Gli anni sessanta, per quanto riguarda la geopolitica di micronazioni non riconosciute, non sono legati solamente alla presunta indipendenza di piattaforme marine al di fuori delle acque territoriali (vedi l’Isola delle Rose e Sealand). Sempre nello stesso periodo è emersa la vicenda relativa ad un luogo che ha un vero territorio e una vera popolazione. Stiamo parlando di Seborga, piccolo paese in provincia di Imperia, arrampicato sui monti e non distante da Sanremo e dal confine francese. I cui abitanti non vogliono ottenere l’indipendenza dall’Italia, bensì ritengono di non averla mai persa. Ma ricostruiamo la storia che nel 1963 portò il floricoltore Giorgio Carbone a diventare il Principe Giorgio I di Seborga.
Il conte Guidone
Le prime tracce di indipendenza di Seborga risalgono alla metà del decimo secolo, quando il conte Guidone di Ventimiglia cedette il paese, all’epoca chiamato Castrum Sepulchri, e il territorio circostante ai monaci benedettini dell’Abbazia di Lerino. Questo complesso monastico ha sede nelle isole di Lerino, di fronte alla città di Cannes, e con alterne fortune, chiusure e riaperture, è arrivato fino ad oggi. Non vi è certezza dell’autenticità dell’atto di Guidone e neppure dell’esistenza stessa di questa donazione, ma di certo ci sono documenti che testimoniano che circa duecento anni dopo, siamo nel 1177, un altro conte di Ventimiglia, Guido Guerra, in una disputa relativa ai confini affermava che Seborga fosse sotto l’Abbazia di Lerino con un principe-abate a guida della comunità. In realtà il monarca religioso nominava un proprio potestà che esercitava il potere reale sui quattrodici chilometri quadrati del territorio seborghino. Più volte la Repubblica di Genova si attivò per cercare di recuperare, attraverso la politica o l’acquisto, il territorio di questa enclave che sorgeva al proprio interno. La situazione economica a Seborga non era idilliaca e più volte l’Abbazia di Lerino dovette sostenere di propria tasca le casse del borgo. Per alcuni anni fu addirittura battuta moneta e aperta una zecca. La moneta si chiamava Luigino, lo stesso nome di quella in circolazione in Francia. Il battere moneta risollevò solo momentaneamente l’economia di Seborga e varie tensioni con gli Stati limitrofi costrinsero il piccolo principato a fermare la propria zecca. A questo punto i monaci presero in considerazione la vendita del possedimento.
La cessione ai Savoia
Tra gli interessati all’acquisto c’erano la Repubblica di Genova, i Grimaldi del Principato di Monaco, che all’epoca si espandeva fino all’attuale città di Mentone, e i Savoia, desiderosi di avere possedimenti vicini al mare. I lunghi negoziati favorirono il migliore offerente e il 30 gennaio 1729 re Amedeo II di Savoia acquistò Seborga dal principe-abate di Lerino. Secondo coloro che reclamano tuttora l’indipendenza di Seborga, l’atto non venne mai registrato e in ogni caso non prevedeva la cessione della sovranità del Principato, ma solo la proprietà di ciò che si trovava entro i confini. A sostegno di questa tesi c’è anche il fatto che il re acquistò il territorio con le proprie finanze personali e non con quelle del Regno Sabaudo, e che i sovrani di Casa Savoia non si sono mai fregiati del titolo di principi di Seborga.
La cittadina per oltre duecento anni avrebbe tollerato la gestione della propria cosa pubblica da parte del Regno di Sardegna, di quello d’Italia e infine della Repubblica Italiana. Nel 1946, infatti, l’esilio e la perdita del trono d’Italia fecero sì che i Savoia perdessero anche i propri possedimenti personali nella Penisola, Seborga compresa. Le ricerche di Giorgio Carbone nel dopoguerra permisero di rileggere queste pagine di storia con l’obiettivo di restaurare il Principato. Anzi, di restaurare le istituzioni rimaste vacanti per due secoli di un Principato mai scomparso.
Seborga ritorna sovrana
Il 14 maggio del 1963 i cittadini di Seborga eleggono Giorgio Carbone, in seguito Giorgio I, proprio principe. Quello che sembra un atto di goliardia attira i riflettori sul piccolo paesino ligure. Giorgio I inizia allora una convivenza con le istituzioni repubblicane e con i vari sindaci che si susseguono a Seborga. Per circa trent’anni non avvengono fatti degni di particolare nota fino a quando il principe, sostenuto dalla popolazione, comincia ad avere un importante ruolo mediatico, indice le elezioni per formare un governo costituente che si occupi di redigere uno statuto, ripristina la bandiera e lo stemma principesco. Nel 1995 il popolo di Seborga approva con un plebiscito il nuovo statuto e siccome la forma di governo diventa, come in passato, una monarchia elettiva, Carbone abdica per poi venire rieletto principe di Seborga. In deroga alla nuova Costituzione, Giorgio I non avrà un incarico di sette anni, ma sarà l’unico che potrà rimanere principe a vita.
Nello stesso anno viene riattivata la zecca e cominciano a venire prodotti nuovi Luigini, che diventano preziose monete per i collezionisti oltre che essere accettati come “buoni” in molti negozi del paese. Non mancano francobolli e anche targhe automobilistiche da affiancare a quelle italiane. Per Seborga è una rinascita turistica, e la presunta indipendenza costituisce un’arma di interesse in più rispetto a tutti i borghi simili circostanti, con ampio risalto anche nella stampa internazionale. Proprio per queste dinamiche le istituzioni civili italiane hanno sempre tollerato questo fenomeno. Allo stesso tempo Carbone e i suoi successori hanno sempre evitato di superare i limiti che avrebbero potuto innescare problematiche con l’Italia. Il 20 agosto del 1996 Giorgio I riafferma ufficialmente l’indipendenza del Principato: “Noi Giorgio I, Principe di Seborga per grazia di Dio e per volontà del Popolo Sovrano, per diritto e nel diritto internazionale, vigente in tutti gli Stati con costituzioni democratiche e moderne, ribadiamo e decretiamo la sovranità territoriale, giuridica, religiosa, civile, morale e materiale del Principato di Seborga”. A tale dichiarazione non fece seguito alcuna reazione della Repubblica Italiana.
Il principe Giorgio I passa a miglior vita a fine 2009 dopo una lunga malattia ed un regno di 46 anni. Sei mesi dopo viene eletto Marcello Menegatto, industriale di origine lombarde e campione di motonautica, che sale al trono con il nome di Marcello I. Rieletto sette anni dopo, abdica per ragioni familiari e di lavoro nel 2019. Succede a Marcello I la principessa Nina, ex moglie del predecessore e madre di sua figlia. La principessa Nina è la prima donna a ricoprire questa carica nella millenaria storia di Seborga, dopo aver sconfitto alle urne niente meno che Laura di Bisceglie, unica figlia dell’ex sovrano Giorgio I.
Le istituzioni di Seborga
Seborga è formalmente un comune della provincia di Imperia e naturalmente ha un proprio sindaco e un Consiglio comunale. Oltre a quello del municipio, è abbastanza raro incontrare un tricolore italiano. Ufficialmente gli abitanti del comune sono 279 (dato del 30 giugno 2019). Alle elezioni della principessa nel 2019 avevano diritto di voto 247 persone, non conteggiando i minorenni. Resta comunque poco chiaro se gli elettori del Principato corrispondano o meno al corpo elettorale che concorre all’elezione del sindaco, dato che la “nazionalità” è mantenuta anche dagli ex residenti e dai loro discendenti, oltre al fatto che il Principe può elevare uno straniero al rango di seborghino. Altra differenza col passato è che oggi il territorio comunale è di poco meno di cinque chilometri quadrati, circa un terzo di quello del Principato storico. Oltre al principe, che ha un mandato di sette anni rinnovabile ed è il capo dello stato, esistono anche altre istituzioni. Il Consiglio della Corona è il governo del Principato. È composto da nove membri di cui quattro nominati dal principe al momento della propria candidatura e cinque eletti dai seborghini. Una sorta di Senato con potere legislativo è il Consiglio dei Priori, formato da cittadini nati, battezzati e residenti a Seborga che abbiano un genitore e un figlio viventi. Infine, ma non meno importante, c’è il Parlamento generale composto da tutti i cittadini di Seborga. Il Parlamento elegge il principe, approva gli statuti generali e le convenzioni internazionali ed elegge cinque membri del Consiglio di Stato. Se si pensa che non esista dibattito politico interno si compie un errore. È sufficiente leggere i programmi degli aspiranti principi presentati in occasione di ogni elezione per capire come ci siano punti di vista molto differenti sulla gestione del Principato e soprattutto su come sensibilizzare la causa dell’indipendenza nei contesti mediatici o internazionali. Di certo vi è un’unità di fondo nel fare tutto ciò che è necessario per mantenere attivo il contenzioso con l’Italia, vero motore turistico di Seborga assieme alla tradizione gastronomica del coniglio alla seborghina, il piatto nazionale.
Istituzioni parallele e presunti usurpatori del trono
Può bastare una principessa in un regno di trecento anime? Naturalmente no, e per questo ci sono almeno altri due aspiranti sovrani che rivendicano la propria legittimità. Dalla Francia arrivano le pretese di Nicolas Mutte (Nicolas I), che in passato ha creato istituzioni e siti internet paralleli, presunte banche di Seborga, passaporti, ed è al momento al centro di inchieste delle procure francesi proprio su questo tipo di attività. In tutto questo non poteva mancare la presenza di un ordine cavalleresco, il Venerabilis Ordo Sancti Sepulchri, che considera la principessa Nina mera espressione di folklore. Secondo il V.O.S.S. nella storia di Seborga il principe non poteva essere eletto dai sudditi, ma doveva essere espressione del mondo ecclesiastico, in particolare un cavaliere o un monaco. Per questo l’Ordine Cavalleresco Sovrano di Seborga riconosce alla guida del Principato pro tempore il proprio Maestro generale nella persona del Cavalier Diego Berltrutti di San Biagio.
Un’ulteriore opinione degna di essere raccontata è quella di coloro che sostengono che il Principato di Seborga sia finito nel 1730 con la cessione ai Savoia. I nuovi sovrani non si sarebbero mai fregiati del titolo proprio a causa del fatto che questo fosse riservato ad esponenti del mondo ecclesiastico. Il contratto sarebbe stato regolarmente registrato come sarebbe avvenuta una regolare dichiarazione di fedeltà degli abitanti di Seborga nei confronti di Casa Savoia. Viene da chiedersi cosa spinga numerosi gruppi di persone a rivendicare il ruolo di guida della comunità seborghina, oggi come nel passato: perché la storia ha portato numerosi ordini religiosi, cavallereschi, case regnanti europee, Chiesa ed Impero, fino agli attuali contendenti del XXI secolo, a interessarsi ad un piccolo borgo nelle montagne liguri? La risposta è naturalmente molto suggestiva, dato che numerose leggende, a partire dal nome della città derivante dal Santo Sepolcro di Gerusalemme, portano a pensare che Seborga nasconda un grandissimo segreto legato al Sacro Graal.
L’incredibile sentenza del Tribunale di Sanremo
Degna di essere citata in questa lunga storia è la decisione del Tribunale di Sanremo del 5 aprile 2007. In una causa tra il proprietario del palazzo dove risiede il governo di Seborga e il governo stesso a causa di ritardi del pagamento del canone di locazione, il Tribunale ligure ha rinviato gli atti del procedimento alla Corte costituzionale per un parere in merito alla competenza giurisdizionale dello stesso Tribunale. Nel dispositivo si leggono numerosi passaggi interessanti, come quello secondo cui nel 1939 Benito Mussolini avrebbe scritto che “il Principato di Seborga non appartiene all’Italia”. Nell’atto viene ripercorsa la storia del Principato e i numerosi dubbi che spingono il giudice a supporre che “non può sussistere giurisdizione esclusiva nei confronti di uno Stato non riconosciuto sovrano dallo Stato Italiano ma considerato tale da altre comunità e/o Stati stranieri riconosciuti dall’Italia”. I successivi passaggi di fronte alla Corte costituzionale e poi anche davanti alla Corte europea dei diritti dell’uomo vengono dichiarati inammissibili. Non per questo Seborga si arrende, e in base alle dichiarazioni del Principe Marcello e successivamente della principessa Nina sembrerebbero avviati ulteriori passi tesi a portare avanti la lunga battaglia per la reale sovranità del Principato.
L’ex Repubblica di Cospaia come Seborga?
Sotto il profilo dello sfruttamento turistico della propria storia i paragoni sono possibili, anzi sarebbe auspicabile che Cospaia e le istituzioni competenti valorizzassero in ogni forma possibile la singolare storia del territorio che un tempo fu libero. L’attuale lavoro delle realtà associative della ex Repubblica e del mondo legato al tabacco è encomiabile. Con il giusto supporto e prendendo alcuni esempi da Seborga la capacità d’attrazione turistica del borgo valtiberino potrebbe essere maggiormente sfruttata sia sul piano ambientale, storico-folcloristico, commerciale e naturalmente anche enogastronomico. La creazione di marchi “prodotto o realizzato nel territorio dell’ex Repubblica di Cospaia” potrebbe generare interesse e vantaggi per tutto il territorio della Valtiberina.
Altro tema è se sul piano del diritto Cospaia possa rivendicare o meno una propria sovranità. Appare complesso per non dire impossibile per una serie di fatti storici. Esiste un atto di sottomissione allo Stato Pontificio firmato dai capi delle dodici famiglie all’epoca (1826) residenti ed esistono anche pagamenti e privilegi conseguenti a quell’atto. C’è stata una presa di possesso del territorio da parte delle autorità toscane e papaline contro le quali non è mai stata manifestata nessuna contrarietà. Fin qui potrebbe esserci, pur con enormi difficoltà di dimostrazione, la possibilità di impugnare l’atto di sottomissione per la probabile costrizione a firmarlo che subirono i capifamiglia, ma l’elemento di differenza tra Seborga e Cospaia risiede nel riconoscimento internazionale di cui la prima beneficiava. Il Principato ligure era un soggetto giuridico dotato di istituzioni riconosciute, nate da accordi internazionali e relativi riconoscimenti da parte di tutti gli Stati vicini come Francia, Regno di Sardegna, Repubblica di Genova, Principato di Monaco e perfino dall’autorità papale e da quella imperiale. Cospaia nacque invece da un errore cartografico e non ebbe mai un riconoscimento internazionale come repubblica esistente. Era una terra di nessuno che seppe intelligentemente amministrarsi per quasi quattro secoli riuscendo a resistere alle pressioni del Granducato di Toscana o dello Stato Pontificio. Nelle carte dell’epoca, o nella conversazione tra le gente, Cospaia era chiamata la Villa o Villa di Cospaia, mentre il termine Repubblica è probabilmente di natura più recente. In ogni caso, se la Repubblica Italiana tollera le intemperanze di Seborga da quasi sessanta anni, nulla vieterebbe all’ex Repubblica di Cospaia di dotarsi di istituzioni simboliche, possibilmente elette dai cittadini o dai “capifamiglia” come un tempo, e che possano avviare campagne mediatiche per portare attenzione su questo interessante esempio di storia italica.