Mentre i casi di coronavirus a livello nazionale sono in aumento, il Governo è al lavoro per predisporre nuove misure di contenimento della pandemia. Un nuovo Decreto del presidente del Consiglio dei ministri (Dpcm) potrebbe arrivare già la prossima settimana o al più tardi il 9 novembre, data che ricorre frequentemente nelle analisi della stampa. Allo studio varianti più o meno dure di un nuovo lockdown. La partita si gioca in maniera particolare sulla decisione di mantenere o meno aperte le scuole, ma tra i temi che toccano il nostro territorio in maniera più specifica rispetto ad altri torna d’attualità la questione della chiusura dei confini tra le Regioni. Questo scenario, che viene descritto come molto probabile, riporta al centro dell’attenzione il dibattito che interessò la Valtiberina nella fase di allentamento del primo lockdown, quello primaverile. Dopo mesi di spostamenti permessi solo per motivi di lavoro o di urgenza vennero introdotte nuove possibilità di movimento che però non consentivano di oltrepassare le frontiere regionali. Questo portò dapprima alla mobilitazione di alcuni sindaci del territorio e poi a ordinanze delle Regioni che permettevano di spostarsi tra singoli Comuni confinanti. Nonostante ciò, l’effettiva possibilità di spostamento fu frenata da una serie di ritardi burocratici, con relative lamentele di chi voleva tornare ad incontrare i propri cari residenti magari a pochissimi chilometri ma in una Regione differente. Alla fine, il via libera tra Comuni limitrofi arrivò di fatto a pochissimi giorni dalla liberalizzazione degli spostamenti per tutti. Oggi il problema si pone in una fase diversa: non durante la progressiva apertura dei blocchi ma, viceversa, in un periodo in cui si cerca di fronteggiare con interventi graduali la cosiddetta seconda ondata di diffusione del virus. Una fase accompagnata quindi da maggiori preoccupazioni rispetto alla rinnovata speranza di maggio, ma al tempo stesso dalla convinzione che l’esperienza già vissuta potrà permettere di evitare di incappare negli intoppi, almeno in quelli di carattere meramente burocratico, già vissuti nei mesi scorsi.
Pur in assenza di divieti, è comunque fin d’ora “fortemente raccomandato a tutte le persone fisiche di non spostarsi, con mezzi di trasporto pubblici o privati, salvo che per esigenze lavorative, di studio, per motivi di salute, per situazioni di necessità o per svolgere attività o usufruire di servizi non sospesi”, come recita il Dpcm del 24 ottobre scorso. È inoltre in evoluzione il quadro degli interventi restrittivi delle Regioni in termini di coprifuoco, che per il momento non interessano la Toscana e le aree ad essa confinanti. Misure in questo senso sono state infatti adottate in Lazio, Lombardia, Campania, Sicilia, Calabria, Piemonte e provincia autonoma di Bolzano. Le decisioni da assumere tengono conto degli scenari descritti dall’Istituto superiore di sanità, che si basano sul calcolo del tasso di trasmissibilità del virus Rt. Attualmente il dato medio si colloca tra 1,25 e 1,5, cioè all’interno dello scenario 3. È però ormai alle porte il temuto scenario 4, che l’Iss descrive come una “situazione di trasmissibilità non controllata con criticità nella tenuta del sistema sanitario nel breve periodo, con valori di Rt regionali sistematicamente e significativamente maggiori di 1,5. Anche se una epidemia con queste caratteristiche porterebbe a misure di mitigazione e contenimento più aggressive nei territori interessati, uno scenario di questo tipo potrebbe portare rapidamente a una numerosità di casi elevata e chiari segnali di sovraccarico dei servizi assistenziali, senza la possibilità di tracciare l’origine dei nuovi casi. La crescita del numero di casi potrebbe comportare un sovraccarico dei servizi assistenziali entro 1-1,5 mesi, a meno che l’epidemia non si diffonda prevalentemente tra le classi di età più giovani, come osservato nel periodo luglio-agosto 2020, e si riuscisse a proteggere le categorie più fragili (es. gli anziani)”.