gabrielli, già segretario di zona della CGIL Valtiberina e oggi responsabile organizzativo a livello provinciale.

Cosa significa oggi il Primo Maggio?

Il Primo Maggio, oggi come in passato, significa rivendicazione, riscatto, lotta per i diritti e per l’emancipazione. Cambia la società, cambiano i mestieri, nascono nuove forme di lavoro, ma al centro della tutela dei lavoratori e delle lavoratrici restano quei valori. In particolare in Italia, uno dei paesi Europei che negli ultimi anni più di altri ha deregolamentato i diritti dei lavoratori dipendenti (basti citare il Jobs Act, anche solo come ultima delle riforme messe in atto).

Lavorare senza diritti rende il lavoro, e di conseguenza il lavoratore, una merce. Solo l’universalità dei diritti rende il lavoro un fattore di benessere e di crescita. Qualunque lavoro si faccia, in qualunque modo si svolga la propria attività, qualsiasi contratto si abbia, questi diritti saranno sempre riconosciuti e accessibili: questo è lo spirito con il quale la Cgil, sostituendosi alla politica, ha predisposto una legge di iniziativa popolare, la Carta dei Diritti, che è un vero e proprio nuovo Statuto dei lavoratori. Peccato che le forze politiche non abbiano mai avuto voglia di avviare una discussione in Parlamento su quel testo.

Come è cambiato il ruolo del sindacato dal secolo scorso ad oggi?

La parcellizzazione del mercato del lavoro, che prima ho brutalmente riassunto, ha portato i lavoratori ad avere sempre più bisogno di tutele individuali. Rispetto al secolo scorso si è notevolmente ridotta l’iscrizione sindacale valoriale, legata ai principi fondamentali di un sindacato confederale come la Cgil.

Credo che, in questa trasversale crisi della rappresentanza, che certo riguarda la politica ma dalla quale non siamo immuni, ci siano anche grandi opportunità. Anzitutto quella di una rimessa in discussione del nostro modello organizzativo, per costruire un “nuovo luogo” nel quale riuscire a rimettere insieme tutto ciò che le scelte politiche di stampo liberista hanno disgregato. Dobbiamo tornare allo spirito fondativo della Cgil, quello di un sindacato generale del lavoro.

Quest’anno il mondo del lavoro è colpito anche dall’emergenza coronavirus. Quali prospettive ci sono per il prossimo futuro e quali sono i maggiori rischi che i lavoratori dovranno sventare?

Primo Maggio è anche festa, partecipazione, gioia. Questo Primo Maggio del 2020 cade in un momento drammatico. La crisi prodotta dalla pandemia, che è anzitutto crisi sanitaria, tocca corde molto sensibili. Nell’arco di meno di due mesi sono decedute quasi 30.000 persone nel nostro Paese. Le restrizioni legate al cosiddetto lockdown, al distanziamento sociale, hanno giustamente sacrificato la partecipazione, e quindi non ci saranno manifestazioni pubbliche legate alla Festa dei Lavoratori. C’è però un chiaro messaggio che ha attraversato, attraversa e continuerà ad attraversare questa epidemia: ci salveremo con il lavoro e quindi con i lavoratori e con le lavoratrici, mettendo la salute e la sicurezza sempre e comunque prima del profitto.

I rischi per il futuro? Che si pensi davvero che si possa tornare al passato, alla “normalità”. Niente di quello che è stato finora era normale. Sarà determinate costruire un movimento, una comunità volenterosa che abbia l’ardire di pretendere e di lottare per una società diversa, più giusta, più equa, più compatibile e meno predatrice.

Cosa ci si aspetta dal Governo?

Il Governo deve gestire una fase inedita e complicatissima. Non è questa la fase dei giudizi definitivi, c’è bisogno di un confronto continuo con tutte le rappresentanze sociali ed ogni volta che i sindacati lo hanno richiesto il confronto non è mai stato negato. Confronto che è stato anche serrato. Unitariamente siamo arrivati a dichiarare lo sciopero generale quando si prefigurava una corsa alle aperture indiscriminate, ed è grazie alla lotta dei lavoratori e delle lavoratrici se è stato siglato il Protocollo sulla Sicurezza nel pieno dell’emergenza Covid-19.

Nella fase di rilancio del Paese mi aspetto – la Cgil si aspetta – che il Governo dimostri coraggio: è impensabile che si possa tornare alla situazione precedente a questa emergenza. Sarebbe gravissimo se non fossimo capaci di cambiare il modo di lavorare, le modalità legate alla sicurezza. Dovremo assolutamente ripensare a un nuovo modello sociale di sviluppo. Adesso siamo in piena emergenza sanitaria, ma venivamo da un’altra emergenza, l’emergenza climatica, troppo spesso negata o non affrontata perché certe classi dominanti non hanno mai accettato di doversi mettere in discussione.

In una società dove è in atto una vera e propria rivoluzione digitale è a mio avviso irrimandabile un ripensamento dei modelli di lavoro e più genericamente dei modelli di vita. È arrivato, finalmente, il momento di mettere al centro di questi modelli la giustizia e l’uguaglianza sociale, e non più mercato e profitto. Ovviamente questo è un argomento non liquidabile in quattro parole, non fosse altro, ad esempio, perché inevitabilmente tocca anche l’argomento della giustizia fiscale, del come uno Stato deve andare a reperire le risorse per indicare la strada di un nuovo modello di sviluppo. È un tema, quello della giustizia fiscale, troppo spesso enunciato ed altrettanto spesso tradito dalle forze politiche del Paese.

Gli enti locali che ruolo possono giocare nel futuro del lavoro?

Le politiche degli enti locali incidono in maniera importante sulle condizioni reddituali, sociali, di cittadinanza. Sui diritti del lavoro – basti pensare alla giungla degli appalti pubblici –, su che tipo di crescita o qualità di sviluppo si intende dare all’assetto di un territorio. Troppo spesso purtroppo i bilanci degli enti sembrano dimenticarsi delle reali necessità, dei reali bisogni della collettività. In questi anni poi c’è stata l’ubriacatura del “privato è meglio” che ha depauperato interi territori se non intere regioni. Ed anche su questo punto il coronavirus ha messo a nudo il re.

L’augurio, davvero, è che da questo Primo Maggio di quarantena possa partire il vaccino contro un virus altrettanto pericoloso: quello del capitalismo finanziario che sempre più, negli anni, ha impoverito i molti ed arricchito i pochi, sfruttando tutto ciò che poteva sfruttare, costantemente e cinicamente, e che dal vaccino possano nascere un Paese ed un mondo migliori. Buon Primo Maggio!

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