Elena Lanzi, classe 1994, dopo avere finito il Liceo Città di Piero ad indirizzo scientifico-linguistico si è trasferita a Milano per studiare biotecnologie. Dopo un anno e mezzo ha capito che la sua strada era legata alla passione per le lingue inglese, francese e spagnolo, che aveva studiato alle scuole superiori. Da qui una serie di scelte che l’hanno portata fino in Portogallo, dove si trova attualmente e dove si occupa di spiegare i segreti del Porto ai turisti stranieri.
Come sei finita più di una volta in Portogallo?
Nell’estate in cui ho deciso di cambiare i miei studi ho pensato di dedicarmi al viaggio con la piattaforma Workaway, una sorta di lavoro in cambio di vitto e alloggio che mi ha portato in varie zone della Francia e poi per la prima volta a Porto, dove ho lavorato per un mese in un ostello. In questo tipo di esperienza mi sono sentita molto a mio agio lavorando in mezzo alla gente utilizzando le lingue che avevo studiato. Lavoravo principalmente come receptionist, anche se in questo tipo di ambiente c’è sempre molto da fare e c’è la possibilità di imparare cose diverse. Questo mi ha portato a voler continuare a lavorare nell’ambito turistico e linguistico.
Il passo successivo è stato iscrivermi al corso di Lingue e comunicazione per le imprese e il turismo all’Università della Valle d’Aosta. Sono andata fino ad Aosta perché è una città che mi piace molto e il corso di studi era molto valido: permetteva di studiare tutte e tre le lingue fin dal primo anno e di ottenere alla fine del percorso di studi un doppio diploma italo-francese, visto che una parte degli studi si sarebbero svolti in Francia.
Lo stage prima della tesi è stata un’ulteriore opportunità per tornare a Porto, un luogo che mi aveva davvero entusiasmato: non ero mai stata così bene come in quella città. Dapprima sono tornata nell’ostello dove avevo lavorato e stavolta ci sono rimasta otto mesi. Quindi ho deciso di scrivere la mia laurea a Porto e tornare in Italia solo per i passaggi necessari all’Università, quindi gli ultimi esami e la laurea. Fortunatamente dopo la laurea ho trovato un altro lavoro che mi ha permesso di continuare a vivere in Portogallo. Ho lavorato nove mesi con un’azienda di telecomunicazioni che si occupa del servizio clienti di Airbnb. È stata un’esperienza particolare perché mi ha aiutato a conoscere meglio l’essere umano nei suoi lati positivi e in particolare modo in quelli negativi. Era un lavoro stressante che richiede di avere nervi saldi e che non si può fare più di qualche mese, altrimenti si rischia di impazzire dietro alle problematiche sollevate dai clienti.
Cosa fai attualmente in Portogallo?
Sono a Porto da oltre due anni e dopo l’esperienza con Airbnb ho deciso di cambiare lavoro. Dal 15 febbraio di quest’anno lavoro a Vila Nova de Gaia, dall’altra parte del fiume, dove mi sono anche trasferita. È un altro comune ma è sempre nel distretto di Porto. Qui lavoro in un’azienda che produce il vino di Porto, che nonostante si chiami così, viene in realtà prodotto nella valle del fiume Douro e viene poi conservato ed invecchiato a Vila Nova de Gaia. Io faccio la guida turistica nelle cantine di quest’azienda, anche se avevo praticamente appena iniziato quando siamo stati fermati dal Coronavirus. Avevo effettuato un training intensivo di due settimane per conoscere il vino, quindi produzione, vinificazione, storia, ma anche le specificità di ogni prodotto e delle differenze tra le etichette aziendali per poi fare i tour in italiano e inglese, con degustazione finale spiegata.
Tra un Chianti e un Porto cosa preferisci bere e perché?
Sarebbe un peccato dover scegliere tra un Chianti e un Porto. E non è necessario, dato che possiamo fare una bella cena con il vino toscano per poi accompagnare un dessert con un vino di Porto Tawny invecchiato 20 anni, e penso che in questo modo il dilemma sia risolto. Devo dire che questa esperienza mi sta facendo ben conoscere il mondo del vino, in particolare quello locale, ma in generale mi ha procurato un certo interesse per scoprire anche dal punto di vista tecnico il vino in generale. Uno dei motivi per cui tornerò in Italia volentieri è quello di ribere un signor Chianti con un palato diverso e gustarmelo con più coscienza. In Toscana nasciamo in mezzo al vino ma conoscerli e soprattutto capirli è un’altra cosa.
Che impatto ha avuto il coronavirus in Portogallo e come ha influito nella tua vita?
Il Governo portoghese si è mosso in modo tempestivo anche grazie a quello che aveva visto succedere in Italia. L’impatto nelle vite di tutti è stato considerevole ma meno traumatico rispetto al nostro Paese. Adesso siamo nella terza fase, quella dedicata alla ripresa delle attività, ed è obbligatorio portare le mascherine nei luoghi chiusi e nei mezzi di trasporto. Prima non c’era alcun obbligo di maschera o guanti neppure nella fase di maggiore emergenza. Non è mai stato vietato passeggiare o fare attività sportive da soli. Stava al senso civico di ognuno mettere in atto ciò che era necessario. Io per esempio abitavo in una zona molto trafficata e nelle ore di maggior movimento delle persone evitavo di uscire per fare attività fisica, e limitavo le uscite alle esigenze necessarie come andare al supermercato. Nella mia vita, lavorando nel turismo, l’impatto c’è stato. Il 18 marzo è stato dichiarato lo stato di emergenza e già dal 15 marzo il centro turistico delle cantine dove lavoro aveva già chiuso. Inizialmente era per due settimane e poi è stato deciso ad inizio aprile di metterci in cassa integrazione per tre mesi. Prendo i due terzi dello stipendio normale ma senza lavorare. Sono quasi due mesi e mezzo che sono a casa e difficilmente posso fare telelavoro, anche se la mia azienda sta sperimentando le degustazioni online, ovvero due miei colleghi spiegano il Porto attraverso internet. Questo lo si può fare inviando i vini a casa e degustandoli confrontandosi assieme. In questi giorni sta riaprendo la struttura ma delle venti guide turistiche per ora torneranno a lavorare in pochi. Ho cercato di mantenere una sorta di routine e normalità dedicandomi ai miei interessi, come l’enologia o le passeggiate fino all’oceano. Una vita davvero strana ma che ormai è diventata un’abitudine dopo tutto questo tempo. Forse neppure durante l’estate ai tempi della scuola avevo così tanto tempo libero!
Come si sono mosse le autorità in questa emergenza e come sta andando il ritorno alla cosiddetta normalità?
Si sono mosse bene e tempestivamente. Qui a Porto il Sindaco aveva chiuso parchi e spiagge ben prima che il governo dichiarasse l’emergenza. La gente ama trascorrere il tempo insieme e quindi queste misure preventive sono state importanti. Dal 18 marzo sono stati chiusi i confini e tutto quello che non era essenziale. I ristoranti sono rimasti aperti con l’asporto. È stato trovato un buon equilibrio tra le misure legali necessarie e la responsabilizzazione del cittadino. Questa libertà individuale ha permesso il mantenimento di un senso di tranquillità.
La ripresa dal mese di maggio è stata graduale. Adesso è già tutto aperto, compresi grandi centri commerciali e cinema. Anch’io con le dovute attenzioni ho ricominciato ad incontrare gli amici, ci beviamo una birra o mangiamo un gelato. Sta ricominciando una normalità diversa. C’è stato un aumento dei casi dopo la riapertura soprattutto a Lisbona, questo è considerato normale. Siamo sui 35.000 contagi con poco più d 10.000 attualmente positivi, ma personalmente sono soddisfatta di come sono state gestite le problematiche in Portogallo.
La tempestività dell’azione governativa è stata possibile solo grazie alla collaborazione della popolazione. Da prima dello stato d’emergenza molti stavano già a casa e avevano ridotto gli spostamenti e l’attività sociale. Ritengo interessante questa sinergia tra gente, Stato e anche le aziende private come quella dove lavoro, che hanno chiuso prima di qualsiasi ordine in tal senso, privilegiando il rispetto per i propri collaboratori.
Il Portogallo infatti è stato visto come un esempio positivo di gestione dell’emergenza.
Una signora del posto giorni fa mi ha svelato il “segreto”. All’inizio dell’emergenza, quando le disposizioni sono state annunciate c’erano solo 500 casi. Poi, nonostante una popolazione molto anziana, il tasso di mortalità è stato molto contenuto. Ho detto a questa signora di essere sorpresa di come era stata trattata la situazione e dei risultati ottenuti. Lei con un pizzico di orgoglio mi ha risposto che era sicura che le cose sarebbero andate così. Ho chiesto ulteriori spiegazioni e ho ricevuto una replica decisamente romantica e allo stesso modo interessante: secondo la signora la cultura portoghese, derivante dal fado e dalla saudade, quindi un profondo senso di malinconia e tristezza, dà una consapevolezza che aiuta in questo periodo di sofferenza collettiva e permette di affrontarlo in maniera unita, non solo per sé stessi ma per tutta la nazione.
Consiglieresti il Portogallo per una vacanza? E quali luoghi in particolare?
Sì, lo consiglio sempre come luogo per fare una bella vacanza. Il Portogallo offre varie tipologie di vacanza, anche nella fase di ripartenza post Covid-19. Per questa nazione il turismo è una parte importante per l’economia e quindi si sta riattivando tutto puntando sul trasmettere sicurezza al turista. È un luogo ottimale per un tipo di turismo lento che penso avrà una grande importanza in questa fase di nuova partenza. Ad esempio c’è la Rota Vicentina, che ho personalmente fatto un anno fa, che è un cammino che attraversa le regioni a sud del Portogallo lungo l’Oceano. È davvero un percorso particolare che si può far anche in bicicletta. Sempre tra i cammini c’è quello di Santiago portoghese, che da Porto va a Santiago. È più corto, meno conosciuto e altrettanto bello rispetto a quello che collega la Francia a Santiago de Compostela. A piedi o in auto il Portogallo si visita molto bene perché in questo è simile all’Italia, le sue bellezze sono anche nei piccoli paesi. Certamente Porto e Lisbona sono città meravigliose ma con un mezzo di trasporto ci si può addentrare ovunque. Un’altra zona adatta ad un turismo montano è il Parco Nazionale di Gerês, nel nord, dove la natura è rustica, incontaminata e meravigliosa. Lavorando nel mondo del vino non posso non consigliare la valle del Douro dove viene prodotto il vino di Porto. C’è un contenzioso tra questa valle e il Chianti su quale delle due regioni vinicole sia stata la prima ad avere ottenuto la denominazione di origine controllata.
Quali programmi hai per il tuo futuro?
Stiamo vivendo tutti un gran periodo di incertezze. L’incertezza non mi è mai dispiaciuta e l’ho sempre vista come un modo anche per cambiare e trovare soluzioni, vedere come va la vita, capire quello che si vuole veramente. Intanto ho la fortuna di essere con un’azienda che nonostante non ci sia lavoro mi ha dato la sicurezza di avere una occupazione retribuita, seppure in questo momento con l’aiuto dello Stato portoghese. Cosa succederà poi non lo posso sapere. Tengo d’occhio il cassetto dove stanno i miei sogni e aspetto che ci sia la possibilità per poterli realizzare mentre faccio le mie esperienze all’estero. Questa esperienza di affrontare una pandemia fuori dell’Italia mi ha dato per la prima volta in 25 anni anche la voglia di tornare in Italia. È strano non essere in questa situazione a casa propria ma in un altro paese. Mi piacerebbe vivere da dentro come il settore turistico italiano sta affrontando la ripartenza.