Il 5 giugno del 2016 Alessandro Polcri si aggiudicava le elezioni amministrative nella sua Anghiari diventandone il nuovo sindaco. Candidato con la lista Liberamente, Polcri riuscì ad imporsi sui candidati rivali Paolo Gaggiottini e Simone Matteagi, con quest’ultimo uscito sconfitto per soli 9 voti. Quella tornata elettorale segnò un cambio di rotta nella guida politica del paese di Baldaccio, storica roccaforte del centrosinistra.
All’indomani del quarto anniversario della sua vittoria alle urne, il primo cittadino ha raccontato a TeverePost i momenti chiave della sua avventura amministrativa, arricchita peraltro dall’altra importante esperienza alla guida dell’Unione Montana dei Comuni della Valtiberina, ormai prossima alla conclusione.
Dopo quattro anni, come giudica l’esperienza da sindaco nella sua città?
Fare il sindaco è un’esperienza totalizzante anche in un piccolo paese come il nostro, dove sei sottoposto quotidianamente alle istanze dei cittadini e c’è un controllo sociale forte. A questo va ad aggiungersi tutto un contesto fatto di burocrazia, uffici, esigenze da rispettare e procedure sempre più lunghe. Ad ogni modo è sicuramente un’esperienza bella e positiva, perché ti fornisce una panoramica a 360 gradi su come funziona una pubblica amministrazione e su quelli che sono i bisogni della tua comunità: sociale, urbanistica, trasporti ed altro. Sono avventure che ti fortificano e ti responsabilizzano, per questo consiglio a tutti di intraprendere almeno una vola nella vita un’esperienza amministrativa, a prescindere dal ruolo.
La sua elezione ha rappresentato un nuovo capitolo della storia amministrativa di Anghiari. Com’è cambiata la sua città e quali sono stati i principali interventi?
Al nostro insediamento abbiamo trovato una situazione un po’ ingessata a livello di bilancio, che oggi possiamo dire essere migliorata: non avevamo progetti nel cassetto e abbiamo ricostruito tutto da zero. Oggi fortunatamente abbiamo tanti soldi da spendere, ottenuti attraverso progetti regionali ed europei. Penso ad esempio alla ciclovia con Sansepolcro e Monterchi o alla riqualificazione della vecchia stazione, l’unica di proprietà comunale della nostra provincia. Sulle opere pubbliche siamo intervenuti sulla ristrutturazione delle mura di Anghiari e su Palazzo Corsi, mentre abbiamo cantierato tutto l’accesso a Piazza IV Novembre. Abbiamo quindi investito sull’accessibilità nei confronti dei portatori di handicap con l’ascensore Palazzo Pretorio, oltre a rinnovare completamente l’altro ascensore del parcheggio della Misericordia. Dopo 15 anni abbiamo garantito un piano degli asfalti serio da 300mila euro, e siamo inoltre stati tra i primi in Toscana ad investire sulla fibra ultra veloce. Grande impegno anche nel primo piano strutturale intercomunale attraverso l’Unione dei Comuni.
Su sanità e sociale abbiamo investito 150mila euro sulla residenza di Anghiari e suddiviso il centro diurno dalla Rsa, con attivazione del percorso di salute dalla residenza fino al centro tennis con attività di ginnastica dolce. Tra gli altri bandi vinti ci sono quelli per la riqualificazione del parco del Campo alla Fiera, l’antincendio per Palazzo Corsi e la scuola media, oltre al maxi progetto da 1,5 milioni per l’implementazione della rete fognaria.
Sempre sulla scuola, abbiamo investito molto sul nostro Istituto d’Arte dove ora stiamo garantendo una continuità generazionale. Dopo tanti anni, abbiamo previsto anche un nuovo piano di regolamento del traffico che è stato approvato dentro questa consiliatura e messo in pratica da gennaio di quest’anno. Infine, parentesi Covid a parte, abbiamo puntato tanto sugli eventi e le iniziative per promuovere il turismo nel territorio: giusto per citare l’ultimo in ordine cronologico, la proiezione del tricolore che ha avuto una bella ricaduta soprattutto sui social e nelle presenze. Speriamo che l’emergenza possa dirsi rientrata, così da favorire la ripresa delle iniziative pubbliche.
Quali saranno le priorità nell’ultimo anno di amministrazione?
Innanzitutto portare a termine i cantieri avviati, che sono tanti, e già quello sarà un gran lavoro perché il covid ci ha imposto uno slittamento di tre mesi e la necessità di riorganizzare la macchina. Altro tema forte, sul quale presenterò documento in consiglio, riguarderà gli aiuti al tessuto socio-economico. Questo è il momento, per un’amministrazione pubblica, di fare anche più del dovuto per dare una mano a commercianti, artigiani e famiglie. Nello specifico eviteremo tagli al sociale e ai servizi e cercheremo di allungare le scadenze il più possibile. Perché se il bilancio pubblico può andare in sofferenza per un breve periodo, non si può dire la stessa cosa dei privati: bisogna evitare che la povertà entri su famiglie e imprese, altrimenti un domani i bilanci pubblici saranno comunque compromessi. Bisogna ragionare in termini straordinari e allentare alcune normative stringenti. Un esempio pratico: noi abbiamo risorse ferme accantonate sul bilancio che non possiamo utilizzare perché c’è una norma europea che ci dice che le dobbiamo tenere da parte; quest’anno arriveremo ad avere un milione di euro fermi sul nostro bilancio senza possibilità di utilizzarli. Il pubblico non deve produrre ricchezza, ma garantire servizi e se la gente smette di lavorare e fatturare il meccanismo si ferma comunque. Non possiamo più ragionare con gli schemi pre-Covid, c’è necessità di mettere in campo nuovi strumenti.
A un anno dal voto, ha in mente di candidarsi per un secondo mandato?
Personalmente al momento penso poco a questa cosa e preferisco concentrarmi sull’oggi, avendo tanti problemi a cui far fronte. Tra l’altro dovrà prima esserci un confronto con i gruppi politici che oggi mi sostengono, perché ovviamente non è che una persona può autocandidarsi. Posso dire che fare il sindaco, soprattutto nei piccoli comuni, è davvero una missione. Io mi sono messo in gioco e sono felice di ricoprire questo incarico per il bene della comunità. Quando sarà il momento, parleremo del futuro con il gruppo consiliare e con la base dell’elettorato e ragioneremo tutti insieme sul da farsi. Sono sempre positivo nella vita, ma i dati economici ci dicono che per il nostro paese sarà un autunno caldissimo: nel 2021 ci sarà una situazione di precarietà generale, e anche l’impostazione politica dovrà cambiare. Al momento fare qualsiasi ragionamento risulta prematuro.
A breve si concluderà la sua esperienza come presidente dell’Unione dei Comuni. Cosa è stato fatto durante il suo biennio e quale futuro auspica per l’ente comprensoriale?
L’Unione dei Comuni lo considero un ente utilissimo, anche in una situazione di emergenza come quella odierna. Ora come ora, dobbiamo dirlo, i piccoli comuni da soli non sono in grado di dare servizi ai cittadini. Per questo abbiamo ampliato l’offerta dei servizi, vedi turismo e urbanistica, che sono le materie prese in carico durante la mia presidenza, oltre ovviamente al sociale. Prima della fine del mandato mi piacerebbe dare vita alla polizia municipale di vallata, così da chiudere il cerchio. L’Unione, che è un ente dal bilancio sano, sta aiutando i vari comuni, soprattutto quelli montani, in termini di liquidità. Abbiamo inoltre effettuato un’opera di riorganizzazione anche per quanto concerne gli appalti. In più la mia presidenza è stata volta a far emergere il ruolo dei singoli comuni. L’Unione dei Comuni, come dice il nome stesso, non è un ente a se, ma è la sommatoria dei vari comuni ed è quindi complementare al ruolo dei sindaci. Tengo inoltre a precisare che sono personalmente contrario all’ipotesi del Comune unico della Valtiberina, perché c’è il rischio che si perda l’identità dei territori. Quella del Comune è un’istituzione storica, la gente si identifica in lei e nel sindaco, e quindi un accorpamento porterebbe sì a far risparmiare dei soldi, ma anche a togliere rappresentanza, soprattutto nei territori marginali, e a perdere il confronto con i cittadini e la cosa pubblica. L’Unione dei Comuni, in un’ottica di solidarietà, garantisce un’alternativa ottima al Comune unico.