Riccardo Cascianini, il manager anticrisi

Bloccato a Kiev, racconta a TeverePost le sue esperienze tra Russia, Usa e Ucraina

Riccardo Cascianini

Immagine gentilmente concessa da Riccardo Cascianini

Riccardo Cascianini è un cinquantunenne biturgense con un importante passato nella pallacanestro di Sansepolcro. Da sempre si occupa di moda e dopo una lunga collaborazione con il marchio Ingram ha cominciato ad avere esperienze estere che l’hanno portato recentemente a diventare amministratore delegato della Helen Marlen in Ucraina.

Riccardo, raccontaci dove ti ha portato il mondo della moda e come sei finito a Kiev?

Nel 2007, dopo aver a lungo lavorato con Inghirami, mi trasferii in Russia, più precisamente a Ekaterinburg, importante città oltre i Monti Urali. Qui rimasi sette anni portando avanti l’obiettivo della Weda, l’azienda per cui lavoravo, che era la costruzione del più grande mall del lusso nella regione degli Urali. Ci riuscimmo ed oggi nel centro della città ci sono 25.000 metri quadri distribuiti su sette piani dove si trovano alcuni dei marchi più importanti del mondo. A cavallo tra 2013 e 2014 mi rimisi in gioco con un’azienda ucraina, la stessa con la quale lavoro adesso. Anni turbolenti dato che c’era appena stata la rivolta di Maidan e l’Ucraina era al centro di grossi cambiamenti. Dopo due anni mi arrivò un’offerta per un ruolo importante per la Santoni Calzature negli Stati Uniti con base a New York. Un incarico avuto per tre anni che mi ha portato a viaggiare nel continente americano dal Canada all’Argentina. Non molto tempo fa ho deciso di tornare in Ucraina e riprendere ad essere l’amministratore delegato di Helen Marlen, una società che si occupa di vendita di prodotti di lusso e abbigliamento. Stipuliamo contratti direttamente con brand importanti del mondo del lusso e gestiamo boutique in franchising. Acquistiamo collezioni e ci occupiamo di distribuirle attraverso i nostri negozi.

Panorama di Kiev

Russia 2008, Ucraina 2014 e coronavirus 2020: sembreresti un manager esperto di crisi socio-economiche e rivoluzioni.

Effettivamente la mia esperienza in Russia cominciò proprio con la difficile crisi finanziaria del 2008. Naturalmente ebbe un certo impatto nel mio lavoro ma allo stesso tempo fu stimolante affrontare le problematiche conseguenti e portare a compimento l’obiettivo che l’azienda si era posta. Le rivolte a Kiev a cavallo del 2013 e 2014 hanno portato a cambiamenti nella società ucraina, ma anche in questo caso siamo riusciti a portare avanti il nostro lavoro. Oggi siamo di fronte ad un problema che colpisce l’intero pianeta e non un singolo paese.

Che tipo di conseguenze ha avuto il Covid-19 sul tuo lavoro?

In questo periodo le vendite sono calate di circa il 70% nonostante un aumento del 300% del commercio online. Siamo una realtà solida e contrariamente ad altre aziende noi non abbiamo tagliato posti di lavoro confermando i nostri 1834 dipendenti. Siamo una delle poche aziende con un’assicurazione sanitaria per i dipendenti. Qua l’assistenza sanitaria pubblica non è molto buona, c’è quella privata ma a prezzi molto alti.

In Ucraina non c’è cassa integrazione o sostegni dello stato, quindi questa situazione sta già dando problematiche sociali considerevoli. La perdita di posti di lavoro ha generato un aumento della criminalità e della presenza delle forze dell’ordine in strada. Anche un nostro negozio è stato rapinato durante questo difficile periodo.

Che tipo di diffusione ha il coronavirus in Ucraina?

Alla data del 10 maggio i contagi nell’intero paese ammontavano a poco più di quindicimila persone. I morti sono 391. Qui a Kiev ci sono circa 1.500 contagi e un vero e proprio lockdown non c’è mai stato. Bar, negozi, ristoranti, stadi, cinema, teatri sono chiusi ma non c’è alcun obbligo a restare a casa. Viene raccomandato il distanziamento sociale come maggiore forma di prevenzione. Il virus è arrivato da fuori e le prime persone risultate positive erano di ritorno da località di vacanza europee. In alcune realtà come quelle ecclesiastiche il Covid-19 ha avuto terreno fertile entrando in chiese e monasteri. L’esempio più chiaro è l’incredibile numero di contagiati, circa 300, dentro il Lavra, il bellissimo e più antico monastero ortodosso di Kiev. Anche il 19 aprile in occasione della Pasqua Ortodossa le chiese erano piene e l’abitudine di baciare le icone non si è fermata. In alcune occasioni sono intervenute le forze dell’ordine per impedire ai fedeli di affollare le chiese.

Quali sono più in generale le tue considerazioni sull’Ucraina?

Tra quelli che facevano parte dell’ex Unione Sovietica è sicuramente quello con la mentalità più simile al mondo occidentale. È un paese molto vasto con enormi differenze economiche e sociali tra una regione e l’altra. Oggi, come detto in precedenza, uno dei problemi principali è la sicurezza perché la gente che ha perso il lavoro e non aveva alcun risparmio è disperata. Nella parte orientale del paese c’è una guerra della quale in occidente non si parla più ma che continua a fare vittime ogni giorno. Il nuovo Presidente Volodymyr Zelens’kyj sta cercando di lavorare per risolverla, ma come si può immaginare non è semplice. Passi avanti ce ne sono stati dato che assieme ad una debole tregua c’è stato lo scambio dei prigionieri tra Ucraina e le Repubbliche Popolari di Doneck e Lugansk. È evidente che l’Ucraina ha un forte legame storico con la Russia e allo stesso tempo desidera di avvicinarsi al resto dell’Europa.

Cosa pensano gli ucraini della situazione virus in Italia?

Qui ci amano fortemente e per gli ucraini l’Italia era e resta un paese meraviglioso. Tutti soffrono per quello che sta accadendo in Italia. Il mio titolare è costantemente in contatto con gli imprenditori italiani, dato che ci occupiamo di vendere molto made in Italy. I nostri clienti sono persone a cui piace fare le vacanze nel nostro Paese e non vedono l’ora di poterci ritornare.

La statua della Madre Patria a Kiev
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