La maggioranza dei cittadini di Sansepolcro ignorava che il proprio comune confinasse con Città di Castello, alcuni anche con Borgo Pace. Più nota la vicinanza con Citerna e San Giustino oltre che con i toscani Anghiari, Pieve Santo Stefano e Badia Tedalda. Il confine con il comune marchigiano di Borgo Pace appare evidente guardando una qualsiasi carta geografica: si sviluppa dal punto di incontro dei Tre Termini tra Toscana, Umbria e Marche e prosegue per alcuni chilometri seguendo lo spartiacque appenninico fino a quando lascia la cresta sostituito dal confine amministrativo tra Sansepolcro e Badia Tedalda. Attualmente non esistono strade carrozzabili tra Sansepolcro e Borgo Pace, ma al posto degli attuali sentieri conosciuti da cacciatori, cercatori di funghi e amanti della natura, un tempo c’erano vere e proprie strade delle quali è tuttora possibile individuare tracce. Sia partendo da Montecasale che da Pischiano, strade percorse fin dall’antica Roma varcavano le montagne attraversando il Passo delle Vacche. Sul lato marchigiano la strada che sale ai Tre Termini è meglio conservata e potrebbe essere percorribile tuttora oggi con piccoli trattori o fuoristrada. Pellegrini e contrabbandieri conoscevano bene questi percorsi anche in epoca medievale. Anche oggi è possibile trovare pietre confinarie dei secoli scorsi che separavano lo Stato Toscano da quello Pontificio.
Il confine tra Sansepolcro e Città di Castello è sicuramente più sconosciuto e allo stesso modo misterioso. Un tentacolo si incunea tra il limite di San Giustino e Citerna impedendo ai due comuni di toccarsi. Questa striscia di terreno costeggia il lato meridionale del fiume Tevere non lontano dal ponte che collega San Giustino con Pistrino. Prima di incontrare la Toscana, questo lembo di territorio tifernate varca il fiume dando vita a un curioso triangolo ricchissimo di vegetazione quasi impenetrabile. Questo triangolo di pochi metri quadrati è il punto dove Città di Castello e Sansepolcro si toccano per circa 20 metri. Ma che senso ha questo strano confine che, ricordiamocelo, fino a centosessanta anni fa era anche un confine di stato? Le risposte si perdono nei secoli e si possono avanzare solo teorie non per forza supportate da prove concrete. Da scartare l’ipotesi che in quel tratto il Tevere avesse un percorso leggermente diverso, ma piuttosto considerando tentacoli analoghi del territorio tifernate è da supporre che la spiegazione risalga al momento in cui Citerna e altri comuni umbri di piccole dimensioni si separarono amministrativamente da Città di Castello o quando furono definite le competenze delle parrocchie rispetto al vescovato. Città di Castello conservò sia tra San Giustino e Citerna che tra quest’ultima e Monte Santa Maria Tiberina una lingua di terra per impedire che i piccoli comuni potessero confinare tra di loro. Forse per impedire future unioni tra di loro, probabilmente anche per poter controllare eventuali traffici reciproci o anche come forma di cautela rispetto al passaggio da uno Stato all’altro. Ricordiamo che il confine tra Granducato di Toscana e Stato Pontificio è spesso mutato, così come sia Monte Santa Maria Tiberina che la frazione di Lippiano, che prima era un comune indipendente, sono passati da uno Stato all’altro, oltre che essere stati per una lunga parte di storia indipendenti. Resta il fatto che questa parte d’Italia ubicata a cavallo di quattro regioni si candida ad essere tra le zone d’Europa con il maggior numero di stranezze geografiche. Enclavi ed exclavi non mancano e oltre ai casi più semplici da individuare, come Ca’ Raffaello o il Baronato di Monteruperto, ci sono numerosi pezzi di comuni che, distaccati dal corpo principale dove si trova la sede amministrativa, confinano con altre realtà in modo apparentemente incomprensibile.