Per Città di Castello, Raffaello è l’emblema dell’arte rinascimentale, colui che, tra il 1500 e il 1504, proprio in territorio tifernate ricevette importantissime commissioni che gli aprirono le porte di prestigiose corti e, soprattutto, della curia romana. La città lo portò sempre più a distaccarsi dal modello del suo grande maestro, il Perugino, arrivando ad apprendere nuove tecniche osservando i lavori di Luca Signorelli, altro genio della pittura divenuto cittadino onorario tifernate a fine ‘400. Palazzo Vitelli alla Cannoniera, sede della pinacoteca comunale di Città di Castello, è il più grande contenitore d’arte dell’Umbria assieme alla Galleria nazionale di Perugia e conserva, al suo interno, meravigliose opere, tra cui alcuni tra i primissimi lavori di Raffaello e Signorelli. Il 2020 è stato l’anno in cui si sarebbe dovuto celebrare il cinquecentenario della morte di Raffaello: la pandemia non ha permesso di organizzare alcun evento a riguardo e ha costretto a ripensare l’apertura della mostra “Raffaello giovane e il suo sguardo a Città di Castello”, in programma per il 2020, ma spostata al 18 settembre 2021, giornata in cui sarà inaugurato anche il nuovo ingresso del palazzo in via Oberdan. Dopo Urbino e le scuderie del Quirinale a Roma, l’importante mostra approda a Città di Castello, unica in Umbria ad essere finanziata dal Comitato nazionale per il cinquecentenario, a cura di Marica Mercalli, direttore generale per la sicurezza del patrimonio culturale del Mibact e Laura Teza, docente di storia dell’arte moderna presso l’Università degli studi di Perugia, entrambe curatrici scientifiche della mostra. Abbiamo avuto la possibilità di intervistare la dottoressa Teza che ci ha spiegato dettagliatamente alcuni aspetti della mostra e interessanti informazioni in merito ad alcune fra le opere che saranno esposte.
Come sarà strutturata la mostra “Raffaello giovane e il suo sguardo a Città di Castello”?
Saranno esposte in totale una trentina di opere, in particolare sei di Raffaello. Non sarà una mostra di grandissime dimensioni perché abbiamo deciso di puntare su un periodo storico ben preciso, gli anni tra il 1500 e il 1504 in cui l’artista si trovò in territorio tifernate. Le mostre su Raffaello generalmente hanno dei costi elevatissimi: proprio per questo, ci siamo regolati in base alle nostre forze, concentrate verso un obiettivo qualificato e ragionevole, cioè il percorso giovanile di Raffaello a Città di Castello e non in Umbria, discorso che ci avrebbe portato molto lontano. Proprio qui è presente l’unica opera mobile rimasta nella regione, cioè il gonfalone della Santissima Trinità, attorno al quale è nato e si è costruito il discorso mostra.
Quanto è stato importante il territorio tifernate per Raffello?
Proprio a Città di Castello, Raffaello si distacca da quello che secondo noi è il suo maestro, Perugino, personalità debordante che a Perugia vantava grandi commissioni (Collegio del Cambio, pala di San Pietro). Raffaello capisce che, per potersi affermare autonomamente, deve allontanarsi. Città di Castello vantava una compagine politica importante, chiese di pregio e una famiglia di dinasti come i Vitelli. Un altro pittore molto importante, Luca Signorelli, aveva lasciato il territorio poco prima. Raffaello si inserisce in una realtà molto florida dal punto di vista artistico-culturale e nel giro di pochi anni ottiene ottime commissioni su cui noi, come Comitato nazionale, stiamo indagando e studiando, ad esempio la pala di San Nicola da Tolentino che verrà in mostra. Raffaello “dialoga” intensamente con Signorelli, apprende nuove tecniche guardando con attenzione le opere lasciate dal suo predecessore. Nella mostra ci sarà un vero e proprio confronto “parlante” tra i due artisti, elemento che vorremmo lasciare permanentemente alla pinacoteca.
Fra le opere in mostra, spicca la pala di San Nicola da Tolentino, importante lavoro di Raffaello giovane.
Di questa tavola si conoscono quattro frammenti, di cui tre verranno a Città di Castello: due provengono da Capodimonte e uno dalla pinacoteca “Tosio Martinengo” di Brescia. L’opera fu conservata all’interno della chiesa di Sant’Agostino fino al 1789 quando, durante un forte terremoto, cadde e si rovinò. Precedentemente, c’erano stati dei tentativi di acquistarla da parte di un collezionista e archeologo scozzese che viveva in Italia, ma mai andati a buon fine. Successivamente al terremoto, la tavola danneggiata fu tagliata e venduta al papa per consentire ai frati di ricostruire la chiesa. La tavola andò in Vaticano e, in quel momento, ne fu fatta una copia dal Costantini, conservata oggi in pinacoteca. La copia è stata un’opera importantissima perché ha permesso l’identificazione dei frammenti. Insieme alla descrizione di uno storiografo del ‘700, Luigi Lanzi, gli storici dell’arte si sono accorti che quei frammenti, arrivati a Capodimonte e a Brescia come scuola peruginesca e raffaellesca in realtà appartenevano alla stessa pala di Città di Castello. L’ultimo ad essere identificato è stato il frammento conservato al Louvre: si dice che fu portato a Parigi da un tassista di Strasburgo. L’uomo mostrò il frammento al museo che lo riconobbe e lo acquistò negli anni 80 del ‘900. La pala di San Nicola, inoltre, verrà ricostruita digitalmente nella sua totalità. Si tratterà di una proiezione digitale che vorremmo fare in scala 1:1. Sarà un lavoro molto impegnativo, in quanto la pala è alta quasi 4 metri, una parete intera dedicata. I professori Di Teodoro e Camerota, studiosi specialisti di architettura rinascimentale, prospettiva e membri del comitato scientifico, riproporranno un nuovo modo di ricostruire lo spazio e l’invaso, in base agli studi che stanno portando avanti per la mostra. Sarà tutto molto suggestivo in quanto, nella stessa sala, da un lato saranno presenti fisicamente i frammenti e dall’altro lato sarà riprodotta digitalmente l’intera opera.
Quali altre opere saranno esposte?
Fra le opere esposte ci saranno anche la crocifissione Gavari Mond e lo sposalizio della vergine, rispettivamente conservate alla National Gallery di Londra e alla pinacoteca di Brera a Milano. E’ stato creato un clone ad altissima definizione dello sposalizio che verrà in mostra: rappresenta la copia perfetta, quanto di più vicino all’originale. Dello sposalizio, inoltre, abbiamo un bellissimo disegno che proviene da Oxford con teste di fanciulla e intorno a questo verrà creata una corona di copie antiche risalenti al ‘600/’700/’800: per questo, sarà anche una bella opera di documentazione. In occasione della mostra vorremmo far “dialogare” Raffaello e Signorelli all’interno della stessa sala, mettendo a confronto due opere che sono conservate all’interno della pinacoteca comunale di Città di Castello: il gonfalone della Santissima Trinità e il martirio di San Sebastiano. Vorremo spostare il martirio dal piano terra al piano nobile, metterlo di fonte al gonfalone ed acquisire permanentemente questo posizionamento.
Che significato ha questo “incontro” nella stessa sala tra Raffaello e Signorelli?
Le due opere “dialogano” fra loro attraverso un disegno e proprio questo possiamo dire che è stata la spinta all’organizzazione della mostra. In questo disegno, conservato a Oxford, da una parte Raffaello schizza uno studio per il padre eterno del suo gonfalone, quando si getta verso la costola di Adamo per creare Eva, dall’altra parte schizza il martirio di San Sebastiano di Signorelli, opera al tempo conservata presso la chiesa di San Domenico. Evidentemente, Raffaello gira per le chiese di Città di Castello e “prende appunti”, interessandosi ai lavori del suo predecessore. Si interessa molto anche perché gli fu chiesto di produrre un’opera, la crocifissione Gavari Mond, da posizionare davanti all’altare della chiesa di San Domenico. Il dialogo fra Raffaelo e Signorelli è rappresentato proprio da questo prestigioso disegno che, purtroppo, non potrà essere presente fisicamente in quanto, essendo già stato in mostra altrove, deve “riposare” per evitare il deterioramento ed un’eccessiva esposizione alla luce.
Ci sono degli ulteriori lavori in programmazione?
In programmazione c’è il restauro del gonfalone. Dopo attente valutazioni, si è deciso di procedere con restauratori designati dall’Istituto centrale di restauro, l’ente superiore del Ministero della cultura preposto al restauro. Tutti i restauri del gonfalone sono stati fatti dall’Istituto centrale, anche perché si creava situazione per cui, viste le condizione precarie, il gonfalone veniva restaurato seguendo la linea teorica tipica dell’istituto, cioè rispettare in maniera integrale le lacune della pellicola pittorica. Ora, però, le lacune sono così tanto estese da comprometterne la leggibilità e la godibilità. Fino ad ora l’istituto centrale aveva sposato questa linea teorica di rispetto assoluto integrale delle lacune, ma ultimamente, nell’ultimo decennio, si sta considerando una rivalutazione di queste posizioni teoriche molto rigorose. Ora si procederà, infatti, all’integrazione delle lacune circoscritte: non si va a ricreare nulla delle figure, ma soltanto ciò che è circoscritto, lasciando ai restauratori la scelta oculata di quello che si può e non si può fare. L’Istituto centrale ha fatto delle prove e il risultato sarà sorprendente.
In questo 2021 di sfide culturali quanto è importante, per un museo, la presenza dei visitatori?
Per una mostra, i visitatori sono importantissimi perché sono i destinatari del nostro lavoro. Una mostra vive del rapporto tra opere d’arte e pubblico che deve andare guardare, capire, comprendere attraverso emozioni proprie. Se tutto questo viene ad essere impedito, la riorganizzazione è obbligata. Lo scorso anno siamo stati investiti da un’ondata pandemica che ci ha paralizzato, ma ora abbiamo ben chiara la situazione, anche a fronte di un’emergenza sanitaria meglio gestita e controllata e di una campagna vaccinale iniziata. Ci conforta molto il fatto che Città di Castello gode di grandi spazi: la pinacoteca è molto spaziosa, ha delle sale alte e ampie. Anche con ingressi contingentati, una visita sarebbe comunque possibile, con le mascherine e adeguate misure di distanziamento.
Un suo pensiero sulla mostra: come è stato lavorare al progetto?
Questa mostra è stata una vera e propria sfida: se si guardano le grandi mostre mondiali su Raffaello tutte hanno a che fare con importanti musei, grandi istituzioni e finanziamenti consistenti. Vorrei coinvolgere profondamente la città, non solo per ottenere ulteriori finanziamenti, ma per una partecipazione attiva da parte della popolazione. Un turista è sicuramente molto attratto da una mostra su Raffaello, anche se attualmente è ancora tutto rallentato e faticoso. Spero che la cittadinanza a risponda positivamente. Sono allo studio forme di coinvolgimento diretto della città e della popolazione: questa non è soltanto un mostra storico-artistica e scientifica, ma è un modo per far sentire alla cittadinanza l’importanza di Raffaello, artista che ha dato una precisa configurazione alla città. Spero che la mostra sia un vero e proprio lievito per far tornare forte il senso di identità civica verso questo grande artista. È importante riconoscersi nel proprio patrimonio culturale perchè dalla cultura nasce il senso della città.