Mascherine “Toscana 1” contro mascherine chirurgiche

Il dibattito sui social. La 'prova dell'accendino' è attendibile? L'assessore Vannini: “In contesti più rischiosi meglio usare quelle distribuite porta a porta”

mascherine

Una mascherina chirurgica (a sinistra) e una 'Toscana1' (a destra)

Dopo le polemiche, giunte fino a Striscia la Notizia, che hanno interessato le mascherine fornite dalla Regione Veneto, c’è dibattito anche intorno ai dispositivi di protezione in distribuzione su iniziativa della Regione Toscana. TeverePost ha cercato di fare chiarezza su un tema sentito ma al tempo stesso molto complesso da chiarire nei suoi dettagli. Si fa riferimento infatti a norme statali e regionali in deroga alle procedure standard, redatte d’urgenza per far fronte alla grave carenza di dispositivi medici e di protezione individuale che si era manifestata nelle scorse settimane. Ad oggi la disponibilità di mascherine appare più tranquillizzante, ma c’è grande attenzione intorno alla reale efficacia dei dispositivi. A maggior ragione in vista delle riaperture che accompagneranno l’avvio della prevista fase due.

Le mascherine denominate Toscana 1, prodotte in tessuto non tessuto da aziende del territorio regionale, possono essere ritirate gratuitamente nelle farmacie (e solo fino a oggi anche nei supermercati) a confezioni di 5 per un massimo di 30 al mese a persona. Sono dispositivi privi di marchio di conformità CE: le loro caratteristiche e il loro uso sono normati dall’Ordinanza del Presidente della Giunta Regionale n. 17 del 19 marzo scorso, che le equipara alle mascherine di tipo chirurgico certificate e normalmente in commercio. Questo sulla base di un test sull’efficacia di filtrazione, allegato all’Ordinanza, effettuato dal Dipartimento di chimica dell’Università di Firenze. Tuttavia, complice il fatto che all’apparenza le mascherine Toscana 1 sembrano piuttosto semplici, sulla loro efficacia si sono diffusi dei dubbi, rafforzati dalla circolazione nei social network di video in cui vengono effettuati test empirici. Su tutti l’ormai famosa ‘prova dell’accendino’: soffiando attraverso una di tali mascherine, viene mostrato che la fiamma dell’apparecchio si spegne e che quindi passa dell’aria.

Sul punto è intervenuta due giorni fa la Giunta regionale rendendo noto un documento sottoscritto dalla dottoressa Silvia Becagli, la stessa esperta del Dipartimento di chimica che aveva sottoscritto a marzo la relazione sul test allegato alla citata Ordinanza n. 17. Nel nuovo documento, recante la data di martedì, Becagli sottolinea la differenza tra aerosol, cioè l’insieme di particelle liquide o solide diffuse nell’aria, e aria, miscela di gas fra cui l’ossigeno. “Il ruolo delle mascherine”, scrive, “è quello di contrastare la diffusione del virus filtrando il particolato aereo”, consentendo al tempo stesso “la respirazione dell’individuo e quindi il passaggio dell’aria”.

Interpellata mercoledì sera sull’argomento durante la diretta di TeverePost su Errevutì, l’assessore alla sanità del comune di Sansepolcro Paola Vannini ha definito “migliori” e “più sicure” le mascherine chirurgiche. L’assessore ha quindi invitato i cittadini ad usare comunque anche le Toscana 1, ma in contesti di scarso pericolo, e le chirurgiche in situazioni di maggiore affollamento. Si parla in quest’ultimo caso delle mascherine con la parte esterna di colore celeste che il comune di Sansepolcro ha distribuito tramite il porta a porta. Prodotte in Cina, sono state anch’esse fornite da parte della Regione Toscana, ma in numero minore e non ‘a pioggia’ a tutti i comuni come invece avvenuto per le Toscana 1.

Quello delle mascherine è un tema caldo a tutte le latitudini. A Sansepolcro vi si aggiunge anche la questione sollevata nei giorni scorsi in modo unitario da tutte le forze di opposizione: quella relativa all’utilizzo da parte dell’amministrazione di 8.000 euro del bilancio del sociale dell’Unione dei Comuni per l’acquisto di un’altra partita di mascherine effettuato a fine marzo. Si tratta, come ha appurato TeverePost, delle mascherine che erano state distribuite a Sansepolcro con la modalità drive thru, cioè attraverso il finestrino dell’automobile. Della loro realizzazione il comune aveva incaricato un’azienda del territorio, che si era rifatta anche in quel caso allo standard Toscana 1 testato dal Dipartimento di chimica dell’Università di Firenze.

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