Francesco Valori, già assessore alla cultura del Comune di Sansepolcro nei primi anni duemila, per lavoro si occupa da 20 anni di fornitura di articoli professionali e di servizi a parrucchieri ed estetisti. Ha scelto le pagine di TeverePost per lanciare una denuncia sulle problematiche del settore. Nella prima parte dell’intervista, che pubblichiamo oggi, ci soffermiamo sugli aspetti economici. La seconda parte conterrà una disamina della diffusione dell’esercizio abusivo e il tentativo di delineare alcune misure per ridimensionare le ripercussioni negative che attendono il mondo dei parrucchieri e dei centri estetici.
In quale situazione si trovano gli operatori di questo settore?
“Premettiamo che il settore in Italia occupa 350mila persone su 21 milioni di occupati totali. Le piccole e medie imprese del settore sono il 2,2% del totale, cioè una bella fetta, e producono in Italia 11 miliardi di euro. In termini assoluti, su oltre 1.700 miliardi di PIL, non si tratta di un numero incredibile. È un settore che, per quanto appaia ricco, in realtà è molto povero. Basta pensare al fatto che in Italia ci siano 92mila parrucchieri, in Francia 58mila e in Inghilterra 34mila per capire che sono stati fatti errori molto profondi nel corso del tempo, a partire dalla liberalizzazione delle licenze di 20 anni fa”.
“Da fonti ufficiali Fipe il 72% di queste imprese ha uno o due addetti. Pagano circa 500-800 euro al mese di affitto. In una situazione come questa la perdita di tre mesi di fatturato rappresenta un problema grave. Hanno introiti molto bassi, 6000-6500 euro al mese. Se gli togli il fatturato di tre mesi, con l’affitto e le utenze, nei prossimi mesi un’azienda che era già al limite chiude, perché non ha la possibilità di fare fronte alle spese dei mesi passati. Spalmando in quattro, cinque o sei mesi le spese accumulate non avrà mai la possibilità di rientrare. Aggiungiamo il fatto che c’è sommerso, di conseguenza quando oggi un operatore si trova a chiedere un prestito, i famosi 25mila euro, la banca non glieli dà perché non ha un reddito sufficiente ad assicurare di poter essere solvente. La grande maggioranza delle aziende del settore non può avere accesso ai 25mila euro, anche perché nessuno ha mai spiegato a queste persone come si fa impresa. È la cronaca di una morte annunciata, perché si sapeva che questo era già un settore in crisi. E non è colpa del Governo o del Covid.”
Chi poteva intervenire?
“Coloro che hanno la possibilità di parlare a queste persone. A mio modo di vedere ci sono responsabilità dei commercialisti, delle associazioni di categoria, delle aziende di cosmesi. A partire dal sistema della formazione di base: ai parrucchieri si insegna a tagliare i capelli, gli si fa un esame nel quale gli si fanno montare i bigodini, ma non gli si spiega che un’azienda è fatta di entrate e uscite. Io fornisco un numero sufficiente di persone da poter essere già un campione, e la maggioranza di queste aziende era già indietro col fisco. Posso assicurare che almeno il 50% in queste condizioni chiude. Si può dire: torneranno a lavorare. Ma in che modo? Ci sono imprese costruite per lavorare con il 25-30% di nero. Con la lotteria degli scontrini che parte il 31 luglio, la deducibilità diretta delle spese, la scomparsa del contante, questa somma non ci sarà più. Naturalmente è un bene che sparisca il nero, ma nessuno ha accompagnato le imprese verso questa nuova situazione, quindi c’è una perdita del loro valore finanziario: il 25% va via con l’Iva, il 2% per i pagamenti elettronici, più le spese per il Covid come sanificazioni, pannelli, igienizzanti, mascherine, che significano altri 5 euro per cliente. Sono convinto che assisteremo alla scomparsa di un patrimonio di 45-50mila imprese solo in questo settore nei prossimi sei mesi, perché nessuno gli ha mai fatto capire che ci sono degli equilibri che devi mantenere. Per esempio in questi giorni molte imprese sono state costrette a svendere i servizi tramite coupon per creare liquidità per la riapertura, perché non riuscivano a pagare l’affitto, la luce, a pensare a come andare avanti. Ora quando riapriranno dovranno fornire servizi senza riscuotere soldi”.
“Quello dell’estetica e della parrucchieria è un settore che entrerà necessariamente in una crisi terribile. Ma mentre in altri settori trovo che questa situazione pazzesca sia colpa essenzialmente del problema sanitario, nel settore dell’estetica e della parrucchieria a mio modo di vedere ci sono delle responsabilità. Tra queste ci sono anche quelle del legislatore, che non si è mai preoccupato di un settore che, come detto, rappresenta il 2,2% delle piccole e medie imprese. Ci sono le responsabilità di Bersani, che 20 anni fa con la liberalizzazione delle licenze non si è reso conto che non avrebbe sicuramente prodotto effetti positivi sul mercato. Ancora, nel 1998 il 7% del mercato della cosmesi era in mano ai parrucchieri, poi c’è stato il raddoppio dei numeri e nel 2018 la percentuale è scesa al 6%. Il parrucchiere ha fatto pubblicità alle aziende produttrici, le ha di fatto rese grandi, e al primo momento possibile queste sono andate a vendere sulle grandi piattaforme online. Poi naturalmente c’è anche la responsabilità di chi si fa fare i capelli a casa”.
Continua nella seconda parte:
Parrucchieri e centri estetici, “cronaca di una morte annunciata” – Seconda parte