Dopo il primo articolo in cui abbiamo ripercorso la nascita e i 385 anni di vita della ex Repubblica di Cospaia, in questa seconda parte del nostro racconto esamineremo le conseguenze geopolitiche che la sua soppressione ha trascinato fino ai giorni nostri. Cercheremo in particolare di far luce sui criteri adottati dalla commissione incaricata di ridisegnare i confini tra Granducato di Toscana e Stato Pontificio, che nel tempo sono diventati gli attuali confini tra le due Regioni nelle quali è divisa la valle del Tevere. E che non coincidono, come molti pensano, con il confine settentrionale dell’ex Repubblica. Il limite tra le due Regioni non è infatti tornato quello lungo il rio Gorgaccia, uno dei torrentelli protagonisti dell’errore geografico del 1441. È vero che il borgo di Cospaia e la parte a monte del paese passarono per intero allo Stato Pontificio, ma da sotto la ex Tiberina 3 bis il confine taglia la ex Repubblica da nord-ovest a sud-est, regalando quindi molti ettari di terreno all’attuale Toscana. Questo ha legittimato alcune delle occupazioni territoriali che il Granducato aveva lentamente attuato anche prima del 1826.
Il lavoro della commissione
Il 15 aprile del 1825 ci fu il primo incontro tra amministratori e ingegneri del Granducato e dello Stato Pontificio. La base operativa fu la casa del signor Francesco Mori nei pressi del Riascone, e la commissione percorse a piedi sia il confine tra Cospaia e le terre del Papa, sia quello sul lato toscano. In questa occasione ci si limitò alla parte tra la strada e il Tevere. L’incontro andò avanti molte ore non senza discussioni e si arrivò ad una prima divisione preliminare del territorio. Se sul lato meridionale il confine era rimasto per quasi quattrocento anni quello lungo il Riascone, sul lato toscano qualcosa era cambiato. Le due commissioni dovettero trovare un punto di mediazione poiché la Toscana non voleva rinunciare al terreno “conquistato” dopo l’errore del 1441, mentre lo Stato della Chiesa pretendeva il ripristino del confine originario. Il risultato di questa mediazione, a sud della Strada Tiberina, fu una linea che in dei tratti è quasi schizofrenica e compie cambi di direzione con angoli di 90°. Il confine fu ratificato in un secondo incontro delle due delegazioni il 30 giugno 1825 quando fu, in modo più semplice, definito anche quello a monte di Cospaia.
“La linea di demarcazione risultò siffattamente irregolare e intralciata, che chi non sa a quali criteri s’ispirarono i tecnici nel tracciarla, si potrebbe supporre fatta a capriccio e senza veruna norma razionale”, scriveva il Natali nel 1892.
Tre case presenti all’epoca si sono ritrovate con i muri che sfioravano se non addirittura toccavano il confine. In questi tre casi la traccia dei cippi è presente anche ai giorni nostri. “Giallino” è rimasta per pochi metri in Toscana come “I Vichi”, che hanno il muro settentrionale appoggiato sul confine con l’Umbria e un termine di confine caduto rimasto vicino alla casa. Situazione opposta per “Codignolo” rimasto in Umbria ma con due pertinenze della casa in Toscana. In una di queste due c’è un termine di confine conficcato nel muro.
Fine dell’indipendenza
L’11 febbraio 1826 si tenne una cerimonia ufficiale che sanciva l’accordo tra i due Stati. Questo momento solenne avvenne lungo la strada Tiberina nei pressi del luogo dove attualmente sorge la casa cantoniera sul confine tra le due Regioni. Rimaneva solo l’approvazione formale dei due governi e la firma dell’atto di sottomissione delle famiglie che vivevano a Cospaia, che avvenne il 26 giugno 1826. A ciò seguirono proclami ed editti affissi in tutta la zona per rendere pubblica la notizia della soppressione del territorio libero di Cospaia. Si racconta che l’inviato del Papa fece rinchiudere i 14 firmatari dell’atto di sottomissione all’interno di Casa Valenti per poi girare liberamente nell’abitato. Poco dopo, una volta liberati gli ostaggi, spiegò che quel gesto rappresentava la conseguenza pratica del fatto che il nuovo padrone di Cospaia era il Papa. Seguì l’innalzamento di bandiera e stemma dello Stato Pontificio e un banchetto a San Giustino, con l’esplosione di duecento “mortari” per salutare quella giornata.
Cospaia ebbe brevemente anche un Sindaco, Giovanni Patrizi. San Giustino in quell’epoca era ancora amministrativamente sotto Città di Castello e poco dopo ebbe la propria autonomia comunale inglobando Cospaia. Tra i privilegi degni di nota che la ex Repubblica mantenne ci fu la possibilità di non pagare tasse per alcuni anni, un’amnistia per i reati, tranne quelli capitali, commessi precedentemente all’annessione, e la definizione di una quota di tabacco che gli abitanti potevano ancora coltivare senza tenere conto di quello già nei depositi. Cospaia entrava a far parte del sistema scolastico e sanitario dello Stato della Chiesa e tra le cose curiose previste in quella storica fase ci fu anche una dote di dieci scudi romani alle nubili che si fossero maritate nel 1826 e 1827.
I cippi di confine oggi
Ancora oggi alcuni degli 80 termini di confine sono visibili lungo la delimitazione regionale. Un gruppo consistente si trova nei boschi a monte dell’abitato di Cospaia, anche ben oltre quello che era il confine montano della Repubblica. Nel 1826 sia l’Umbria che le Marche erano entrambe legazioni dello Stato Pontificio e la commissione approfittò dell’occasione per marcare il confine con il Granducato di Toscana fino allo spartiacque appenninico. Si legge che due cippi, oggi dispersi, erano sicuramente ai lati della strada 3 Bis dove oggi ci sono i cartelli stradali che indicano l’inizio della Toscana, mentre molti si trovavano nei campi a sud della Ferrovia Centrale Umbra.
La maggior parte dei termini di confine sono stati distrutti dai mezzi agricoli che lavorano nei campi, altri sono stati spostati (o forse il termine giusto sarebbe sottratti se non proprio rubati) e oggi sono posizionati all’ingresso di una casa privata o come paracarri lungo una strada. Osservando da vicino i cippi rimasti al loro posto è possibile notare delle scritte scolpite nella pietra. Su due lati opposti sono marcate le lettere S.T. e S.P. (Stato Toscano e Stato Pontificio), c’è la scritta 1826 in numeri arabi e il progressivo in numeri romani, con il numero I assegnato a quello più vicino al Tevere.
I pochi cippi ancora in loco meriterebbero maggior tutela dato che solo negli ultimi venti anni sono molti quelli che si sono deteriorati, sono stati gravemente danneggiati o sono stati addirittura sottratti. In vista dei 200 anni dalla demarcazione del confine sarebbe un’azione meritoria e forse doverosa se i Comuni di Sansepolcro e San Giustino si facessero carico di censire, restaurare e mettere in protezione i termini di confine che sono riusciti a sopravvivere da quel lontano 1826.
Percorso dei due rii e attuale confine tra Toscana e Umbria
La Gorgaccia
Il confine attuale tra le due Regioni inizia nel Poggio dei Tre Termini e seguendo il displuvio scende fin dove iniziava la Repubblica di Cospaia. Da qui segue il piccolo rio Gorgaccia percorrendo la valle più settentrionale e lasciando il borgo di Cospaia in Umbria. La Gorgaccia dopo avere dato vita al lago della Torraccia, diviso tra le due Regioni, continua fino ad essere intubato nei pressi della casa cantoniera dove sono posizionati i cartelli che segnano l’inizio di Sansepolcro. Il piccolo torrente, ormai scomparso alla vista, varca la ex Tiberina 3 Bis per poi ricomparire oltre i binari della Ferrovia Centrale Umbra. Le case davanti al piazzale di Marino fa Mercato sono in Toscana, mentre il parcheggio del noto negozio è in Umbria. Alcune villette di nuova costruzione hanno la particolarità di avere un vialetto d’accesso inclinato di 45° rispetto alla strada e alla ferrovia. Questo insolito accorgimento è dovuto al passaggio del confine regionale proprio al centro del vialetto. Non è dato sapere se la parte intubata della Gorgaccia tuttora oggi corrisponda al confine delle due regioni, dato che anche gli strumenti urbanistici sono discordanti. Secondo la Regione Toscana il fosso è un affluente dell’Afra e la parte intubata vira verso ovest in modo deciso addentrandosi in Toscana. Andando di persona a verificare non si trova alcuna traccia di quello che si legge nello strumento urbanistico regionale. Il Piano strutturale di Sansepolcro racconta che la parte nascosta del torrente si addentra in Umbria e quindi non è di sua competenza continuare a seguirlo. Lasciando da parte le perplessità riguardo a due strumenti urbanistici elaborati nello stesso periodo e che raccontano cose differenti, e cercando di capire dove sia oggi la Gorgaccia, siamo andati sul posto e abbiamo verificato come di fatto il letto del rio sia privo di acqua gran parte dell’anno e quella poca che arriva dalla Torraccia si disperda nel territorio senza che il torrentello abbia più la forza di raggiungere il Tevere o l’Afra. Di certo anche a sud della ferrovia un letto privo di acque lo si trova e prima di scomparire nei campi continua a segnare il confine di Regione per un breve tratto. La linea di demarcazione regionale, una volta superata la ferrovia, si sposta decisamente verso sud-est andando a tagliare in diagonale quello che era il territorio della ex Repubblica di Cospaia a valle del paese.
Il Riascone
Il Riascone, vecchio confine verso San Giustino dell’ex Repubblica di Cospaia, è più semplice da seguire ed individuare. Dopo aver formato il Lago di Cospaia attraversa la ex Statale 3 Bis e poi continua in modo facilmente riconoscibile fino al Tevere. Anche in questo caso la portata del rio è soggetta a lunghi periodi di magra ma è sicuramente più attivo della Gorgaccia. Nei pressi delle due case denominate Confine I e Confine II (o nel catasto lorenese I Vichi) il limite tra Toscana e Umbria cambia direzione attraversando da parte a parte quello che era il territorio dell’ex Repubblica di Cospaia, superando anche il Riascone e quindi trovandosi in quello che precedentemente era il territorio dello Stato Pontificio fino al 1826. Si potrebbe avanzare l’ipotesi che questo pezzo di Stato Pontificio passato al Granducato sia una sorta di compensazione territoriale per la parte lungo la ex Tiberina 3 Bis a cui Firenze dovette rinunciare. Da qui confine e Riascone proseguono paralleli fino al Tevere con un ultimo cambio di direzione proprio nei pressi del curioso confine con il comune di Città di Castello.
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