È la completa abdicazione della politica al proprio lavoro, il valzer dei veti incrociati e l’impossibilità di intraprendere una strada nuova, qualunque fosse stata. Dopo nove anni nulla è cambiato e si ripete lo stesso copione che portò Giorgio Napolitano a succedere a sé stesso. La scelta di eleggere Sergio Mattarella è figlia dell’incapacità di pensare ad un’alternativa e non solo durante la settimana di votazioni. Il Presidente uscente finiva il proprio mandato alla scadenza naturale e c’era tempo e modo per non mettere in scena questo triste teatrino dove quasi tutti leader politici stanno mettendo il cappello su quella che viene dipinta da ciascuno come una propria vittoria.
Fatta questa lunga premessa va dato merito a Sergio Mattarella di aver interpretato il ruolo di Presidente al di sopra delle parti nonostante il più grande gruppo parlamentare uscito dalle elezioni del 2018, i Cinquestelle, lo volesse mettere sotto stato di accusa durante la lunga maratona che portò alla formazione del primo governo Conte. Il Presidente della Repubblica aveva comunque raccolto consensi fin dal primo scrutinio. Nelle sette votazioni precedenti aveva ricevuto il supporto rispettivamente di 16, 39, 125, 166, 46, 336 e 387 grandi elettori. Mattarella aveva più volte invitato le forze politiche a trovargli un successore, dichiarando di non essere disponibile ad un secondo mandato. Dovrà tornare sui propri passi perché la ragione di Stato ha bisogno di lui. Nulla è in discussione e nulla può cambiare in questo ultimo anno di legislatura con Quirinale e Palazzo Chigi senza nuovi inquilini, e soprattutto con tutti i parlamentari che vedono il traguardo della fine della legislatura nonché la sospirata pensione.
I numeri del settimo scrutinio hanno preparato la tavola per la proclamazione in quello successivo. Con 976 grandi elettori presenti, dei quali 380, prevalentemente di centrodestra, che non hanno ritirato la scheda, Mattarella ha incassato 387 voti dei 596 espressi, che comprendono anche 60 bianche e 4 nulle. Unici gruppi ufficialmente contrari sono stati Fratelli d’Italia, gli ex grillini e le componenti Europa Verde e Sinistra Italiana che hanno rispettivamente votato i magistrati Claudio Nordio (64 voti), Nino Di Matteo (40) e l’ecologista Roberto Manconi (6). Gli altri che hanno raccolto voti sono stati Casini (10), Belloni (8), Cartabia (4), Draghi (2) e il “No Tav” Ettore Scalzo (2). Tra i singoli voti troviamo il neopresidente della Corte Costituzionale Giuliano Amato, il comunista Marco Rizzo, lo storico Alessandro Barbero, l’ex giudice costituzionale Sabino Cassese e il direttore d’orchestra Riccardo Muti.
Durante le votazioni per il settimo scrutinio ha cominciato a circolare la notizia che tra le principali forze politiche della maggioranza che sostiene il Governo Draghi ci sarebbe stato l’accordo per un Mattarella bis. Gli incontri successivi hanno confermato l’indicazione e anche la possibilità che il Presidente della Repubblica rinunciasse ai suoi propositi di non dare la propria disponibilità per un secondo mandato.
L’ottavo scrutinio mette fine alla lunga settimana in cui la politica non ha sicuramente dato il meglio di sé e vede Sergio Mattarella superare largamente il quorum di 505 grandi elettori, ovvero la maggioranza qualificata dei 1009 aventi diritto al voto. Ad essere precisi i 759 voti raccolti superano anche la maggioranza qualificata dei due terzi e lo proiettano al terzo posto assoluto come consenso raccolto tra i grandi elettori (75,2%) dietro ai soli Sandro Pertini (82,3%) e Giovanni Gronchi (78,1%). I partecipanti all’ottava votazione sono stati 983, le schede bianche 25 e le nulle 13. I consensi di coloro che non hanno scelto la strada della riconferma del presidente uscente sono andati a Carlo Nordio e Nino Di Matteo rispettivamente da parte di Fratelli d’Italia e dei fuoriusciti dal Movimento Cinque Stelle. Nordio ha superato abbondantemente il numero di grandi elettori in quota di Fratelli d’Italia raccogliendo ulteriori possibili dissensi all’interno del centrodestra. Hanno raccolto voti molti dei papabili presidenti dei giorni scorsi come Berlusconi (9), Belloni (6), Casini (5), Draghi (5), Casellati (4) e Cassese (2). Tra i voti dispersi resiste Alessandro Barbero che ha avuto almeno un proprio sostenitore in ognuna delle otto votazioni, oltre a Giovanni Trapattoni e Filippo Grassia.
Sergio Mattarella è quindi confermato come dodicesimo Presidente della Repubblica Italiana e resterà nella storia del Paese per aver ricoperto il tredicesimo e il quattordicesimo mandato, oltre che per essere l’unico eletto all’ottava votazione. Il 2 o 3 febbraio avverrà il passaggio tra vecchio e nuovo mandato che coinciderà col il raggiungimento del secondo posto come numero di giorni in carica, superando tutti i suoi predecessori all’infuori di Giorgio Napolitano, che con una durata di 3.166 giorni, in pratica otto anni e otto mesi, guida l’insolita classifica. Se il nuovo Presidente resterà in carica oltre venti mesi supererà anche Napolitano. Tutto da capire se il nuovo settennato durerà davvero sette anni. La prossima estate il Capo dello Stato compirà 81 anni e questo significherebbe che potenzialmente rimarrebbe in carica fino ad 88. Con ogni probabilità gestire questo problema sarà compito di un Parlamento diverso, formato da un numero minore di grandi elettori e sicuramente con equilibri politici differenti da quelli attuali. Alla finestra resta sempre la possibilità, da molti auspicata, di una riforma istituzionale che ridisegni poteri e modalità di elezione del Presidente della Repubblica.
Tutti apparentemente contenti, tranne i proprietari dell’appartamento romano appena affittato da Sergio Mattarella che con ogni probabilità presto rimarrà di nuovo vuoto.