Lo scorso giugno i risultati delle indagini sulla datazione del Volto Santo di Lucca avevano avuto una vasta eco sulla stampa, e questo aveva suscitato qualche malumore a Sansepolcro, la cui scultura lignea dal medesimo soggetto sembrava dover passare in secondo piano. Subito dopo hanno però preso campo posizioni che hanno individuato punti di forza e comuni vantaggi in una rinnovata collaborazione tra le due realtà. Sul tema TeverePost ha parlato con l’arcivescovo di Lucca Paolo Giulietti, che ha contestualizzato le ricerche sul Volto Santo ed ha ampliato l’ipotesi di collaborazione prendendo in considerazione un più ampio numero di analoghe rappresentazioni del crocifisso.
Il Volto Santo per Lucca riveste un’importanza religiosa, artistico-culturale, turistica. Come sono stati accolti i risultati delle recenti ricerche sulla datazione?
Le considerazioni sulla datazione finora si basavano su elementi storico-artistici che avevano portato a parlare di XII secolo, mentre non era mai stata fatta un’indagine scientifica seria. Nel contesto delle celebrazioni del 950º anno di consacrazione della cattedrale medievale abbiamo quindi commissionato questa indagine – che è stata affrontata anche con un po’ di trepidazione da parte nostra – a CNR e Opificio delle pietre dure. L’esito è quello che avete visto, una datazione tra VIII e IX secolo che è compatibile con la leggenda secondo cui il Volto Santo sarebbe sbarcato a Luni dalla Terra Santa nel 782. Naturalmente la leggenda dice anche che lo aveva realizzato Nicodemo, ma nessuno si aspettava una datazione del I secolo. L’accoglienza, anche se i lucchesi non sono gente che si entusiasma facilmente, è stata positiva, gli organi di stampa hanno sottolineato i risultati e c’è stata soddisfazione nel constatare l’antichità di quella che per noi non è soltanto un’immagine ma una reliquia, perché il Volto Santo è un’immagine acheropita con il valore di un’opera non semplicemente umana ma in qualche modo divina. E il tutto ha avuto anche una risonanza internazionale dovuta al fatto che l’antichità dell’opera la rende un pezzo davvero importante. Ora forse si faranno anche degli altri studi sulla cromia, perché è stato ridipinto di scuro in epoca di Controriforma, ma si trattava probabilmente di una scultura policroma molto vivace, e forse ci sono più strati di queste pitture.
I risultati hanno suscitato reazioni anche a Sansepolcro. Dapprima un po’ infastidite, poi si è fatta strada una linea propositiva orientata alla collaborazione.
Va detto che alcune ipotesi avanzate quando ci fu la datazione del Volto Santo di Sansepolcro erano state un po’ irritanti per Lucca, come se i lucchesi si fossero venduti il Volto Santo. È vero che si dice che ai lucchesi piacciono i soldi, ma vendere il Volto Santo sarebbe l’ultima cosa! Era un’ipotesi abbastanza poco credibile che questa fosse una copia, dunque la città di Lucca ovviamente mal tollerava l’idea che l’originale fosse da un’altra parte. Da quel punto di vista la datazione antica ha ridato fiducia, dopodiché sapete bene che le datazioni al carbonio sono precise ma fino a un certo punto, hanno delle oscillazioni. Insomma è comprensibile che ci sia stata una certa rivincita nell’accogliere questi risultati scientifici da parte dei lucchesi, però chiaramente non ha senso fare competizioni sui crocifissi. Anche perché se le ricerche avessero detto che il Volto Santo risaliva al I secolo allora veramente sarebbe stato un non plus ultra, invece siamo comunque in epoca altomedievale. Riguardo alla collaborazione, io penso che il nostro patrimonio storico-artistico vada valorizzato anche con la capacità di comprendere delle tendenze, delle scuole, e non solamente perché c’è un pezzo. Un pezzo ha una storia, va inserito in un contesto di spiritualità. Questa famiglia di crocifissi vestiti con gli occhi aperti dice qualcosa tutta insieme, non solo un pezzo qui e un pezzo di là. Tutta insieme parla di una spiritualità, un modo dell’uomo religioso dell’VIII-IX secolo di guardare il mistero della croce, la figura di Cristo. La collaborazione può mettere in evidenza che c’è stata un’epoca della storia della Chiesa in cui il crocifisso non era presentato come patiens, nudo e sofferente, ma era invece il Cristo regale, il Cristo ancora vivente. Quindi c’è un ambito di immagini che trasmette un messaggio con un certo accento che nel tempo è cambiato, perché poi abbiamo i crocifissi giotteschi, Cimabue, i crocifissi del Seicento. L’immagine del Cristo crocifisso è cambiata, e questa particolare famiglia ne dà una certa visione che dice qualcosa del messaggio cristiano con quella sensibilità misteriosa che l’arte ha di esprimere per immagini, per colori, cose che a volte le parole non riescono pienamente a dire. Per questo ha senso parlare di collaborazione tra realtà che possiedono un esemplare di questa famiglia di crocifissi. Tra l’altro stiamo parlando di immagini molto vicine al primo periodo di questo tipo di rappresentazione iconografica, visto che il crocifisso è un’immagine tarda. Il cristianesimo primitivo non ha infatti conosciuto la rappresentazione del crocifisso perché era scandaloso, perché la croce non poteva essere esibita come un titolo di gloria. Le immagini del Cristo crocifisso compaiono quindi tardi rispetto ad altre come il buon pastore o il Cristo pantocrator. Crispino Valenziano, che è uno storico dell’arte cristiana antica, ha detto in una conferenza che il Volto Santo di Lucca, il crocifisso di San Damiano e il crocifisso di Ariberto sono gli ispiratori di tutti i crocifissi d’Europa, gli archetipi che ispirano tutta la successiva produzione di crocifissi in Occidente.
Ci sono già stati contatti per una collaborazione con Sansepolcro?
Ho avuto una lettera del Comune di Sansepolcro, che ho passato al priore della cattedrale, che esprimeva un po’ di rammarico ma anche la volontà di aprire un dialogo, e quindi penso che si farà.
L’idea potrebbe essere quella di una mostra di carattere fotografico?
Per la verità una mostra fotografica sul tema dei crocifissi vestiti di produzione bizantina era prevista in occasione delle attuali celebrazioni per il centenario, ora i tempi si sono dilatati per la pandemia, tante iniziative sono state sospese e rinviate. Vedremo se e quando si potrà fare questa cosa, così come tante altre che erano in programma.
Qual è attualmente la devozione al Volto Santo a Lucca?
Nel tempo è molto cambiata, da Re dei lucchesi attorno a cui ruotava la vita spirituale della città è diventato un elemento sempre importante, ma non più com’era prima. Anche perché la cattedrale nel tempo ha assunto un ruolo un po’ marginale rispetto alla città, si è musealizzata. I lucchesi possono sempre entrare a pregare il Volto Santo, però nell’immaginario collettivo la cattedrale è un luogo più per i turisti che per i fedeli. Una volta era parrocchia e adesso non lo è più, il centro storico di Lucca era popolatissimo e non lo è più: pur essendo abbastanza vivace rispetto ad altri, il centro storico non ha più la vitalità di quando c’erano 20.000 abitanti, adesso ce ne sono forse 5.000. Pensate che addirittura nel portone della cattedrale c’erano due occhielli che si aprivano, in modo che anche quando la cattedrale era chiusa il lucchese passando potesse comunque guardare il Volto Santo, così come c’erano pellegrinaggi da tutto il mondo: abbiamo ex voto di pellegrinaggi di inizio secolo scorso. Quella realtà lì per certi versi non c’è più, su questo dobbiamo essere realisti. Quindi al di là delle celebrazioni di Santa Croce del 13 e 14 settembre e di qualche altra circostanza, è chiaro che la dimensione devozionale rispetto al Volto Santo non è più quella di una volta, perché è cambiato il quadro religioso, è cambiato il quadro urbanistico. Però per i lucchesi è comunque importante, per la città rimane l’immagine di riferimento.