di Meri Torelli
Ad un anno e mezzo dalla nascita della nostra rubrica, Gastronomia Consapevole, vogliamo riproporre la ricetta che ci ha ispirato, ed è divenuta il simbolo delle ricette da preservare. Quella gastronomia povera ma che ha nei suoi profumi ed ingredienti tutta la storia del nostro territorio.
Questa volta vogliamo parlare delle centopelli, forse fra le più famose del Borgo: quelle di Caino, Stefano Betti.
Ingredienti
- Centopelli
- Prosciutto
- Cotenna di maiale
- Carota, sedano, cipolla e peperoncino
- Poca passata di pomodoro.
- Sale
Procedimento
Dopo aver lessato le centopelli a striscioline in abbondante acqua salata, si aggiunge il prosciutto e cotenna a tocchetti, gli odori e il peperoncino a piacere.
A metà cottura, giusto per dare colore si mette un po’ di passata di pomodoro.
Lasciare cuocere per circa cinque ore, ricordando che questa pietanza deve risultare abbastanza liquida, tipo una zuppa.
Ais Delegazione di Arezzo – Gruppo operativo Valtiberina Toscana consigliano:
a cura di Antonella Greco
Le Centopelli del Maestro Caino, sono una prelibatezza unica e per accompagnarle in maniera altrettanto maestosa, volgeremo lo sguardo verso un metodo classico.
Quando pensiamo alle bollicine italiane, ci focalizziamo sul Franciacorta o sul Trento doc, al massimo l’Oltrepò Pavese. Oggi aggiungiamo un’altra regione dove si stanno facendo interessanti esperimenti negli esperimenti. Parliamo della Sicilia e i suoi vini spumantizzati. Il viaggio ci porta sull’Etna a circa 750 metri sul livello del mare e ci fa incontrare un vitigno che si arrampica fin lassù per poter esprimere al meglio il suo inconfondibile sapore. Nn parliamo del Nerello Mascalese spumantizzato in bianco ( che rientra nella doc dell’Etna Bianco ed è già un esperimento), bensì del Carricante, il vitigno a bacca bianca che da qualche anno viene utilizzato proprio per dare vita ad interessanti metodi classici. Si racconta che prenda il suo nome dall’abbondante produzione, tale da “riempire il carro”, “u’ carricante”.
La montagna nera conferisce a questo vitigno una grande eleganza ed il risultato è un vino dal colore giallo paglierino con riflessi dorati, con una spuma persistente e fine, ricco di minerali, fresco e sapido. Nel suo bouquet, esaltato dalla escursione termica, dal vento e dall’altitudine, è possibile riconoscere la ginestra etnea, il biancospino, la zagara, la mela e anche l’anice oltre all’inconfondibile profumo di lievito e crosta di pane ( grazie ai 18 mesi sui lieviti). La temperatura di servizio ottimale è 6°/8° gradi, ma accompagnando un piatto caldo, potete alzarla leggermente.
Nunc est bibendum!
I consigli di Augusto Tocci
Prosciutto crudo – Si ottiene dalla coscia del maiale debitamente sottoposta al processo di salagione e stagionatura. Ne esistono diverse qualità, certificate dal marchio DOP, che assicura la genuinità del prodotto ed è l’elemento fondamentale da considerare per non incorrere in qualche affettato “tarocco” o di origine non italiana.
Scegliamo bene – oltre alla imprescindibile marchiatura DOP, il re dei salumi deve presentarsi al nostro cospetto omogeneo e con toni del rosato. Bianchissime, al contrario, bisogna che siano le striature di lardo. Intenso e piacevole il profumo.
Pulizia e conservazione – Quando acquistiamo un pezzo intero, prima di affettarlo dobbiamo rimuovere con un coltello ben affilato la cotenna. Se abbiamo un tagliere è bene iniziare la fetta dalla parte della cotenna, nella parte bombata del prosciutto, verso l’esterno e verso il basso, così da evitare, in caso scappi il coltello, di farsi male. Per conservarlo, se intero, possiamo tenerlo in frigorifero anche per un anno. Dopo il primo taglio, invece, per un mese al massimo, coprendo la parte iniziata con una pellicola e, l’inero prosciutto, in un panno di cotone leggermente umido. Se compriamo l’affettato già bell’e pronto, non lasciamo in frigorifero più di 24 ore.
Proprietà – E’ ricco di Sali minerali e vitamine, fornisce un buon apporto proteico e ha una buona digeribilità.