Luigi Bosi, uno dei più importanti politici valtiberini

Il ricordo nel 75° anniversario della morte: sindaco di Sansepolcro e parlamentare del Regno, fu perseguitato dal fascismo e fece parte della prima giunta comunale dopo la Liberazione

Il cartello che indica via Luigi Bosi a Sansepolcro e un'immagine del politico tratta da storiatifernate.it

Ricorrono oggi 75 anni dalla morte dell’onorevole Luigi Bosi, avvenuta il 17 novembre 1946 a Sansepolcro, dove era nato il 16 aprile 1874. Esponente di primo piano del Partito Socialista Italiano, fu sindaco di Sansepolcro e parlamentare per due legislature. Ripetutamente vittima di aggressioni fasciste, fece parte del CLN e fu assessore anche dopo la Liberazione. Negli anni ’80 gli è stata intitolata una strada a Santa Fiora.

Laureato in scienze agrarie, divenne sindaco della sua città nel 1909 e ricoprì la carica fino al 1912. In linea con la posizione del PSI fu contrario all’intervento dell’Italia nella prima guerra mondiale, durante la quale fu più volte processato con l’accusa di aver istigato proteste. Nel 1919 venne eletto per la prima volta alla Camera del Regno d’Italia e l’anno successivo divenne presidente del consiglio provinciale di Arezzo. Sciolto il Parlamento nell’aprile del 1921, venne riconfermato deputato nelle elezioni del 15 maggio di quell’anno, svolte in un clima drammatico a causa dell’imperversare dello squadrismo fascista, particolarmente violento anche in Valtiberina.

Nel nostro giornale abbiamo raccontato qualche mese fa l’episodio, approfondito da Mirco Draghi (La notte più buia) dell’uccisione di Ernesto Bruciamacchie e di altri due antifascisti ad Anghiari nel giugno del 1921. Episodi molto gravi si verificarono anche a Sansepolcro, alcuni dei quali proprio durante la campagna elettorale nel mese di aprile: il giorno 15, fascisti arrivati da Città di Castello e Arezzo condussero in municipio il sindaco Carlo Dragoni e lo stesso onorevole Bosi per intimare – in quello che La Nazione descrisse come un “cordiale colloquio” – le dimissioni della giunta socialista. Passarono solo due giorni e un’altra incursione fascista portò all’uccisione di due socialisti biturgensi, il 63enne Pasquale Savelli e il 16enne Pietro Ruggeri: la dicitura “colpo d’arma da fuoco al petto” è appuntata informalmente a matita nei registri del comune di Sansepolcro accanto alla registrazione ufficiale dei decessi dei due. Il primo morì la sera stessa nei pressi di Porta Fiorentina, il secondo l’indomani mattina in ospedale.

Analoghe intimidazioni portarono allo scioglimento di numerosi consigli comunali e di quello provinciale presieduto dallo stesso Bosi, che in agosto subì una violenta aggressione da parte di fascisti aretini in Casentino che non sarà l’unica. La giunta di Sansepolcro, ultimo baluardo in Valtiberina, resistette fino all’anno successivo, ma al prezzo di “una vita d’inferno”, come la definì Bosi in una lettera dell’aprile all’onorevole Giovanni Merloni: “I fascisti hanno piena libertà d’azione e spargono il terrore nella città e nelle campagne – scrive – Vogliono a tutti i costi la caduta dell’amministrazione comunale”. Bosi individua precise responsabilità: “La ditta Buitoni vuol raggiungere lo scopo costi quel che costi ed è diabolica nelle sue macchinazioni”. Una situazione che porta l’onorevole ad affermare che “il fascismo di Sansepolcro si chiama buitonismo e sfoga ora tutte le sue ire e la sua rabbia contro i socialisti” e contro “gli operai e i contadini che ne seguono le direttive”.

Il ruolo della ditta Buitoni nella nascita del fascismo a Sansepolcro e in Valtiberina non fu effettivamente secondario, e durante il regime ciò era rivendicato con orgoglio: “[Nel maggio 1921] il fascio di Sansepolcro ebbe fra i suoi sei fondatori quattro nostri collaboratori – faceva presente Giovanni Buitoni nel 1936 al ministro Lantini in visita al pastificio – Fosco Buitoni, Bizzarri, Dindelli, ferito fascista, e Cappelletti”, ed ebbe “la sua prima sede in questo stabilimento”. “Al sorgere del fascismo, i Buitoni si schierarono in prima linea – confermava nella stessa occasione il podestà Italiano Giorni – afferrando di colpo le grandi concezioni a cui s’ispirava l’Invitto Condottiero delle Camicie Nere. In Sansepolcro e altrove, essi parteciparono alla lotta contro il bolscevismo non solo con mezzi finanziari, ma anche esponendo le loro persone”.

La famiglia avrebbe fornito a Sansepolcro anche due podestà, Gherardo e Giuseppe Buitoni, mentre della prima fase fu appunto protagonista Fosco Buitoni, figlio di Arnaldo e cugino di Giovanni, che organizzò lo squadrismo a Sansepolcro e – ricorda lo storico britannico Mark Snowden (The Fascist Revolution in Tuscany) – lo utilizzò per una molteplicità di azioni illegali sia in ambito politico che privato. Bosi ne denunciò ripetutamente le attività e fu per questo preso di mira in maniera particolare e più volte malmenato.

La giunta di Sansepolcro resistette ancora per alcuni mesi nel corso del 1922, prima di cedere di fronte all’ennesima azione eversiva. Pretesto, racconta Giovanni Galli (Il fascismo a Sansepolcro), la chiusura della Scuola femminile delle Maestre Pie, cui seguì una manifestazione di protesta indetta dal Partito popolare in piazza Garibaldi. Le camicie nere ne approfittarono e occuparono il Palazzo comunale proclamando decaduta l’amministrazione socialista, di cui Bosi, pur non avendone fatto parte direttamente, era stato il principale punto di riferimento. Il sindaco Dragoni rifiutò di dimettersi, ma l’esperienza di governo socialista di fatto si concluse qui. Le successive elezioni si tennero nel novembre 1922, a marcia su Roma avvenuta, e videro la partecipazione della sola lista fascista, che prese così il pieno controllo dell’amministrazione.

Luigi Bosi, in parlamento fino allo scioglimento della XXVI legislatura nel 1924, fu di nuovo protagonista della politica locale dopo la caduta del fascismo. Nel 1943 fu tra i promotori del Comitato provinciale di concentrazione antifascista di Arezzo e nel 1944, due anni prima di morire, fece parte del CLN cittadino di Sansepolcro e divenne poi assessore alle finanze nella giunta comunale guidata di nuovo da Carlo Dragoni.

Fonti principali:

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