Siamo tornati a fare il punto sull’economia della vallata con l’aiuto di Andrea Marsupini, presidente di CNA Valtiberina e vicepresidente provinciale, che ha definito “drammatico” l’impatto del coronavirus sulle imprese artigiane: “La maggior parte delle aziende sono chiuse”, ha detto, “salvo qualche eccezione che ha provato a riconvertirsi più che altro per una questione sociale, come ad esempio la ditta Busatti che ha iniziato a produrre mascherine. In queste condizioni non ci soddisfa minimamente il decreto che è stato emanato sulla liquidità per le aziende”.
Come mai?
Intanto i tempi per l’erogazione non sono brevi, e comunque sia non sono tolti una serie di paletti, quindi molto dipenderà dalla decisione delle banche: sia il tasso, che la durata, che anche il merito creditizio che le aziende dovranno avere per poter accedere. In un momento così, in cui è più di un mese che siamo chiusi, la liquidità è una cosa fondamentale perché ci sono delle spese che corrono: gli affitti, l’energia elettrica, parte degli stipendi dei dipendenti che hanno lavorato, i fornitori, perché altrimenti si rischia di innescare un meccanismo per cui “io non pago te”, “tu non paghi l’altro” e rischiamo di far saltare la filiera.
Cosa dovrebbe fare adesso il Governo?
Diciamo che questa poteva essere un’occasione importante per cercare di abbattere quella burocrazia che in Italia è un problema annoso. Era già molto sentito e forte quando la macchina andava, era un peso che ti rallentava. Quello stesso peso oggi lo abbiamo sulle spalle non in movimento ma dovendo ripartire, e si riparte in salita. Avere questo fardello mette anche a rischio la competitività in Europa, perché ci sono imprese in altri paesi che hanno già usufruito di benefici statali e noi rimaniamo sempre al palo. Bisogna sburocratizzare un po’ il nostro sistema e la liquidità deve arrivare alle aziende senza tanti paletti, perché tante aziende per questi problemi rischiano di non ripartire. E non si parla solo di imprenditori ma anche di tanti, tanti posti di lavoro. Nel tessuto sociale ricopriamo una percentuale altissima: le piccole e piccolissime aziende sono circa il 90% delle imprese italiane e la stessa cosa si riflette nel nostro territorio.
Gli enti locali possono fare qualcosa?
Credo che gli enti locali stiano già facendo quello che è nelle loro possibilità e forse anche qualcosa di più. Tra l’altro anche i comuni risentiranno di questi soldi che non arrivano, ma vedo che si sono dati da fare, nella stessa distribuzione delle mascherine, a livello sociale con i vari bonus per le famiglie più bisognose. Nel loro piccolo gli enti locali si stanno muovendo e non hanno perso quella caratteristica di essere facilmente raggiungibili e di avere un contatto diretto con le persone, che è una cosa importante. I sindaci sono molto attivi in questo periodo e di questo li ringrazio.
CNA come sta supportando i propri associati?
CNA sta portando avanti tutti i servizi canonici, in più segue con i propri uffici gli artigiani fermi che hanno fatto la richiesta dei 600 euro per le partite IVA. Inoltre, dal livello locale attraverso quello provinciale e regionale abbiamo elaborato istanze da poter portare al Governo centrale, tramite il nostro nazionale, rispetto agli elementi prima elencati, che non ci convincono e ci preoccupano.
Secondo voi sarebbe ora di riaprire alcune attività?
Sicuramente sì. Ovviamente bisogna che non vengano meno le procedure di sicurezza. Il Governo deve lavorare per stabilirle, ma dobbiamo ripartire. Anche perché – e non è una polemica, perché in questo momento di tutto abbiamo bisogno meno che di polemiche – è sicuramente assurdo che un professionista possa andare nel proprio studio ma un artigiano non possa andare nel proprio laboratorio, anche da solo. Secondo noi, per non rischiare di perdere tante aziende e di conseguenza posti di lavoro, è arrivato il momento di mettere in piedi un piano per la ripartenza, perché il 3 maggio è una data tanto lontana, speriamo che non sia troppo lontana.
Vorrei inoltre sottolineare che mai come in questa occasione l’Italia, tanto denigrata per essere il paese dei furbetti, ha dimostrato rispetto per le regole e rispetto l’uno per l’altro. Gli stessi imprenditori, in particolare quelli piccoli che noi rappresentiamo, molte volte per mandare avanti la propria azienda mettono in gioco i propri beni personali. E allora si può immaginare benissimo cosa voglia dire aver messo in gioco la propria casa e ritrovarsi con l’azienda ferma. Cosa significa avere queste preoccupazioni, quella del lavoro ma anche quella per la propria famiglia. Io farei un plauso anche a questi imprenditori che nonostante tutto hanno dimostrato di avere un forte senso civico.