Luca Gradi è un amministratore ormai di lungo corso. Attualmente è assessore a cultura, biblioteca e promozione del territorio nella Giunta guidata dal sindaco di Pieve Santo Stefano Claudio Marcelli. Nell’ampia intervista rilasciata ieri a TeverePost è entrato nel dettaglio di numerose tematiche legate sia alle sue deleghe di competenza che a dinamiche di più ampio respiro.
Come vanno le cose a Pieve Santo Stefano?
“Tutto sommato il paese, come un po’ tutta la Valtiberina, sta affrontando la situazione in una buona maniera, perché forse si sta riscoprendo che anche la vita di provincia ha certi suoi lati positivi. Percepisco una buona collaborazione tra i comuni della Valtiberina, come dimostra in questi giorni la lettera che i comuni, da Bagno di Romagna a Città di Castello, hanno fatto per cercare di sbloccare la questione dei confini regionali. Una cosa che facciamo, che fa il sindaco e io lo rilancio, è informare il più possibile i cittadini: il cittadino quando sente le cose fatte, anche quelle molto semplici, si sente parte di una comunità. E questo è un atteggiamento che hanno tenuto anche gli altri sindaci. Il problema è da ora in poi: finché hai il gesso sei a sedere e tutti ti ci scrivono incitamenti, poi sei al momento di togliere il gesso ma non cammini, il muscolo non c’è, hai ancora a che fare col dottore. La fase 2 (o per meglio dire 1.1) è ancora più difficile. Gli input dell’amministrazione sono quelli di cercare di tenere tutti tranquilli, per quanto sia possibile. Diamo il bollettino tutte le sere, stiamo molto attenti alla casa di riposo, a tenere tutto pulito, al servizio di SEI, con l’assessore Federico Cavalli. Intanto facciamo le giunte online, ci si sente su Whatsapp. La comunicazione non manca e tutte le famiglie giorno per giorno vengono raggiunte”.
Con l’opposizione c’è collaborazione?
“Con Giacomo Benedetti ci sono ottimi rapporti, anche l’altro giorno in occasione del 25 aprile siamo andati insieme al monumento ai caduti e la corona è stata posta insieme da Giacomo e dal sindaco Marcelli. Il sindaco gli ha ribadito più volte che quando si dovrà riparlare del bilancio bisognerà guardarsi negli occhi. Con l’altra opposizione, quella di Guido Galletti, c’erano stati degli scontri, ma io sono fiducioso che per affrontare il post emergenza si dovrà guardare più al sodo che a dividersi su questioni di principio. Io sono fiducioso che in questa crisi i rapporti dovrebbero migliorare, anche perché in questa fase, come è successo del resto in tutta la Valtiberina, non ci siamo fatti la guerra come si sono fatti a Roma. D’altra parte qui a fare gli amministratori non ci si guadagna né si hanno interessi particolari. La logica mia e anche degli altri è quella di darsi da fare perché si vuole bene a Pieve. Il mio approccio a livello locale non è politico. Sul piano politico faccio anche polemica, ma a livello locale no, sarebbe come fare una buca nel campo dove gioco o avvelenare il pozzo dove bevo”.
Per quanto riguarda le tue deleghe di competenza?
“Abbiamo grosse limitazioni perché è tutto chiuso, il teatro è fermo. Però mi sto impegnando, abbiamo rifatto il sito del comune, che è molto vecchio, e dal 4 maggio ci sarà il nuovo portale comunale: sarà più moderno e multimediale, più legato alla promozione del territorio e sarà collegato al sito della Pro loco. Poi punto molto, anche insieme al consigliere delegato Luca Marchetti – in un comune piccolo tutte le deleghe sono interconnesse –, a tenere i rapporti con le attività produttive, ricettive, con tutti quelli che possono contribuire alla ripartenza. Stavo cercando anche di cominciare a organizzare qualche incontro ma di persona ancora non si può fare, e online non tutti hanno le possibilità. Ad ogni modo ci facciamo sentire vicini, ma con grossi dubbi su cosa potremo fare, con quali risorse, perché su quali basi andremo a chiedere le tasse ai cittadini? Quindi sono preoccupato anche per il mio settore, la cultura, lo spettacolo, ma anche le sagre e le feste che sembrano secondarie ma per la Valtiberina sono una vetrina importante. Ma questo verrà dopo, per adesso c’è ancora il problema del bar e del barbiere che non aprono”.
Come si fa a ripartire?
“La Valtiberina è un Ambito Turistico di cui Pieve fa parte, poi ci sono i Cammini di Francesco, che potrebbero diventare veramente una cosa molto più importante di quello che può sembrare, se riusciamo a ripartire in un mondo più equo, solidale e moderno. Inoltre siamo nella fondazione Intour, promossa dall’assessore di Arezzo Comanducci. Ecco, unendo le forze c’è una piccola speranza di creare qualcosa di positivo, ci credo molto. Per ora siamo fermi ma si cerca di sognare”.
Quali sono le prospettive dell’attività amministrativa?
“L’attuale amministrazione si basa sull’esperienza degli anni di Albano Bragagni, prosegue in quella falsariga ma ha molti aspetti innovativi. Non c’è l’uomo forte, quindi c’è anche un modo di approcciarsi ai problemi un po’ diverso. I comuni vivono dell’Imu, delle tasse locali che dovremo andare a chiedere anche a quelli che magari per molto tempo non hanno avuto reddito. Sicuramente bisognerà intervenire dando dei riscontri ai cittadini, e giocoforza questi soldi dovranno essere sostituiti con fondi statali. Anche adesso aiutiamo una quarantina di nuclei familiari per il discorso alimentare, che non sono pochi per un paese con piena occupazione come Pieve. E non c’è solo gente povera, c’è gente che in teoria non lo sarebbe, ma che se cessano le fonti di reddito non ha da campare. Si creerà una povertà notevole, e anche i soldi che stiamo spendendo per i cosiddetti pacchi alimentari per il momento sono soldi del conto del comune, perché il governo ha promesso soldi, o comunque sono soldi in anticipo che sarebbero comunque dovuti arrivare. Noi ci aspettiamo soldi veri. Dipenderà dai soldi veri il futuro del nostro territorio. Meno soldi ritorneranno dallo stato, più dovremo non chiedere ai cittadini, mettendo a rischio qualche cosa. Il sindaco è preoccupato perché il bilancio è buono come preventivo, ma si faceva affidamento su somme che la gente avrà problemi a pagare. Per non parlare del grande capitolo della nettezza urbana”.
Parliamone, invece.
“La nettezza urbana è stata inopinatamente ceduta a privati con un’operazione a cui il comune di Pieve Santo Stefano è sempre stato contrario. Stupidamente pensavo che avremmo potuto proporre al gestore SEI di non fare utili quest’anno, ma non sarà così. Adesso abbiamo già scritto una lettera piuttosto pesante per muoversi almeno sulla quota variabile, perché portano via meno spazzatura e fanno meno servizi, e su quella quota dovranno in qualche maniera venirci incontro. Però loro emettono la fattura e quello è. SEI ha ora annunciato che lascerà le tariffe del 2019, che però sono già care: prima di SEI e dell’ATO, Pieve pagava 370-380mila euro l’anno per i rifiuti, adesso 600-650mila. E il servizio non è migliorato. D’altra parte parliamo di un servizio assegnato con una gara a cui hanno partecipato enitità che non ci hanno messo i soldi: i primi soldi ce li hanno messi i cittadini il primo anno. Così sono tutti capaci a fare le Spa. Questa è una vecchia diatriba. Però ormai ci siamo”.
In tutto questo cosa ci si aspetta dal Governo?
“Ci si aspetta dal Governo non che stampi i soldi, ché non lo può fare, ma che si indebiti. L’alternativa è: o lo Stato Italia si indebita di più o si muore, perché non c’è una terza via. In questo hanno ragione Fassina o Rizzo. Magari ci fosse Fassina al posto di Gualtieri come ministro, ci vuole uno che va e sa di cosa si parla, questi non lo sanno. Io vengo da destra, ma quando guardo le trasmissioni vedo che sono tutti legati al potere costituito e mi devo mettere a tifare per Rizzo o per Fassina. Con loro ci si divide su tutto, ma sull’analisi economica no. Non sono contro l’Europa, ma sono contro un’Europa governata da un board dove ognuno porta gli interessi della sua parte e non è una cosa mutua. Ricorderò sempre una frase di Indro Montanelli: «I tedeschi sono entrati in Europa da tedeschi, i francesi da francesi e gli italiani da europei». Noi siamo sempre i più sognatori, è una bellissima cosa però poi finisce male. E anche il professor Bagnai, che ora è con la Lega ma proviene da sinistra, spiega perfettamente perché questo meccanismo non può continuare”.
“Insomma ci saranno problemi da far tremare i polsi e non vorrei essere a Roma, ma ritengo che al Governo ci sia una grande presunzione. Io avrei cercato, solo in questa fase, più unità nazionale. Andare a dividersi ora è uno sbaglio, perché quando poi le cose si dovessero calmare la guerra politica sarà ad altissimi livelli. Per noi nel nostro piccolo questa non sarà una buona cosa, perché i nostri territori sono secondari. A chi interessano Pieve Santo Stefano, Sansepolcro, la Valtiberina? A nessuno. Eppure se ci salviamo da questa situazione in cui non esiste più democrazia effettiva e ci hanno svuotato di potere, è proprio dal piccolo. Dal piccolo ci si insinua meglio in un sistema che non si può più combattere a livello di Stati che hanno ormai giocoforza ceduto tutto”.