A Sansepolcro ha giocato “soltanto” tre anni, ma ha comunque lasciato un ricordo indelebile tra gli sportivi biturgensi onorando la maglia e contribuendo con il suo talento ai prestigiosi risultati ottenuti dalla squadra bianconera in quelle memorabili stagioni. Filippo Renzoni, conosciuto da tutti semplicemente come Pippo, è nato a Fano e nella prima parte della sua carriera vanta una lunga esperienza nei campionati di Serie C1 e C2, passati fianco a fianco con giocatori e tecnici che poi sono arrivati ai massimi livelli del calcio italiano: in campo ad esempio Hubner e Zauli, in panchina Ciaschini e Guidolin. Renzoni era un esterno offensivo dotato di tecnica, velocità e capace di saltare l’uomo. Con il Sansepolcro in Serie D sfiorò la promozione nel 1995-1996, nella squadra guidata da mister Trillini e formata da tanti giocatori di spessore, stagione “passata alla storia” per i 14 punti di penalizzazione conseguenti al “caso Guidotti”. La sua storia calcistica, caratterizzata da oltre 300 presenze in Serie C e da più di 150 in Serie D, oggi su TeverePost.
Come è iniziata la tua avventura calcistica?
Nel settore giovanile dell’Olympia Cuccurano, una piccola società vicina a casa in cui cominciai a giocare tra i pulcini. A 13 anni passai nel Fano e nel 1985, ad appena 17 anni, quando ero ancora negli allievi, debuttai in prima squadra in Serie C1. Andavo ancora a scuola e ricordo l’esordio come se fosse ieri. Giocavamo in casa contro il Padova e perdevamo 1-0. Mister Ciaschini, che negli anni successivi è stato il secondo di Ancelotti, mi disse di iniziare il riscaldamento con altri compagni. Non pensavo di entrare, invece il massaggiatore mi chiamò e mi disse che sarebbe toccato a me. Mi “prese un colpo”, ma per fortuna quando entrai in campo tutto passò e pensai solo a fare del mio meglio. Pareggiammo 1-1 con un gran gol da fuori area di Bergamo e io ero al settimo cielo. Mi sentivo protagonista e pensavo che quella rimonta fosse merito mio. Nei primi due anni giocai poco, poi dal 1987-1988 diventai titolare in pianta stabile. Con la maglia del Fano disputai 8 stagioni, 5 in C1 e 3 in C2. Tanti i ricordi e le soddisfazioni. In quegli anni ebbi la fortuna di giocare assieme a tanti calciatori forti e di essere allenato da tecnici formidabili.
Ci fai qualche esempio, partendo dai compagni più forti con cui giocavi al Fano?
Baldini, Francesco Conti, Cornacchini, Lamberto Zauli che tecnicamente era un fuoriclasse e Dario Hubner, bomber straordinario che nella sua carriera vinse tra l’altro il titolo di capocannoniere in Serie C, Serie B e poi anche in Serie A.
Ci racconti qualcosa di Hubner?
Era un bravissimo ragazzo, un po’ introverso negli anni di Fano, ma eccezionale dentro il campo per potenza e capacità di andare a segno. Un professionista serio ed esemplare che infatti arrivò poi ai massimi livelli del calcio italiano. Tecnicamente ne ho visti di più forti, ma nel corso degli anni migliorò anche questo aspetto, grazie alla sua applicazione. Aveva una fisicità straordinaria e quando calciava sentivi il pallone viaggiare a tutta. Professionista vero che faceva vita da atleta e anche se fumava qualche sigaretta, come lui stesso poi ammise in futuro, la smaltiva subito probabilmente. Se devo esser sincero non mi aspettavo che diventasse capocannoniere in Serie A, ma ero sicuro che avrebbe fatto una grande carriera.
Tra gli allenatori?
Giorgio Ciaschini che come ti dicevo è stato poi tra l’altro secondo di Ancelotti, Salvatore “Ciccio” Esposito e soprattutto Francesco Guidolin che ci guidò nella stagione 1990-1991. Era molto preparato a livello tattico, aveva idee chiarissime e dette subito un’impronta evidente alla squadra. Arrivò in punta di piedi, ma si vide che era un innovatore e che aveva qualità. Nella prima partitella di allenamento ci fermava a ogni cosa che non andava per indicarci i movimenti giusti e per farci comprendere il “suo calcio”. Eravamo al primo anno di C1 e in quel campionato ci piazzammo al 5° posto vincendo tante gare importanti come quella di esordio, con il Mantova. Davanti a noi in classifica arrivarono solo Piacenza, Venezia, Como, Empoli, realtà blasonate del nostro calcio. Guidolin aveva qualcosa in più di molti suoi colleghi come poi dimostrato negli anni ed era già fissato con il ciclismo. Aveva grande passione per la bici ed era tifosissimo dell’indimenticato Fignon.
Tra i gol che hai segnato con la maglia del Fano ce n’è uno a cui sei particolarmente legato?
Proprio nella stagione 1990-1991 in casa contro il Vicenza, compagine molto forte, in una gara vinta da noi per 3-1. Io segnai il gol dell’1-0, poi Dario Hubner e Alessandro Carta fissarono il punteggio. Recuperammo palla a centrocampo, fui servito sulla corsa e mi involai verso la loro porta partendo dalla fascia destra. Ero in una posizione defilata e invece di calciare in diagonale trafissi il portiere al primo palo. Una bella rete!
La promozione dalla C2 alla C1 nella stagione 1989-1990 è stata la gioia più grande vissuta con il Fano?
Fu una grandissima soddisfazione, vissuta da me con ancora maggior emozione dato che fu conquistata con la squadra della mia città. In panchina c’era mister Esposito, arrivato dopo avere vinto il Torneo di Viareggio con la primavera della Fiorentina, che conosceva la realtà avendo vestito la maglia del Fano nel corso della sua carriera da calciatore. La squadra era giovane con alcuni giocatori esperti e l’obiettivo era disputare un buon campionato, ma senza l’assillo di centrare il successo. Invece partimmo bene e alla fine riuscimmo ad imporci davanti al Baracca Lugo allenato da Zaccheroni. La retrocessione maturata a fine 1991-1992 fu una grande delusione invece. Lottammo fino all’ultima giornata, ma purtroppo andò male.
Altri momenti intensi di quegli anni?
I raduni con la Nazionale Under 21 di Serie C assieme a tanti giocatori straordinari come ad esempio Signori, Casiraghi, Pizzi, Simone e Ravanelli che era l’unico di quel gruppo a militare in C2, con il Perugia. Solo stages e niente partite, ma una grande esperienza per noi che eravamo considerati i migliori talenti nati nel 1968 e nel 1969 dell’intera Serie C.
Dopo gli 8 anni di Fano e prima di arrivare a Sansepolcro come si sviluppò la tua carriera?
Nel 1993-1994 mi chiamò la Ternana. Dovevamo fare la Serie C, invece la società fallì e ci trovammo in Serie D. Avevamo ambizioni, giocavamo bene ed eravamo forti, ma sulla nostra strada trovammo il Teramo, team solido che alla fine vinse il campionato. A fine stagione passai alla Vis Pesaro. Mi stimolava tornare in C e mi potevo avvicinare a casa, anche se in tanti mi sconsigliarono dati i miei trascorsi al Fano e data la rivalità tra le due compagini sotto il profilo calcistico. Invece fu una scelta giusta. Disputammo un bel campionato e la soddisfazione per me fu ancora più grande!
Arriviamo così alla stagione 1995-1996, la tua prima con il Sansepolcro. Cosa ti portò in bianconero?
Dovevo restare alla Vis Pesaro, ma nell’ultimo giorno di mercato lo scambio fatto dalla società con l’Ancona portò in rosa un giocatore nel mio stesso ruolo, così mi ritrovai fuori dal progetto. Fu per me una delusione e rimasi fermo due mesi. Poi mi chiamò Francesco Cucchi che era già a Sansepolcro e mi parlò di una realtà strutturata e ambiziosa. Non conoscevo personalmente mister Trillini, ma avevo sentito parlare di lui e nei colloqui con i dirigenti rimasi positivamente colpito. Così accettai e a novembre iniziai questa avventura, a “caso Guidotti” già accaduto quindi. Trovai una squadra molto forte, ma soprattutto un gruppo compatto, un ambiente appassionato e una bellissima città. Mi sentivo a casa e il mio inserimento fu immediato. Dividevo la casa con il mister e ci trovavamo spesso con i compagni anche fuori dal campo.
Ripensando a quella famosa stagione del 1995-1996 prevale l’amarezza per i 14 punti di penalizzazione che vi impedirono di raggiungere la promozione o la soddisfazione per quanto fatto?
Entrambe. Quel gruppo era fantastico e per quanto dimostrato sul campo avrebbe meritato a mio avviso di salire in C. Ce lo meritavamo tutti: il presidente Conti, i dirigenti, lo staff, noi giocatori ed i nostri tifosi che ci seguivano con grande passione in casa e fuori. Giocavamo bene e in rosa c’erano uomini veri e calciatori forti che infatti proprio da quel Sansepolcro “spiccarono il volo” negli anni seguenti. Resta una formidabile annata e la ricordo con gioia, ma resta pure l’amarezza per quella penalizzazione. Io arrivai dopo e sentivo la voglia che aveva la squadra di riscattare quella decisione. Nell’ultima di campionato tra le mura amiche con l’Arezzo, che come sappiamo vinse il campionato, volevamo centrare un risultato utile per dimostrare che senza la sanzione saremmo potuti arrivare al 1° posto. Facemmo 0-0 e chiudemmo con 60 punti, contro i 72 dell’Arezzo. Sommando quanto ottenuto ai 14 punti di penalizzazione saremmo stati in testa. Certo non contava nulla e fare una somma matematica non aveva senso, ma fu per noi importante. Quella squadra con un paio di ritocchi avrebbe ben figurato anche tra i professionisti e avrebbe potuto aprire un ciclo, vista la qualità della rosa e la bravura del mister. L’anno seguente cambiarono alcuni interpreti, ma disputammo comunque una stagione di vertice. Al Sansepolcro tornai assieme a Trillini nel 1998-1999, dopo le parentesi vissute con Sangiovannese e Città di Castello, e anche quella fu una buona stagione.
A livello personale quali sono i tuoi ricordi più belli a Sansepolcro?
Ce ne sono molti, sia sotto il profilo umano che calcistico. Mi sono sentito ben voluto e ho avuto un ottimo rapporto con tutti. Ancora oggi sono in contatto con alcuni dei miei ex compagni in maglia bianconera: per esempio Tarini e Cucchi, ma anche mister Trillini, Giulio Franceschini e Giorgio Lacrimini che è diventato da quest’anno presidente. Mi aveva contattato la scorsa estate dicendomi che aveva in programma nell’anno del centenario della società di organizzare una partita al Buitoni con tutti noi di quella squadra. Purtroppo a causa della pandemia al momento è saltato tutto, ma mi auguro che si possa fare presto. Ritrovarci insieme dopo così tanto tempo sarebbe bellissimo. Io intanto ho comprato le scarpette nuove!
A livello calcistico invece quali i momenti più emozionanti?
La stagione 1995-1996 fu entusiasmante in ogni partita, ma se devo scegliere un momento direi il successo in trasferta nel derby con la Sangiovannese. Vincemmo 1-0 grazie a un mio assist sfornato al termine di una bella iniziativa personale in fascia. Indimenticabile anche il gol che segnai nella mia terza stagione in maglia bianconera in trasferta contro la Colligiana. Scattai palla al piede da centrocampo, superai in dribbling 3-4 giocatori avversari, poi saltai anche il portiere e prima che un difensore rientrasse appoggiai la sfera in rete di piatto. Un gran gol, uno dei più belli tra quelli, non moltissimi a dir la verità, che ho segnato in carriera.
Ci racconti la tua carriera dopo le annate al Sansepolcro?
Mi avvicinai a casa, passando prima al Bellaria Igea Marina e poi al Riccione, sempre in Serie D, poi dovevo tornare al Fano e invece saltò tutto, così conclusi la mia avventura in campo nella squadra del mio paese, il Cicogna Bellocchi in Promozione. Appese le scarpette al chiodo iniziai ad allenare prima tra i giovani, nella juniores del Marchionni, poi per 3 anni la prima squadra dell’Olimpia Cuccurano, stessa società nella quale avevo iniziato tanti anni prima a giocare. Vincemmo subito il campionato di Seconda Categoria e rimasi alla guida del team nelle stagioni successive in Prima, ma poi decisi di smettere perché non volevo più togliere tempo al lavoro e soprattutto alla famiglia.
Cosa fa oggi Pippo Renzoni?
Lavoro come responsabile in magazzino di una ditta che produce quadri elettrici, sono sposato dal 2003 con Stefania e abbiamo una figlia Sofia che pochi giorni fa ha compiuto 17 anni. Le mie ultime apparizioni su un campo da calcio sono state le partite assieme alle vecchie glorie del Fano, in cui tenevamo botta rispetto a giocatori più giovani, ma da 4-5 anni non gioco più. Faccio sempre sport anche se ho cambiato disciplina, visto che mi piace giocare a tennis e andare in bici con amici. Da giovane praticavo calcio e ciclismo, prima di scegliere definitivamente il pallone, ma la bici è sempre stata una mia passione.
Come valuti la tua carriera?
Ero un esterno di talento, capace di superare l’uomo, cosa non sempre facile da trovare. Alcuni dicono che, viste le mie potenzialità e dato che ero uno dei giovani più interessanti del mio tempo, potevo fare di più e arrivare magari a giocare in Serie B. Non so dire se è così, ma credo che alla fine la carriera rispecchi quello che meritavo. Ho sempre dato il massimo, ho vissuto tanti momenti belli e non ho rimpianti. Nel calcio così come nella vita. Anzi vorrei in questa occasione ringraziare e abbracciare tutti coloro che ho incontrato nel mio cammino calcistico, a partire dagli amici di Sansepolcro!