Nicosia: l’ultima capitale divisa da un muro

Una ferita lunga 180 chilometri continua a correre tra le due parti dell’isola di Cipro. Storia di una separazione per la quale quasi nessuno fa nulla

Il muro che divide Nicosia

Grecia e Turchia fanno entrambe parte della Nato e nessuno dei due stati apparteneva alla sfera del mondo comunista. Proprio questi due messaggi rassicuranti sono il principale problema della Repubblica di Cipro, divisa in due dall’invasione turca del 1974. Nella speciale classifica delle capitali divise, Nicosia ha già superato come numero di anni la più nota divisione di Berlino. Se confrontiamo la lunghezza della vita dei rispettivi muri quello di Berlino si ferma a ventotto anni, mentre quello che separa la capitale cipriota è in piedi dal 1974 e si avvia a doppiare in durata quello nel cuore della Germania.

La difficile indipendenza dell’isola di Cipro

All’inizio del XX secolo Cipro era parte dell’Impero Britannico dopo essere stata a lungo possedimento ottomano. Era popolata in prevalenza da greci, ma anche da una vasta minoranza turca e da una piccola minoranza maronita. Non mancavano gli inglesi, sia civili che militari. L’isola ebbe un ruolo importante sia durante il primo conflitto mondiale che nel secondo. Nel dopoguerra le tensioni fra le popolazioni di Cipro e la Gran Bretagna salirono sfociando anche in azioni terroristiche. La parte di popolazione greco-cipriota vedeva l’eventuale indipendenza come una tappa transitoria verso una possibile unificazione con la Grecia. I turchi, essendo stata Cipro parte dell’Impero Ottomano, ritenevano che ad un disimpegno britannico dovesse subentrare il loro stato. Londra era pronta ad andarsene ma voleva conservare l’utilizzo di alcune basi strategiche all’interno dell’isola. Il Trattato di Zurigo, discusso e firmato a cavallo tra il 1959 e il 1960, mise intorno ad un tavolo Gran Bretagna, Grecia e Turchia, che stabilirono le regole per l’indipendenza dell’isola mediterranea. Fu previsto che la comunità turca avesse diritto ad esprimere il vicepresidente con diritto di veto e che il 30% dei seggi parlamentari, più dell’effettiva percentuale di popolazione, spettasse ai turcofoni. Con queste premesse il 16 agosto del 1960 Cipro divenne uno stato indipendente e alla Gran Bretagna rimase la sovranità nelle aree attorno a due basi militari che perdura fino al giorno d’oggi.

Makarios III

Tra le particolarità che la storia di Cipro ha avuto c’è sicuramente la fondamentale controversa figura dell’arcivescovo ortodosso Makarios III, che è stato il primo presidente dell’isola una volta indipendente. Inizialmente schierato con coloro che sognavano una Cipro politicamente unita alla Grecia ha poi assunto un ruolo in linea con l’accordo di Zurigo. Nello stesso periodo, grazie alle sue politiche equidistanti dallo scenario della Guerra fredda, assunse un ruolo di forte prestigio anche tra i paesi non allineati. Dopo soli tre anni di indipendenza ci fu il primo grande screzio con la minoranza turca, dato che Makarios e i greco-ciprioti manifestarono l’intenzione di effettuare modifiche alla costituzione per ovviare ai veti incrociati tra le due comunità che bloccavano spesso qualsiasi processo legislativo. Alla proposta seguirono le dimissioni di tutta la rappresentanza istituzionale turca e nella settimana di Natale del 1963 scoppiò un mini guerra civile. Considerando che la presenza delle due etnie era diffusa in tutte le città e i villaggi dell’isola, dovettero intervenire gli eserciti britannico, greco e turco in modo congiunto per ristabilire l’ordine. Successivamente una missione di pace Onu si stabilì a Cipro e per un poco la situazione si raffreddò. L’atteggiamento prudente di Makarios, che ne frattempo veniva rieletto a larga maggioranza, non piaceva agli estremisti filogreci che ebbero un forte supporto dal nuovo governo golpista ad Atene. Sotto la spinta dei Colonnelli greci venne favorita una strategia della tensione nell’isola. Attentati, persecuzioni contro la minoranza turca, creazione di giornali e movimenti d’opinione per mettere in crisi il governo di Makarios. Quest’ultimo reagì con qualche rimpasto ma si oppose fermamente ai tentativi di portare Cipro sotto il controllo di Atene. Infine, nell’estate del 1974 la parte maggioritaria dell’esercito cipriota filogreca passò all’azione organizzando un colpo di stato per destituire Makarios. Il presidente, dato per morto, riuscì a sopravvivere salendo in un taxi come un comune cittadino per poi scappare in una delle basi inglesi da dove riuscì a raggiungere la Gran Bretagna. I golpisti insediarono allora un proprio presidente al posto dell’arcivescovo.

Caravanserraglio nella parte turca

L’invasione del 1974

La reazione della Turchia fu immediata e sottovalutata. Dopo quattro giorni l’esercito di Ankara sbarcò a nord di Nicosia riuscendo a creare un corridoio tra il mare e la capitale in soli tre giorni di combattimenti. Veniva occupato circa il 3% di territorio cipriota, ma di fatto la Turchia era dentro al cuore di Cipro controllando i quartieri storicamente a maggioranza musulmana di Nicosia. Lo shock dell’invasione fu tale che in Grecia, davanti alla prospettiva di una guerra aperta contro la Turchia, cadde il regime militare. Il giorno successivo caddero anche i golpisti ciprioti, anche se Makarios tornò a Nicosia solamente più tardi, riassumendo il ruolo di presidente. In questo contesto di debolezza sia delle istituzioni greche che cipriote furono avviate trattative di pace nelle quali i turchi chiedevano di trasformare Cipro in un repubblica federale e favorire lo scambio di popolazione in modo di far nascere una Cipro greca ed una turca. Davanti all’esitazione delle autorità greco-cipriote la Turchia riprese i combattimenti e travolgendo i greci arrivò ad occupare mezza Nicosia e poco meno del 40% dell’isola, instaurando una situazione di fatto in vigore ancora oggi. Centinaia di migliaia di greci si trovarono nella parte nord dell’isola occupata dai turchi e stessa cosa, in proporzione minore, accadde ai turchi rimasti nella zona meridionale. Con metodi non sempre eleganti furono fatte pressioni per trasferire le famiglie turche al nord e quelle greche al sud creando profughi e lasciando disabitate case. Un migliaio di persone di entrambe le etnie scomparirono e nel corso degli anni sono saltate fuori fosse comuni con dentro ossa appartenenti a vittime della reciproca pulizia etnica.

Bunker greco-cipriota

La Linea verde e il Muro di Nicosia

Prende il nome dal colore del pennarello usato in una mappa dell’isola da parte di un ufficiale britannico incaricato di definire la linea del fronte al momento della cessazione delle ostilità. La Linea verde tuttora oggi divide in due l’isola. Tra la parte greca e quella turca c’è una zona disabitata controllata dalle Nazione Unite. Anche lo storico aeroporto di Nicosia fa parte di questa area. La linea di separazione all’interno della capitale ha un aspetto spettrale. Muri, bidoni, filo spinato, sacchi di sabbia separano fisicamente la parte di capitale greca da quella sotto controllo turco. La zona cuscinetto è fatta di case inabitate, manufatti semidistrutti, giardini abbandonati con vegetazione ormai molto rigogliosa. Dal 1983 la parte settentrionale dell’isola si è proclamata Repubblica turca di Cipro del Nord, non riconosciuta internazionalmente da nessuna nazione se non dalla Turchia. Ha una propria bandiera, proprie istituzioni, usa la moneta e il sistema telefonico turco e ha attivato un unione doganale con la Turchia.

Sacchi di sabbia a dividere Nicosia

Nel corso degli anni alcune delle case abbandonate dai ciprioti di origine greca sarebbero state occupate da coloni arrivati dalla Turchia per popolare ed incrementare il proprio gruppo etnico. Particolare attenzione hanno avuto le aree di Varosia, un quartiere di Famagosta, popolare meta turistica rimasta nel settore nord, che oggi appare come una città morta circondata dal filo spinato ed inaccessibile dal 1974. La Linea verde è stata impossibile da attraversare dal 1974 al 2003, quando il prevalere di politiche distensive ha favorito l’apertura di passaggi di confine. Cipro considera non possibile entrare nell’isola dall’estero verso la parte turca, ma consente il passaggio dal proprio territorio a quello occupato dalla Turchia. Dal 2008 è possibile passare da una parte all’altra di Nicosia dopo l’apertura di un check point nel cuore della capitale in Ledra Street. La facoltà di viaggiare nelle due aree ha permesso alla popolazione di tornare a vedere i propri luoghi di origine. In alcuni casi è avvenuto uno scambio naturale di abitazioni tra cittadini del nord e del sud, in altri casi le vecchie case sono risultate abbandonate. Proprio la gestione di case e terreni di proprietà privata rimaste nell’altra metà dell’isola è uno degli aspetti più complessi da regolare in vista di un’eventuale riunificazione.

Auto abbandonate nella zona cuscinetto

L’ingresso nell’Unione Europea e le trattative di pace

Un altro elemento che ha alterato lo status quo è stato l’ingresso della Cipro internazionalmente riconosciuta all’interno dell’Unione Europea nel maggio 2004. Prima di quella data furono avviate serie trattative sotto l’egida dell’Onu e della stessa UE. La volontà di trovare un compromesso che portasse l’intera isola all’interno dell’Unione era visto positivamente da tutti e servì da incentivo per fare passi avanti tra le parti. Si arrivò così al Piano Annan, dal nome del segretario generale delle Nazioni Unite. La bozza di accordo prevedeva uno stato federale con una sola bandiera ed un parlamento unitario composto per metà da una comunità e per l’altra metà dall’altra. Presidente espressione della comunità maggioritaria e vice da parte dell’altra. Meno chiaro l’aspetto del ritorno dei profughi, come la volontà della parte greca di non riconoscere la cittadinanza ai coloni provenienti dalla Turchia. L’Unione Europea promise massimo sostegno, anche economico, in caso di risoluzione del problema. La settimana prima dell’ingresso di Cipro nell’Unione le due parti dell’isola votarono un referendum per l’approvazione dell’accordo e il risultato non fu affatto scontato.

Edificio abbandonato nella zona cuscinetto con sacchi di sabbia che impediscono l’attraversamento

I turchi votarono a favore con quasi il 65%, mentre i greci furono contrari per il 76%. Il piano non venne approvato e le problematiche sia del ritorno dei profughi che dell’allontanamento dei coloni oggi rimangono irrisolte. L’unico aspetto positivo di questa stagione è stata la riapertura dei confini e la possibilità per le due popolazioni di intraprendere un qualche tipo di conoscenza reciproca, passaggi fondamentali per qualsiasi speranza di ricostruire una fiducia tra una popolazione che nella maggior parte degli anni della propria vita ha vissuto divisa. Le autorità della Cipro riconosciuta internazionalmente consentono ai cittadini residenti nella Cipro turca, se in grado di dimostrare la discendenza da famiglie cipriote e non da coloni turchi, di acquisire il passaporto cipriota e quindi di diventare cittadini comunitari. Nel caso delle giovani generazioni non c’è alcun ricordo di un’esistenza unitaria, e lavorare per costruire una appartenenza comune è sempre più complesso. Alle difficoltà di mettere insieme popolazioni che per 47 anni non sono vissute assieme è emerso recentemente anche un problema economico. A largo di Cipro nord sono stati scoperti enormi giacimenti di gas naturale e le rivendicazioni della parte greca e di quella turca si sono fatte sentire. Recentemente si è rischiato lo scontro militare tra navi battenti bandiera turca e greca impegnate nella perlustrazione del ricco fondale. Rimettere assieme tutti i tasselli di questa lunga e complessa storia non è facile, ecco perché le potenze internazionali con il loro lassismo sembrerebbero impegnate a non andare oltre il mantenimento di uno status quo più o meno pacifico.

Panorama da Nicosia sud verso la parte nord, con l’ex chiesa di Santa Sofia oggi Moschea di Solimano.
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