Primo impegno ufficiale per il nuovo sindaco biturgense Fabrizio Innocenti che questa mattina, insieme all’ambasciatore sloveno Tomaž Kunstelj e ai rappresentanti dell’Anpi, ha presenziato alla cerimonia di commemorazione dei 446 cittadini jugoslavi i cui resti sono conservati nel Sacrario degli Slavi. Si tratta di civili morti durante la detenzione nei campi di prigionia italiani oppure caduti nella lotta di Liberazione dopo essersi uniti ai gruppi partigiani. Tra coloro che riposano nel Sacrario collocato nel cimitero di Sansepolcro anche la gran parte delle 160 persone morte di stenti nel campo di internamento fascista di Renicci, nel comune di Anghiari.
La presenza di civili jugoslavi nel nostro Paese, e nello specifico in Valtiberina, durante la Seconda guerra mondiale è frutto delle deportazioni che riguardarono decine di migliaia di persone sospettate di attività sovversive nei territori della Jugoslavia occupati dal Regio esercito. Qui era stato avviato un processo di italianizzazione forzata che ricalcava il modello di quello attuato nelle province slave già annesse dal Regno d’Italia dopo la Prima guerra mondiale.
Tra gli jugoslavi internati in Italia, furono intorno a diecimila quelli che trascorsero mesi in condizioni proibitive nel campo di Renicci, e circa 160 di questi morirono nell’autunno inverno 1942-1943. Nell’estate successiva furono trasferiti nel campo anghiarese anche antifascisti italiani che si trovavano al confino, mentre dopo l’8 settembre Renicci fu abbandonata dalle guardie e i prigionieri poterono fuggire, per la maggior parte unendosi alle formazioni partigiane. Tra loro lo studente capodistriano Dušan Bordon, morto in combattimento nella zona di Caprese Michelangelo, di cui nello scorso dicembre è stato ricordato il centenario della nascita con cerimonie svolte sia a Capodistria che a Sansepolcro.
Il Sacrario, progettato dallo scultore jugoslavo Jovan Krahtovil, occupa la parte centrale del cimitero di Sansepolcro e comprende un monumento in bronzo e una cripta dove sono collocate 446 urne zincate, ciascuna recante una stella rossa insieme a nome e a luogo e data di morte della persona che vi riposa. Fu realizzato nel 1973 da parte della Repubblica di Jugoslavia, a cui l’area è appartenuta fino allo scioglimento della Federazione, dopodiché a proposito della titolarità del Sacrario sono sorti contenziosi tra i Paesi post-jugoslavi. Nelle scorse settimane il comune ha sottoscritto una convezione per la gestione dell’area con la Repubblica di Slovenia. Quello di Sansepolcro è uno dei quattro Sacrari presenti in territorio italiano, gli altri sono a Gonars, Barletta e Roma.