«La musica aiuta a non sentire dentro il silenzio che c’è fuori». Oggi, a più di tre secoli di distanza, le parole di J. S. Bach divengono tanto più vere se rapportate al silenzio quasi assordante che siamo stati costretti ad ascoltare durante quei lunghi e difficili giorni di lockdown totale, da poco terminati, ma ben impressi nelle nostre memorie. Il ricordo indelebile del rumore di un traffico assente, dei parchi senza le urla giocose dei bambini e delle tazzine da caffè che si scontrano coi piattini sopra i tavoli dei bar: tutto nelle città sembra essere stato ricoperto da uno strato di isolante sonoro. In casa la musica non è mai mancata, fosse nelle cuffie o in tv oppure in quei flash mob cantati dal terrazzo che aiutavano a spezzare un po’ la monotonia. Eppure speravamo che, con la fine della quarantena, anche la musica dal vivo sarebbe tornata a inondare le strade e le piazze e i locali, rallegrando le vite provate da quei giorni solitari, ma il terribile virus è purtroppo ancora tra di noi, che non possiamo permetterci di abbassare la guardia e permettergli di entrare ancora a sconvolgere già precari equilibri.
Dopo l’annuncio dell’annullamento di Umbria Jazz, infatti, arriva anche quello della sedicesima edizione del Men/Go Music Fest, tra i festival musicali più grandi e importanti del centro Italia (ma non solo!), specialmente per la popolazione valtiberina che si trova nel bel mezzo dell’asse Arezzo-Perugia, a cui bastava percorrere una distanza davvero breve per avere la possibilità di partecipare a concerti di alto, altissimo valore: intere giornate all’insegna della socialità, dell’incontro collettivo, dei piaceri condivisi che derivano dall’ascoltare la musica live, tanto sotto il palco quanto passeggiando in lontananza. Eppure, non tutto è perduto.
«Non si potrà tenere il Festival nella forma in cui è stato l’anno scorso, anzi negli ultimi anni, per via degli assembramenti e tutto il resto», afferma Paco Mengozzi, storico organizzatore del Men/Go, «però, avendo il decreto un po’ aperto agli eventi, anche se non sarà possibile un’edizione normale stiamo provando a fare qualcosa per l’estate ad Arezzo in base alle indicazioni sulla capienza. Sono altre iniziative, ma è importante farle per non lasciare solo il pubblico: l’appuntamento con il festival normale è al 2021, ma vogliamo dare un segnale di non abbandonare il campo e non demordere. Fare anche quattro-cinque iniziative durante l’estate con musicisti e ospiti anche importanti può essere un bel segnale. Il pubblico dovrà stare a sedere, dovrà essere distante, insomma ci deve essere quel tipo di attenzione, però qualcosa succede: stiamo lavorando per questo. Come per gli altri eventi come Pistoia Blues, Lucca Summer Festival, Rock in Roma, non è possibile, per un discorso di fruizione, far vedere a quel tipo di pubblico lì i concerti previsti in un’altra forma che non sia quella normale! Quindi tutti hanno spostato gli eventi al prossimo anno. Avendo la caratteristica di avere ingresso gratuito», prosegue Paco, «abbiamo aspettato più possibile qualche novità, non avendo biglietti da rimborsare eccetera, ma siamo arrivati a fine maggio e le indicazioni sono ormai chiare: questa estate sarà così e non sarà il caso di fare eventi con tante persone perché siamo sempre a rischio, e comunque, anche fosse possibile, non ha senso mettere in pericolo le persone. Il festival vero e proprio con il cast previsto, che era quest’anno fortissimo e importante, non sarà possibile, ma nel frattempo proveremo a fare qualcosa per la città che sia un segnale dell’essere presenti. Abbiamo la disponibilità del Comune, della Fondazione Arezzo Intour per il turismo e della Fondazione Guido d’Arezzo per la cultura: è una cosa in evoluzione, ci sono cambiamenti giorno per giorno e tante cose da capire, ma dal 15 giugno sicuramente cambierà qualcosa e allora proveremo a fare qualcosa per la città. Il festival lascia un vuoto, si sa», conclude Mengozzi, «ma non è possibile far diversamente neanche a volerlo, quindi è bene essere responsabili e attenti a tutto e magari a luglio qualcosa di bello ci sarà. Magari i concerti saranno a sedere e distanziati, con mascherine a disposizione e altre precauzioni per la sicurezza, ma è tutto legato ad uscirne il prima possibile, ché se riparte è peggio: usciamone per bene e nel 2021 saremo ancora più pronti a fare cose ancora più belle».
Un messaggio di speranza dunque è quello che ci arriva da Mengozzi, un invito a riuscire ad essere forti e saper aspettare al fine di ottenere una prospettiva futura migliore, nonostante una comprensibile dose di tristezza ed un pizzico di delusione e impotenza di fronte ad una situazione tanto imprevista e sconosciuta siano innegabili. Quella delusione che prova l’organizzatore nel non poter generare e gestire spazi creativi è la stessa che prova il pubblico nel non poterne fruire, ma anche quella del musicista e del tecnico che lavorano quotidianamente per la creazione, che si sono visti bloccare l’espressione artistica degli sforzi fisici e intellettuali ripagati dalle emozioni dell’esibizione. Così afferma Nicola Mancini, biturgense, tecnico e musicista che ha calcato il palco del Men/Go nell’edizione del 2019: «La musica è cultura, i concerti sono un meraviglioso momento di aggregazione, andare sotto un palco e cantare a squarciagola la canzone che amate di più assieme a altre migliaia di persone a parer mio è un’emozione unica ed emotivamente insostituibile. L’anno scorso abbiamo avuto la grande fortuna assieme al nostro progetto musicale Allume di calcare l’immenso palco del Men/Go: ci siamo divertiti, atmosfera magica e ricca di facce amiche, partendo dai tecnici, arrivando a tutto lo staff organizzativo (che ci tengo ancora a ringraziare per l’ospitalità e l’opportunità che ci sono state date). Purtroppo come ho appreso dalla stampa quest’anno il Men/go non verrà fatto. Sicuramente questo è un grandissimo dispiacere data la portata dell’evento in questione. Da musicista ma anche da tecnico che lavora in questo tipo di manifestazioni o simili mi rendo conto che per la città di Arezzo, per tutta la provincia e non solo, quest’estate verrà penalizzata e speriamo anche presto dimenticata. Tutti i musicisti purtroppo sono chiamati a fare un grandissimo sacrificio collettivo data la situazione, un sacrificio che non è quantificabile solo nelle opportunità di lavoro ormai perdute, ma anche nella possibilità di partecipare a situazioni meravigliose che portano un po’ di aria fresca durante la torrida estate. Purtroppo immagino che sarà un’estate molto lunga e calda per tutto il panorama musicale e artistico in generale, ma non si può fare altrimenti, perlomeno per adesso».
Attendere il ritorno della normalità, di una gestione e fruizione della musica live per come eravamo abituati, è dunque ciò che possiamo fare, insieme ad un fiero sostenere le iniziative che ci verranno proposte, coscienti del fatto che il fine ultimo è proprio il poter riprendere da dove avevamo lasciato, rafforzati dalla mancanza e desiderosi di tornare a riempire i silenzi con la musica.