Si completa il lungo focus dedicato da TeverePost, in compagnia del professor Gavino Maciocco, alla sanità toscana. Dopo averne esaminato le principali criticità nelle puntate precedenti (qui la prima e la seconda), si vanno a delineare gli scenari futuri. Che passano inevitabilmente dalle prossime elezioni regionali: anche se saranno rimandate, questo tema sarà tra quelli cruciali nel dibattito politico. A maggior ragione dopo l’emergenza coronavirus che ha messo proprio il sistema sanitario al centro dell’attenzione.
Quali scelte andrebbero fatte per migliorare la situazione?
Finalmente si è capito cosa succede se un sistema arriva stremato all’incontro con un’epidemia così grossa. Guardiamo quello che sta accadendo nelle Rsa, soprattutto in Lombardia: è la dimostrazione che un sistema privato che non ha servizi territoriali e si affida soltanto agli ospedali non riesce ad affrontare la crisi, e purtroppo la popolazione lombarda ha per questo pagato un prezzo veramente incredibile di morti.
Mi auguro che dall’esperienza che stiamo vivendo si capisca che il servizio sanitario pubblico deve essere rafforzato, che devono essere potenziati i servizi territoriali, che devono aumentare le risorse nei punti che finora hanno sofferto particolarmente, che sono quelli del personale e dell’organizzazione degli ospedali in termini di posti letto, perché siamo arrivati a livelli troppo bassi. Serve un rafforzamento anche organizzativo delle cure primarie, il rilancio della sanità d’iniziativa, queste sono le cose che si dovrebbero fare e che ormai tutti hanno capito che è necessario fare. Io mi auguro che non ci sia opposizione.
Quindi secondo lei la Giunta regionale che si insedierà dopo le prossime elezioni andrà in questa direzione.
Negli ultimi tempi tutte queste cose qui sono venute al pettine, sulla questione organizzativa c’è un consenso generale, qualsiasi persona che lavora in prima linea se ne rende conto. Anche i direttori dei presidi ospedalieri non hanno alcun potere, sono degli amministratori di condominio, perché tutto ciò che avviene all’interno di un presidio ospedaliero viene deciso dai dipartimenti centrali. Quindi tutti sono d’accordo che questo modello non funziona, tanto che il candidato alle elezioni regionali, Giani, ha messo nel suo programma un aumento delle Asl, ha detto che tre non bastano.
E questa misura sarebbe sufficiente a migliorare le cose?
Be’, intanto non si sa bene quante ne farà, però il problema non è solo passare da tre Asl a, ipotizziamo, sei Asl. Dipende anche da come sarà distribuito il potere all’interno di queste nuove Asl, perché anche se le aumentassero di poco ma mantenessero lo stesso livello di governo, cioè tutto accentrato nelle mani del direttore generale, non funzionerebbe lo stesso.
Ma molto dipende dall’assessore che sceglieranno, dipende dalla linea politica che vorranno avere e al momento non è assolutamente chiaro. Dentro la coalizione di Giani c’è anche una lista di sinistra che dice queste cose che ho illustrato, bisogna capire che forza avrà questa lista di sinistra all’interno della coalizione. Ad ogni modo, in generale io mi auguro che l’attuale esperienza ponga la sanità come un elemento centrale del dibattito politico. E che si faccia finalmente chiarezza sugli errori compiuti, su questa strana operazione avviata nel 2014, fatta da dilettanti e che sembrava studiata apposta per indebolire il servizio pubblico.
Ci sono regioni italiane dove il sistema sanitario è organizzato meglio rispetto alla Toscana?
È difficile fare classifiche, perché ogni regione in questi anni ha sofferto profondamente di una riduzione delle risorse che ha causato il declino di tutto il sistema sanitario. In parte ha avuto una base politica: tutti i sistemi universalistici europei, si pensi alla Spagna, all’Inghilterra, per non parlare della Grecia, sono stati massacrati dall’ondata neoliberista. Che era già presente in tutto il mondo a partire dagli anni novanta, ma si è scatenata particolarmente dal 2011 in poi. Questo in Italia si è declinato in varie modalità, in maniera più estrema in Lombardia, ma in tutte le regioni c’è stato un cambiamento di passo in senso privatistico. Anche l’Emilia-Romagna, che aveva un sistema molto simile a quello toscano, alla fine ha ceduto alle sirene del privato, agli interessi delle assicurazioni e delle cooperative, che erano diventate a loro volta delle forme assicurative.
Anche se, tra tutti i sistemi, quello che ha mantenuto un’organizzazione migliore dal punto di vista del territorio è stato proprio quello dell’Emilia-Romagna. Se non altro ha messo in piedi una solida rete di case della salute, che sono il vero strumento per una buona gestione delle cure primarie e dei servizi territoriali: si erano dati l’obiettivo di realizzarne 120 e sono arrivati quasi all’80%, quindi hanno fatto investimenti seri. Mentre da questo punto di vista tutto il Sud è completamente assente: anche sul piano dell’organizzazione delle cure primarie e delle case della salute ci si ferma poco sotto la Toscana.
La foto ci è stata gentilmente concessa da Radio Cora.
Le due puntate precedenti dell’intervista di TeverePost al prof. Maciocco sulla sanità toscana:
Sanità toscana, i problemi nati da una riforma “improvvisata”.
Sanità toscana, “la vittoria del terzo settore e del privato in generale”.