A metà strada tra il centro e la periferia della capitale islandese c’è una piccola casetta di colore bianco posizionata non lontano dal mare, a circa un chilometro dal porto di Reykjavik. Si tratta dell’Höfði, luogo che gode di ampi spazi verdi attorno e di un rispetto che impedisce qualsiasi edificazione nelle vicinanze. La casa, che risale al 1909, venne costruita nel luogo dove quattro anni prima era avvenuta la prima trasmissione radio della storia dell’Islanda. L’antenna “Marconi” utilizzata per trasmettere tra Reykjavik e la Cornovaglia è ancora posizionata accanto alla casa e sembra quasi un palo destinato ad ospitare una bandiera. In effetti negli anni successivi l’edificio ebbe il ruolo di consolato francese e poi di ambasciata britannica e quindi delle bandiere internazionali ne sventolarono più di una attorno all’Höfði.
Da quando gli inglesi si spostarono in un altro luogo l’edifico divenne luogo di importanti incontri da parte del governo islandese. L’Höfði entrò nelle case di quasi tutto il pianeta tra l’11 e il 12 ottobre del 1986, quando nelle piccole sale della residenza si incontrarono Ronald Reagan e Michail Gorbacëv. Fu il secondo incontro tra il Presidente degli Stati Uniti e il Segretario del Partito Comunista dell’Unione Sovietica e fu un momento carico di speranze per i delicati equilibri geopolitici mondiali. Il primo era avvenuto a Ginevra nel novembre del 1985, quando entrambi i leader si erano dimostrati disponibili a prendere in considerazione un’ipotesi di riduzione degli armamenti nucleari, in particolare quelli a medio e corto raggio che interessavano i paesi europei. Se a Ginevra iniziò la trattativa, per quanto riguarda la riduzione degli armamenti l’accordo arrivò proprio nella piccola casetta islandese, anche se la firma dovette aspettare la fine del 1987, con il Trattato INF (Intermediate-Range Nuclear Forces Treaty) siglato a Washington dai due presidenti. Reagan e Gorbacëv ebbero anche un quarto incontro, a Mosca nella primavera del 1988.
La durata degli accordi e cosa resta del vertice di Reykjavik
Gli accordi raggiunti a Reykjavik sono durati nel tempo, visto che il Trattato INF è rimasto in vigore fino al 2 agosto del 2019 quando gli Stati Uniti si sono unilateralmente ritirati dall’accordo sostenendo che la Russia negli ultimi anni lo abbia violato più volte. Sicuramente hanno contribuito alla distensione dei rapporti non solo tra le due grandi potenze, ma hanno alleggerito il ruolo degli stati europei alleati dell’uno e dell’altro. Oggi lo scenario delle alleanze è completamente diverso da quello degli anni ’80, anche se le tensioni tra Nato e Russia esistono ancora, per quanto passate da una prospettiva politica, dove comunismo e capitalismo si scontravano, ad una nazionale e legata ai propri interessi politici ed economici.
L’Höfði fu parzialmente danneggiato da un incendio nel 2009, proprio al compimento del primo secolo di vita. Prontamente restaurato, tuttora è vocato ai vertici internazionali e non è visitabile dal pubblico. Nel giardino della casa ci sono tre lapidi in pietra e granito che ricordano in lingua inglese, russa e islandese quello che accadde nell’ottobre del 1986, quando gli occhi di tutto il mondo osservavano il ventoso autunno della capitale islandese.
Il precedente scacchistico
L’Islanda ebbe un curioso precedente legato alla sua storica neutralità, nonché equidistanza geografica, tra Unione Sovietica e Stati Uniti. Tra l’11 luglio e il 3 settembre 1972 il sovietico Boris Spasskij e lo statunitense Bobby Fischer disputarono una lunghissima finale del Campionato del mondo di scacchi. Ebbe la meglio l’americano, unica volta nella storia. Fischer, nelle turbolente dinamiche della propria vita, lascerà poi gli Stati Uniti e otterrà il passaporto islandese. Proprio in Islanda morirà e le sue spoglie sono ospitate nel cimitero di Selfoss.