Il mio primo incontro con Gigi Medori fu dovuto al caso e al suono di chitarra elettrica con amplificatore a tutto volume che proveniva da un fondo di via del Pentolo, a Sansepolcro. Erano i primi anni 70 e il suono era così forte da rendere a malapena distinguibili le parole che io e alcuni amici ci scambiavamo appena fuori da dove proveniva la musica. Ad essere sinceri ero stato trascinato li da Francesco Franceschini, il mitico “Frankie”, col quale io, trasferitomi da poco a Sansepolcro, avevo subito legato grazie al comune amore per la musica. Francesco, purtroppo prematuramente scomparso, per la mia generazione è stato un’autentica guida in campo musicale per la competenza e la capacità di scoprire in anticipo nuovi interpreti nuovi gruppi e nuove tendenze. La sorella Roberta mi ha qualche tempo fa confessato che lui aveva collezionato la bellezza di oltre 2000 album.
Il gruppo che suonava, un trio, composto da chitarra basso e batteria si chiamava Purple Haze, dal titolo di una canzone di Jimi Hendrix, oggi verrebbe definito una Cover Band, dal momento che la formazione ricalcava come impostazione quella degli Experience, la band di Jimi, e che in repertorio aveva quasi tutti brani del mancino di Seattle, come scoprii presto parlando con il chitarrista, Luigi “Gigi” Medori appunto. Degli altri due componenti Giuliano Goretti, detto Ciompi, il batterista è diventato poi mio amico mentre il bassista, Paolo Simonucci, è scomparso molto giovane.
Incontri notturni
A questo primo quasi fortuito incontro ne seguirono presto molti altri, soprattutto in chiave notturna dal momento che entrambi, sul tardi, frequentavamo uno dei pochi ritrovi aperti fino a notte tarda in paese, una storica pizzeria del centro, ed è li che iniziai a farmi un’idea del carattere di Gigi. Di solito arrivava con la sua corte di ragazzi che avevano trovato in lui una guida non solo musicale, e andava a finire che ci accaloravamo in lunghissime discussioni sull’evoluzione che la musica stava avendo in quei primi anni 70, lui legato al mito Hendrixiano, io che allora seguivo il progressive di King Crimson, Pink Floyd e Genesis, restando ognuno sulle proprie posizioni. Ricordo il modo appassionato col quale illustrava e difendeva le sue idee in tema di musica opponendosi ai miei argomenti. Da chitarrista era assolutamente fedele al dettato sonoro del suo mito, tanto che c’era chi lo chiamava “Gigi Hendrix”, anche se la musica aveva preso un’altra strada rispetto al rock blues da lui amato. Parlava lentamente, mai alzando la voce, con un forte accento borghese anche se, e questo me lo disse in seguito, era nato in Romagna, a Brisighella, ma la sua famiglia si era trasferita a Sansepolcro quando lui era molto piccolo. A volte, in piena discussione, sfoggiava un sorrisetto fra l’ironico e il beffardo ma senza cattiveria. Ho avuto modo di capire col tempo che malgrado apparisse (e sostanzialmente era) fermo sulle sue posizioni, lui in realtà si comportava come una spugna, assorbiva tutto e, se lo trovava interessante, lo rielaborava personalizzandolo in modo originale.
Siamo andati avanti anni con queste nottate a base di musica e birra fino a quando il sottoscritto, allora impegnato come dj nella radio locale, ha iniziato a far ascoltare a lui qualche artista molto particolare. Così nella seconda metà degli anni 70, io lui e il Ciompi, effettuavamo dei raid notturni nella sede della radio per ascoltare dischi, diciamo così, alternativi ai normali successi, LP che noi disc jockey acquistavamo a nostre spese, magari facendoli arrivare d’importazione perché non pubblicati in Italia. Fu così che Gigi venne a conoscenza di gruppi come gli Allman Brothers Band, i Lynyrd Skynyrd, i Guns n’ Roses, e altri. Gigi rimase particolarmente colpito dagli sperimentali Kansas, il primo gruppo americano di progressive con forti influenze di Heavy Rock e soprattutto da Norman Blake, per quasi 20 anni chitarrista di Johnny Cash, che aveva inciso storici dischi con Bob Dylan, specializzato nel fingerpicking, tecnica di pizzicato chitarristico che permette di suonare due diverse linee melodiche contemporaneamente. Fu in quella occasione che Gigi riuscì a stupirmi: dopo aver ascoltato solo un paio di passaggi del disco di Blake, senza nessuna immagine per orientarsi (allora non esistevano i tutorial) la sera dopo si presentò in pizzeria con la chitarra acustica ed eseguì esattamente quel che aveva ascoltato la notte prima; in un solo giorno si era impadronito di una tecnica molto complicata. Altro personaggio che aveva colpito la sua fantasia fu Mark Knopfler, chitarrista dei Dire Straits che aveva trasposto su chitarra elettrica la tecnica finger style.
In una di quelle serate, o meglio nottate, poco dopo la mezzanotte, capitò nella pizzeria, nostro ritrovo, forse reduce dal un suo concerto, Fabrizio De Andrè. Ai tempi non essendoci ancora la E45, si dovevano attraversare i centri abitati per spostarsi e in tutta la zona quello dove ci trovavamo era l’unico locale aperto dove si poteva mangiare a tarda notte. Restammo tutti stupiti dall’apparizione e Gigi offrì la sua chitarra al genovese perché suonasse qualcosa ma De Andrè declinò la proposta con una scusa, così noi lo lasciammo in pace a farsi una pizza con i suoi collaboratori. Ci restammo male ma col senno di poi abbiamo capito le sue ragioni: di scocciature doveva averne già avute abbastanza quel giorno.
Il suo primo 45 giri
I primi anni 80 videro il progressivo diradarsi di questi momenti notturni finché nel 1985 incontrandomi, mi confidò di aver iniziato a scrivere brani propri. In quel periodo, per lavoro pubblicitario, ero spesso ad Arezzo e fu così che lo presentai a Fabrizio Vanni titolare ancor oggi di The Garage Studio (a quel tempo si chiamava studio 2) che fin da allora era base per i più noti musicisti della zona e in seguito anche di grandi nomi italiani e internazionali. Il risultato di quella sua nuova collaborazione me lo mise in mano poco tempo dopo al nostro successivo incontro, passandomi una cassetta col suo primo brano appena registrato, ancora da trasferire su disco, accompagnato da un sorriso stavolta franco e soddisfatto, e io rivendico di essere stato il primo a trasmetterlo per radio.
Il pezzo, Tell Me, dimostrava come avesse fatto propria l’impostazione musicale appresa in quegli anni. Lasciati momentaneamente da parte gli assoli di chitarra a tutto volume, il pezzo si snodava su un raffinato intreccio musicale con uno stile che ammiccava a quello degli Straits ma reso in modo personale. Il retro del 45 giri, Us, era un omaggio a Neil Young, un altro dei suoi miti. In definitiva una bella prima prova anche se non ancora del tutto originale. Il disco uscì nello stesso 1985 per la produzione di una storica discoteca di Arezzo dietro la quale c’erano Giorgio Vincis e Fabrizio Simoncioni, quest’ultimo in seguito produttore di Ligabue, Litfiba e Negrita, segno che Gigi era in breve riuscito ad entrare nell’importante circuito musicale del capoluogo. Gigi aveva la capacità di cogliere le occasioni al volo e di vedere lontano.
Nello stesso periodo Gigi fu chiamato a suonare durante una manifestazione del settembre biturgense e in tale occasione formò un nuovo gruppo, la GM Band, con Aramis Carlini, di Pistrino, al basso, Enrico Paioncini alla batteria e Gabriele “Lele” Luzzi alle tastiere, questi ultimi due marchigiani di Apecchio. Con questa formazione il chitarrista, in una Piazza Torre di Berta strapiena di gente, presentò i suoi pezzi prendendosi, insieme agli applausi, la meritata rivincita su chi fino a quel momento l’aveva considerato solo un capellone senza arte ne parte; ma penso che in fondo, in quella come in tante altre occasioni, abbia fatto spallucce alle malelingue. Il suo non scendere a compromessi, unito al percorso che aveva in mente per se stesso come artista lo stava portando dove si era prefisso di arrivare. Al contrario di altri musicisti locali, me compreso, non aveva mai intrapreso la carriera dell’orchestrale in sala da ballo, i suoi, da solo o in gruppo, erano sempre stati concerti, esibizioni che mostravano la sua bravura e catturavano l’attenzione del pubblico.
L’approdo alla Rai
Da quella serata in piazza in avanti io e Gigi ci siamo progressivamente persi di vista quindi immaginate la mia sorpresa nel vederlo in televisione su Rai1 nel 1987 esibirsi a Discoring programma domenicale della rete dedicato alla musica.
Il brano che proponeva; Driving Back My Home, era finalmente la prova matura di un musicista che aveva trovato la sua cifra di scrittura e interpretativa, un rock blues incalzante e assolutamente originale. Con mia sorpresa conoscevo perfettamente i componenti del gruppo che lo accompagnava, tutti miei amici: oltre ad Aramis Carlini al basso, c’erano: alle tastiere Alberto Brizzi di Città di Castello, titolare dello studio di registrazione Sound Studio Service, e alla batteria Fabrizio “Bicio” Rossi di Apecchio.
Ho poi appreso che con gli stessi musicisti aveva inciso un intero album, Coming Up The River, uscito nello stesso anno. Sette brani ognuno dei quali rappresentava la rielaborazione originale delle sue influenze musicali Da notare che tutti i pezzi, tranne uno, Time, strumentale, avevano testi in inglese, scritti dallo stesso Medori così come tutte le musiche.
Da musicista a produttore
In quell’anno Gigi per promuovere il brano tenne serate in giro per l’Italia delle quali resta come testimonianza su YouTube una esibizione a Vibo Valentia dove alla batteria era tornato il fido Ciompi.
A quel punto il suo percorso nel mondo della musica fa un salto di qualità tanto è vero che un anno dopo lo ritroviamo componente di un gruppo di produttori capitanati da Pupo per il progetto I Big del Domani, un LP con canzoni interpretate da giovani cantanti sconosciuti scritte anche da Gigi. Progetto del quale è direttore artistico, presentato su Rai3 Toscana.
Per lui questa esperienza è l’inizio di un percorso che lo porta alla creazione di uno studio di registrazione a Sansepolcro per la promozione di nuovi artisti e nel contempo alla nascita della Disco Team per l’organizzazione di spettacoli. Il primo frutto di questa nuova attività vede la luce nel 1989 con l’uscita di Italian Time, ancora una compilation di giovani in cerca di successo della quale Luigi (ormai non più Gigi) Medori è contemporaneamente produttore, direttore artistico e autore di tutti i brani, disco realizzato in collaborazione con lo studio 2 di Fabrizio Vanni e con il Lunatic Studios di Roma-
Ormai le notizie che lo riguardavano mi arrivavano soltanto tramite la lettura delle note di copertina dei dischi da lui prodotti che approdavano in radio e dai manifesti riguardanti gli spettacoli organizzati dal suo Disco Team. Grazie alla moglie Patrizia, che mi ha fornito notizie al riguardo, ho appreso che aveva organizzato concerti di Ivana Spagna, di Fiordaliso, degli Stadio, degli 883 e spettacoli di cabaret con Niki Giustini e con Cristiano Militello, di cui era amico; aveva per anni organizzato le selezioni regionali di miss Italia, e per lungo tempo prodotto la trasmissione televisiva “Gocce d’Estate “ in onda su Teletruria; era, insomma, diventato il promotore di eventi in provincia di Arezzo e in quelle limitrofe.
Mi capitò di incontrarlo di nuovo a Sansepolcro verso la metà degli anni 90 ma in quell’occasione invece di parlarmi di musica mi invitò a sottoscrivere l’adesione al suo comitato per estendere alla Valtiberina e ad altre zone confinanti il segnale della telefonia mobile. Tanto fece che, anche partecipando alla trasmissione TV “mi manda Lubrano”, riuscì ad ottenere quel che si era prefisso.
Un ricordo che resta
Per concludere ho raccolto la testimonianza di chi ha vissuto accanto a lui la parte della sua vita che lo ha visto in veste di manager. Ricorda Michele del Pecchia, titolare in provincia di Pisa della Melody Records, una ben avviata casa di produzione discografica: “Conobbi Gigi nello studio di registrazione di Viciomaggio”,(lo studio 2 di Fabbrizio Vanni) “dove mi aveva introdotto Giuseppe Tinti, manager di Pupo, per registrare il mio pezzo per la compilation I Big del Domani; Fra me e Gigi nacque subito una simpatia che andava al di là della musica. Dopo la pubblicazione del disco lui mi propose di entrare nella sua Disco Team per la quale ha prodotto un mio QDisc, un album con quattro pezzi come andava di moda a quel tempo, dal titolo Danza Nomade, che ottenne un buon successo e anche se la nostra collaborazione a livello discografico si interruppe a quel punto, vista la nostra amicizia, ho continuato per anni a collaborare con lui pur avendo aperto la mia etichetta, però ho sempre tenuto conto delle cose che mi ha insegnato lui” Michele conclude “Un grandissimo uomo e una bellissima famiglia”.
Ancora più intimo il ricordo di Laura Polverini, nota cantante e autrice di canzoni di Sansepolcro: “Gigi l’ho conosciuto da sempre essendo coetanea del figlio Matteo anche se da piccola non mi rendevo conto che mestiere facesse, poi, verso i 12 anni, ho iniziato a partecipare ai primi concorsi canori dei quali lui era organizzatore. Erano spettacoli che coniugavano musica, varietà e sfilate di moda e di bellezza. Gigi è stato il primo ad ascoltare i pezzi che componevo a quell’epoca e che non avevo avuto fino a quel momento il coraggio di eseguire. Lui mi incoraggiò a superare lo stato di pura interprete per presentare cose mie, è stato il primo ad indirizzarmi su questa strada e questo è uno dei ricordi che lo riguardano al quale sono più affezionata”
Sono passati dieci anni ma il seme musicale che ha piantato continua a crescere e la sua immagine non è assolutamente sbiadita nel tempo. Nel suo ricordo alle Poggiola di Arezzo durate il Ferragosto Puggiolino, si tiene il Memorial Gigi Medori, gara di voci nuove a cura di Fabrizio Migliorini e di Paolo Pacielli, direttore di Radio Effe, amico di Gigi e impegnato con Fabrizio alla realizzazione del Memorial.