La baggiana di fave (o baccelli)

Una gustosa zuppa di stagione è la protagonista del nuovo appuntamento enogastronomico del sabato offerto dall'associazione Le Centopelli

a cura di Meri Torelli

Carissimi amici, per questo nuovo appuntamento enogastronomico ho il piacere di proporvi una gustosa zuppa di stagione, che proprio per i suoi ingredienti semplici ben si addice alle tiepide sere estive, la baggiana di fave, per tradizione preparata in questo periodo dell’anno, è una ricetta semplicissima che ci permette di gustare al meglio questo legume.

 Esistono diverse versioni, per verità di origine Marchigiana e di alcune zone dell’Umbria, ma non poteva mancare anche la versione Valtiberina che spesso assimila le tradizioni delle splendide regioni con le quali confina.  Conosciuti da noi più come baccelli, questi legumi, in antichità molto diffusi fra il popolo e i contadini, dopo la scoperta dell’America furono un po’ messi da parte a favore dei fagioli. Ci presenta la sua versione di baggiana, l’amico Marco Boninsegni, appassionato di cucina e tradizioni gastronomiche.

Ingredienti

Procedimento

Si mette in un tegame di coccio l’olio e la cipolla tritata finemente,

fare rosolare ed aggiungere la gota, infine aggiungere le fave.

Aggiustare di sale e pepe a piacere e cuocere a fuoco lento per circa 40 minuti.

Se necessario aggiungere qualche cucchiaio di acqua.

Ais Delegazione di Arezzo – Gruppo operativo Valtiberina Toscana consigliano:

a cura di Antonella Greco

C’è un sole tiepido e primaverile in quell’aia festante e sul selciato in pietra un rumore di zoccoli, quelli che si tengono sulla “via bona” e si sostituiscono con le scarpe vecchie e malandate, per entrare nel campo.

L’erba è stata tagliata e la corte ripulita con la ramazza di saggina, il bucato steso e ripiegato, gli animali “governati”, i “citti” piccini stanno lavando le mani e le ginocchia che portano segni evidenti del giocare spensierato.

Occorre una cena veloce fatta con quello che c’è in casa, perché se la polvere in campagna è tanta, i soldi sono proprio pochi per mettere in tavola qualcosa “al mì omo” che torna affamato dal lavoro della terra. Grazie al cielo è Giugno, e facendo capolino nell’orto ecco che spuntano quelle belle fave verdi che stanno maturando poco a poco. In cantina c’è del maiale che stagiona dopo la “spezzatura”, e il desco è salvo!

Ma Giugno fa ricordare anche un’altra polvere, quella sollevata durante un’importante battaglia che ha segnato l’indipendenza del popolo Italiano. Era il 24 Giugno 1866 quando il generale La Marmora a capo delle truppe di Sua Maestà Re Vittorio Emanuele II, andò allo scontro con quelle austriache dell’arciduca Alberto d’Austria (a sua volta impegnata anche contro la Prussia). La storia come è andata, purtroppo lo sappiamo: gli italiani un po’ per rivalità tra generali che comandavano i reparti, un po’ per aver fatto i conti senza l’oste (cioè pensavano che gli austriaci fossero in un posto, ma erano da tutt’altro), sono tornati a casa sconfitti.

Questa battaglia è passata alla storia come la “Battaglia di Custoza” (anche se in realtà con questo nome si identificano una serie di battaglie iniziate nel 1848 con la prima guerra di indipendenza italiana).

Oggi Custoza, un paese sul lago di Garda, è famosa anche per aver dato i natali ad un vino particolarmente eclettico, profumato e abbastanza persistente. Si Chiama Custoza Doc e viene prodotto con un uvaggio composto da Garganega, Trebbianello (clone del tocai friulano) e Bianca Fernanda (o Cortese), ma nel disciplinare si autorizzano anche altri vitigni come la Malvasia e il Pinot bianco. Giallo paglierino più o meno intenso a volte ha sfumature verdognole. Profuma di pesca bianca, ananas e mango e tiglio, fa pensare ai prati fioriti, alle spezie come lo zafferano o il chiodo di garofano. Ha una chiusura minerale e leggermente ammandorlata. Abbastanza persistente ed equilibrato è il vino che vi consigliamo per questo fantastico piatto della tradizione.

“Nunc est bibendum!”

I consigli di Augusto Tocci

Fave – A maggio comincia la stagione dei cosiddetti baccelli. Si tratta di legumi che contengono semi di dimensioni variabili, che di norma si mangiano freschi e ben si sposano col pane casareccio e il formaggio pecorino. In passato il prelievo avveniva nei campi coltivati per la produzione della biada clas­ sica destinata agli animali. Oggi non mancano mai nell’orto, anche quello di casa.

Scegliamo bene – Le fave si trovano anche secche, talvolta usate per la produzione di una farina adatta alla preparazione di minestre assai gradite. Nell’acquistarle fresche, osserviamo con attenzione l’involucro esterno, che deve  risultare verde intenso, senza macchie e croccante all’apertura.

Pulizia e conservazione – Quelle secche si posso trovare con e senza buccia. Queste ultime si cucinano senza sottoporle all’ammollo, procedimento riservato a quelle abbucciate. Mentre le fresche si conservano per qualche giorno nel frigorifero, le sec­ che, se protette in un contenitore idoneo e poste in luogo asciutto, si mantengono facilmente per lungo tempo.

Le proprietà – Contengono tantissima legumina, per cui sono molto nutrienti. Nella medicina naturale, la farina ottenuta dalla macinatura dei semi, bollita nell’acqua, arresta le diarree. I baccelli, inoltre, venivano indicati dai medici del passato per l’espulsione dei calcoli renali. Attenzione, negli individui con carenza di un enzima denominato G6PD, le fave fanno insorgere il così detto “favismo”, che porta spesso a crisi gravissime.

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