Massimo Mercati: “Uomo connesso alla natura, non può pensare di dominarla”

L'ad di Aboca parla a TeverePost di sviluppo sostenibile e delle misure di sicurezza messe in atto durante l'emergenza: “Tra i dipendenti due-tre casi di positività ma non erano al lavoro; screening sierologici per tutti”

Massimo Mercati

C’è anche Aboca tra le principali aziende del territorio che hanno proseguito l’attività durante l’emergenza coronavirus. TeverePost ha intervistato ieri sera l’amministratore delegato Massimo Mercati, che ha descritto come è cambiata in questa fase l’attività dell’azienda e, commentando l’operato dei Governi e degli enti locali, ha prospettato quelli che sono gli auspici per un futuro improntato su un modello di crescita sostenibile, in grado di trarre esempio da quanto sta accadendo.

Quali misure di sicurezza sono state predisposte dall’azienda?

“Un po’ tutte le nostre attività, dall’agricoltura fino alle farmacie, sono state classificate fin dall’inizio come attività essenziali. Quindi siamo sempre stati aperti e abbiamo dovuto mettere in pista tutte le possibili garanzie per la tutela dei lavoratori, in molti casi anche anticipando i vari decreti. Per quanto riguarda in particolare lo stabilimento di Pistrino, da subito abbiamo adottato sia il distanziamento che le mascherine. Lavorando polveri di piante in alcuni reparti già le utilizzavamo, quindi ne avevamo già uno stock. Poi si è lavorato molto sulla segregazione dei turni in modo che non ci fosse interscambio tra le squadre. Questo ha portato a una rimodulazione dei turni, che sono stati accorciati di circa 45 minuti anche per evitare che i lavoratori si incontrassero negli spogliatoi. Tutte le postazioni di lavoro e gli ingressi sono stati dotati di sanificanti per le mani e di guanti. Abbiamo chiuso le mense e attivato la consegna del pasto presso vari luoghi dell’azienda. Sostanzialmente siamo stati in grado di mantenere la produttività anche se con qualche difficoltà che ci ha indotto a concentrarci sulle produzioni più importanti, lasciando un po’ a margine prodotti meno richiesti dal mercato. C’è stata una risposta dei dipendenti straordinaria, hanno tutti compreso l’importanza di venire a lavorare e di osservare le norme di sicurezza. C’è stato un grande lavoro insieme coi sindacati e mi sembra che ci sia stata una grande risposta corale”.

“L’altra cosa determinante è stato il ricorso massivo al telelavoro. Avevamo appena messo a regime una nuova piattaforma per i videocollegamenti e abbiamo attuato una profonda conversione al digitale. Anche le reti vendita e di informatori sono tutti attive, io stesso faccio 10 ore al giorno in videocall. Questo ci ha consentito di portare avanti tutti i progetti che avevamo, spingendo in particolar modo sul digitale. Lo smart working lo facevamo anche prima ma un giorno su cinque, adesso ci siamo resi conto che si può lavorare da casa come in ufficio. Magari farlo sempre è molto faticoso, però un mix di digitale e fisico credo che sarà il futuro”.

Tra i dipendenti dell’azienda ci sono stati casi di positività?

“Sono stati pochissimi, siamo nell’ambito delle due o tre persone, che in realtà non erano al lavoro, per esempio fuori perché in telelavoro. Abbiamo poi avuto qualche caso di contatti stretti con persone positive e li abbiamo monitorati. In più stiamo facendo uno screening sierologico su tutti, sia a Firenze dove gestiamo le farmacie comunali che qua in Valtiberina: su circa 250 persone finora testate non c’è nessun positivo. In Valtiberina una persona al test sierologico sembrava positiva, poi ha fatto il tampone e non lo era, quindi non sappiamo dire se aveva avuto il virus ed era guarito oppure se il test sierologico non era corretto. A Firenze, dove i dipendenti sono operatori sanitari, pensavamo di avere qualche dato in più: in realtà anche lì ci sono stati cinque casi possibili che poi il tampone ha escluso. Quindi ad oggi non risulta nessun positivo. Adesso continueremo periodicamente a fare tutti i monitoraggi possibili”.

Cosa cambia per l’azienda in vista della fase due?

“A livello di operatività pensiamo di tornare in ufficio, anche se in maniera modulare. L’altro aspetto è che già dalla settimana prossima dovrebbero riprendere i tanti cantieri che avevamo per lo sviluppo di nuovi reparti e ristrutturazioni immobiliari che si erano bloccati. Ad ogni modo il cambiamento probabilmente sarà più a livello di distribuzione che di produzione: ogni Paese, Francia, Germania, ha le sue peculiarità; qualcuno riparte prima, qualcuno dopo. Stiamo cercando di guardare ai prossimi mesi facendo tesoro dei nuovi strumenti, con l’integrazione tra il lavoro fisico e quello digitale. Per esempio avevamo pianificato tanti eventi, il Salone del libro, convegni medici, convention con le farmacie. Normalmente riceviamo più di 5000 persone tra farmacisti e medici dall’estero: questa cosa ora non si può fare, ma anche adesso abbiamo appena concluso un’assemblea virtuale con 100 clienti spagnoli”.

Come valutate l’operato del Governo?

“Più che l’operato del singolo Governo italiano, la cosa che ha stupito credo tutti è stata in generale la mancata previsione di quello che poteva accadere, il fatto che fossimo totalmente impreparati. Per il resto, la situazione italiana, con la sanità regionale, è da sempre problematica perché hai situazioni diverse a 10 chilometri di distanza. Questo non ha mai funzionato bene, secondo me è stato un grande problema e tuttora continua ad essere un problema. Per esempio noi siamo in Valtiberina, in Toscana devi misurare la febbre ai dipendenti e in Umbria no. Io credo che il caos che si è determinato per il Governo sia in larga parte dovuto anche a questa difficoltà reale di coordinamento. Per il resto è molto difficile esprimere giudizi, perché si può dire tutto e il contrario di tutto. Questa malattia appare sconosciuta, è chiaro che si brancola un po’ nel buio, in Italia come in tanti altri paesi. Noi lavoriamo anche a Taiwan, lì avevano già sperimentato in passato cosa significa una pandemia e sono intervenuti a metà dicembre. Noi siamo arrivati evidentemente più lunghi rispetto alla valutazione del problema”.

“Su quella che sarà la ripresa è veramente difficile esprimere qualsiasi tipo di parere, credo che oggi valga solo a generare confusione. Quello che come Aboca noi abbiamo come punto di attenzione, sul quale spingeremo forte nei prossimi mesi anche a livello di comunicazione, è che questa crisi ha messo in evidenza il tema fondamentale per cui l’uomo è strettamente connesso alla natura. Non possiamo pensare di dominarla. Questo ci riguarda da vicino. Parlare di sostenibilità oggi significa parlare anche della nostra libertà: siamo tutti chiusi in casa, i nostri figli sono privati della libertà. Ma è privazione della libertà anche inquinare i terreni in modo che non siano utilizzabili dalle generazioni future, è privazione della libertà anche non governare il cambiamento climatico. Tutto va visto nel complesso, lo squilibrio che l’uomo ha portato al pianeta, la nostra società, le diseguaglianze che ci sono. In questa situazione tutto emerge in maniera evidente. L’opportunità sarebbe farne tesoro, provare a ripartire cambiando le cose. La speranza è che ci possa essere un input europeo e governativo in questo senso, ma abbiamo un po’ paura che non sarà così. Mentre le persone cercano questo cambiamento, i governi e le imprese, pur di garantirsi una sopravvivenza, spingeranno nella direzione opposta”.

Come si stanno muovendo gli enti locali del nostro territorio?

“Gli enti locali hanno fatto quello che potevano nell’emergenza, ora dobbiamo capire se abbiamo una progettualità per i prossimi mesi. Il nostro tessuto ha reagito abbastanza bene anche perché siamo stati fortunati rispetto a tante altre zone, quindi tutti si sono stretti attorno a chi aveva più bisogno, mi riferisco per esempio a Badia. C’è stata questa capacità di visione collettiva territoriale, più a livello informale che di progettazione. È chiaro che l’ente locale di per sé è un po’ schiacciato, tra gli aiuti di cui ha bisogno, le ordinanze del Governo… Tutto sommato la nostra comunità è rimasta tranquilla, questo significa che in qualche modo c’è stato anche un affidarsi alle autorità locali, sono state viste positivamente”.

L’anno prossimo ci sono le elezioni a Sansepolcro e in altri comuni della vallata: l’associazione Progetto Valtiberina, di cui lei è presidente, intende avere un ruolo?

“Come Progetto Valtiberina il ruolo ce lo stiamo ricavando da anni, non direttamente come forza politica perché vogliamo rappresentare la comunità civile, secondo il concetto di sussidiarietà civile, di sussidiarietà circolare di Zamagni. Quindi pensiamo di poter giocare un ruolo come rete di cittadini. Credo che anche dinanzi all’emergenza questo sia venuto fuori, perché l’associazione si è attivata per cercare di dare una mano, abbiamo attivato una filiera per avere mascherine dalla Cina e le abbiamo donate, abbiamo messo insieme 5-6000 euro di donazioni e li stiamo gestendo”.

“Al di là di questo stiamo andando avanti con le progettualità che avremmo presentato per il Festival dei Cammini di giugno, il quale difficilmente si potrà realizzare nelle modalità previste. Però andiamo avanti con tutti i progetti previsti: faremo convegni online, cercheremo di continuare a spingere perché pensiamo che la nostra valle possa e debba andare in una certa direzione. Che siano le elezioni di Sansepolcro, di Città di Castello, di Anghiari o altro, le nostre posizioni sono sempre estremamente chiare, sono quelle che vanno nella logica di una crescita ma che abbia ben presente quella sostenibilità di cui parlavo prima. Dopo quattro o cinque anni questa associazione ha una rete di persone che hanno molto radicati questi valori e si impegnano tutti i giorni”.

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