a cura di Meri Torelli
Cucinare con le erbe era una tradizione delle nostre campagne, una cucina povera ma che sapeva utilizzare al meglio le erbe spontanee e soprattutto riconoscerle.
Già, riconoscerle, pare poco, oggi è proprio quello che ci manca. L’insegnamento diretto, quella pratica che nasceva da un uso comune e tramandato che a seconda delle stagioni sapeva indirizzare dove e cosa cercare. Sapori semplici ma invitanti, come quello dei germogli di vitalba, per soffermarci su una delle erbe più antiche della tradizione rurale Toscana, arrivata fino a noi e ancora diffusa.
Fabio Nenci ci propone la sua Frittata di Vitalbe, e ci da l’ occasione di proseguire con l’utilizzo dei prodotti stagionali e a chilometro zero.
Ingredienti
- 4 uova
- 60/70 gr. di germogli di vitalbe
- 50 gr. di robiola
- Olio Evo
- Sale e pepe q.b.
Preparazione
Lavate i germogli di vitalbe in acqua fredda, metteteli in padella aggiungendo solo poca acqua per volta e lasciare cuocere per 15/20minuti.
Nel frattempo sbattete le uova con la robiola ( sostituibile con mezzo bicchiere di latte o altro formaggio spalmabile), salate e unite una macinatina di pepe.
Appena le vitalbe saranno cotte e l’acqua sarà prosciugata aggiungete sale e pepe e un giro di olio, fate insaporire qualche minuto.
Aggiungete le uova procedete con la cottura della frittata.
Ais Delegazione di Arezzo – Gruppo operativo Valtiberina Toscana consigliano:
a cura di Antonella Greco
“Ma ti ricordi quando da citti si fumava le vitalbe? Non c’erano i soldi nemmeno per compare una sigaretta. Mamma mia come s’era poveri… ma quanto s’era felici!”. E la vitalba è anche chiamata “l’erba dei cenciosi”, perché essendo particolarmente urticante, veniva usata dai poveracci per procurarsi ustioni ed ulcere ed ottenere così qualche elemosina impietosendo i benestanti. Poi però, quando mette i germoglini teneri, teneri, la vitalba diventa insuperabilmente buona nella frittata. E per farle onore, ci abbiniamo un vino che andremo a prendere nelle vicine Marche. Proponiamo una Passerina Terre di Offida doc, metodo classico. Ottenuto da uve Passerina almeno all’85%, vede il vino base fermentare in tini di acciaio per preservarne i profumi. La rifermentazione in bottiglia, sui lieviti, dura almeno 12 mesi. Il risultato è un vino spumante, secco, giallo paglierino a volte con riflessi verdolini, brillante con delle bollicine fini e persistenti che si attaccano al palato e lo sgrassano ben bene dall’unto che lascia la frittata. Ha il profumo della pera matura e del biancospino, leggermente agrumato e tropicale. La particolarità di questo vino è che la temperatura di servizio deve essere un pochino più alta rispetto agli altri spumanti, e cioè aggirarsi intorno ai 17°C, proprio per accentuarne i marcatori.
Nunc est bibendum!
I consigli di Augusto Tocci
Vitalba Clematis vitalba
Suffruttice lianoso e rampicante, è molto comune nelle siepi e nei boschi di collina e di montagna.
I lunghi tralci flessibili e percorsi da sei spigoli, che arrampicano anche sulle piante più alte, diventando talora parassiti meccanici, portano foglie opposte, picciolate, grandi e imparipennate (foglioline singole cordate alla base, ovato-acuminate, con margine più o meno dentato).
All’apice dei rametti si schiude un racemo lasso di fiori a 4 sepali bianchi giallastri con al centro un ciuffo di stami eretti. I fiori vengono sostituiti, in autunno, da ciuffi come piumini bianchi e molto caratteristici.
L’uso in cucina è riservato ai numerosi getti primaverili, quando risultano ancora di consistenza erbacea.
A tal proposito si ricorda che questi getti erbacei sono mangiabili solo fino a quando non spuntano i fiori perché a quel punto la pianta mette in atto la sua azione caustica e non deve assolutamente essere più utilizzata.
I ributti primaverili delle piante del bosco sono tantissimi e per ricordarne alcuni diremo ch vanno bene gli asparagi selvatici, i getti del pungitopo, quelli del tamus del luppolo ecc e la vitalba, anche se può sembrare strano, è proprio una di quelle particolarmente gustosa con un delicato sapore amarognolo.
E’ chiaro che non si tratta di prodotto che si trova dal verduraio ma che deve essere raccolto personalmente ricordando che è bene evitare le zone di sostenuto transito veicolare per non rischiare di mangiarle arricchite di piombo.