Sanità toscana, i problemi nati da una riforma “improvvisata”

Intervistato da TeverePost, il professor Gavino Maciocco analizza il sistema sanitario della Regione Toscana. Nella prima di tre puntate ci riassume le principali questioni di carattere organizzativo

Gavino Maciocco

Foto tratta da Facebook

Nel 2015 in Toscana veniva avviata una profonda riforma del servizio sanitario regionale finalizzata alla razionalizzazione dei suoi assetti organizzativo-gestionali. Nel marzo di quell’anno venne approvata dal Consiglio regionale una prima legge, contro la quale fu proposta l’indizione di un referendum abrogativo. Presidente onorario del comitato referendario era il professor Gavino Maciocco, medico e docente universitario. Il referendum non andò in porto perché la Regione approvò a fine anno un’ulteriore legge sul tema sanitario, rendendo inutili le oltre 55.000 firme raccolte. Oggi, dopo cinque anni da quei passaggi normativi, lo stesso Maciocco spiega a TeverePost gli effetti della riforma e le prospettive future della sanità toscana. In questa prima puntata parliamo in particolare dei problemi di natura organizzativa.

Cominciamo dall’inizio.

Questa storia parte nel 2014 con un taglio alla sanità di circa 2,5 miliardi di euro apportato dal Governo Renzi. Per la Toscana questo si traduceva in una decurtazione di 300 milioni. La Regione decise di rispondere con una proposta, poi diventata legge, di accorpamento delle Asl, passando da dodici a tre, una al nord, una al centro e una al sud, al fine di contenere le spese con la riduzione dei direttori generali, dei primari e così via.
Fu un’operazione improvvisata, concepita in fretta, senza neanche una consultazione con gli interessati, e fin dall’inizio mettemmo in evidenza che si trattava di un’operazione sbagliata. Tutta la letteratura internazionale dice che quando si arriva a una soglia eccessiva di concentrazione di popolazione le cose non funzionano perché aumenta troppo la complessità gestionale di un’azienda. Uno standard su cui c’è vasto consenso dice che la dimensione più giusta di un’organizzazione sanitaria dovrebbe essere intorno alle 300-400mila persone. Pensi che nel territorio della Usl Toscana Centro ci sono 1,5 milioni di abitanti [in quello della Usl Toscana Sud-Est circa 850mila, ndr] e un budget annuale di 3 miliardi.

E come funzionano queste grandi Asl?

La caratteristica principale di queste tre grandi Asl è la concentrazione del potere nelle mani del direttore generale, che fa perdere all’organizzazione l’articolazione della catena di comando. Prima, per esempio, se un chirurgo aveva di fronte un problema, la mancanza di personale, la riparazione di un’attrezzatura, aveva la possibilità di contattare direttamente e velocemente chi poteva intervenire. Con l’attuale organizzazione la prima linea non può prendere una decisione senza raggiungere il centro. E il centro è oberato da mille questioni che gli arrivano dalle prime linee, e quindi non c’è un livello efficace ed efficiente di gestione dei problemi.

Questo riguarda gli ospedali e anche i servizi territoriali.

Certo, questo è venuto subito alla luce a tutti i livelli e in particolare sul piano dei distretti, dove la situazione è stata ancora più grave, perché lì le prime linee sono moltissime, più che nei singoli ospedali: ogni distretto ha i suoi ambulatori, il suo gruppo di medici di famiglia, eccetera. Il responsabile della zona distretto non ha alcun potere decisionale, perché anche a livello di distretto tutto è gestito dal centro, e questo ha indebolito enormemente anche i servizi territoriali.
Un ulteriore livello di aggravamento deriva dal fatto che in Toscana non si è potuta o voluta risolvere fino in fondo la questione delle Società della salute. Questa organizzazione, che dovrebbe integrare il sanitario col sociale, è semplicemente opzionale, quindi abbiamo delle zone distretto che sono diventate anche Società della salute e altre [come quella che comprende la Valtiberina, NdR] che non lo sono diventate. Questo è un elemento di contraddizione ma anche di scarsa attenzione all’organizzazione territoriale, perché un’organizzazione non può essere opzionale: se si ritiene che sia utile la si fa e se non la si ritiene utile si abolisce. Invece in Toscana non si è avuto il coraggio di scegliere.

L’intervista di TeverePost al professor Gavino Maciocco, suddivisa in tre puntate, proseguirà nei prossimi giorni. La seconda parte sarà dedicata all’impatto avuto dalla riforma del 2015 sui progetti precedentemente avviati nella sanità toscana e al crescente ruolo della componente privata.

La prossima puntata dell’intervista di TeverePost al prof. Maciocco sulla sanità toscana:
Sanità toscana, “la vittoria del terzo settore e del privato in generale”.
“L’esperienza che viviamo dimostra che il servizio sanitario pubblico va rafforzato”.

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