Il museo del Duomo di Città di Castello si riorganizza in epoca Covid

La dottoressa Catia Cecchetti, direttrice e responsabile, ci racconta come è cambiata la fruibilità del museo in pandemia grazie al digitale e ai social

Catia Cecchetti

Il museo del Duomo di Città di Castello, conosciuto anche come museo diocesano, fu fondato per volontà del vescovo Francesco Maria Cipriani nel 1940 a seguito del ritrovamento del corredo liturgico denominato Tesoro di Canoscio. L’importante scoperta risale al 1935 quando un contadino, durante l’attività di aratura di un terreno in località Canoscio, si accorse della presenza del prezioso cimelio, consegnato poi allo Stato in quanto ritrovato sottoterra. Da li, partì la richiesta di monsignor Cipriani per poter riavere il tesoro in città e poterlo custodire. Il vescovo si accordò con l’allora ministro dell’istruzione Giuseppe Bottai che accettò la richiesta, ma alla condizione che il tesoro fosse conservato all’interno di una struttura sicura. Nacque, così, il museo diocesano, inizialmente allestito presso la sacrestia della Basilica Cattedrale, poi successivamente ampliato. L’inaugurazione risale al 1991, mentre nel 2000 ci fu un’importante ristrutturazione dei locali. Il museo si sviluppa su due piani e conserva preziosissime opere di oreficeria, oggettistica ecclesiastica, corredi, sculture, opere pittoriche ed una ricca sezione d’archivio. Dato il prestigio delle opere conservate e l’ampiezza dei locali, circa 800 mq, ad oggi il museo risulta essere una tra le più importanti sedi espositive di arte sacra, a livello nazionale. Le opere conservate sono di straordinaria ricchezza e valore.

Il 2020 è stato un anno complesso e difficile a causa della pandemia e, tutt’ora, la situazione risulta essere ancora molto delicata. Fra i settori più penalizzati, la cultura si posiziona indubbiamente al vertice della classifica. La chiusura forzata di musei, gallerie, mostre e teatri ha costretto a ripensare questi luoghi in un’ottica diversa e ha portato alla nascita di eventi collaterali pensati per sostituire quelli che prima si svolgevano rigorosamente in presenza. In attesa di poter tornare ad una situazione di normalità, abbiamo conversato con la dott.ssa Catia Cecchetti, responsabile del museo del Duomo di Città di Castello, in merito alla situazione attuale e in prospettiva di una futura (si spera prossima) riapertura.

Dott.ssa Cecchetti, ci parli del museo e delle prestigiose opere che conserva al suo interno

Il museo diocesano conserva opere di vario genere. Fra le opere di oreficeria si trova il Tesoro di Canoscio, collezione composta da venticinque oggetti utilizzati in ambito liturgico, considerata una delle più importanti scoperte archeologiche degli ultimi secoli. La sua presenza è stata fortemente voluta dal vescovo Cipriani che, nel 1940, riuscì a trovare un accordo con il ministro dell’istruzione Bottai per poter conservare qui questo prezioso cimelio. Nella sala due è presente il capolavoro Paliotto di Papa Celestino II, esempio di oreficeria romana, fatto realizzare a Città di Castello su richiesta diretta del papa e risalente al XII secolo. La sua particolarità è che, a differenza della maggior parte dei paliotti realizzati in stoffa damascata, questa è un’opera di grande ricchezza dati i preziosi materiali impiegati. Nella sala tre, ex magazzini della canonica datati 1400, si trovano vetrine che conservano oggetti ecclesiastici prevenienti dall’intero territorio della diocesi che, un tempo, si estendeva fino a Sansepolcro. Salendo al piano secondo troviamo tre sale, la primitiva struttura del museo e, precedentemente, sale dell’antica sacrestia. Qui sono conservati affreschi datati ‘600/’700 staccati dalle mura di antiche chiese della diocesi, due vetrine con corredi da pontificale ritrovati nella Basilica Cattedrale e una tempera su tela di Francesco da Tiferno, Annunciazione (1504). La sala pinacoteca ospita due opere di artisti molto importanti: la Madonna col Bambino e san Giovannino del Pinturicchio (ca. 1486) e  Cristo risorto in gloria di Rosso Fiorentino (1528-30). Fra le sculture troviamo il Crocifisso, arte lignea della seconda metà del XV sec. di scuola di Giuliano da Sangallo  e la Madonna di Uselle, arte lignea del XIV sec.

Qual è, secondo lei, il punto di forza di un museo ecclesiastico ?

Ritengo che i musei ecclesiastici seguono dei criteri di allestimento molto più innovativi rispetto ai musei civici tradizionali perché, essendo nati successivamente, hanno una godibilità e una fruibilità più “moderna”. Inoltre, ospitano non solo oggetti di arte sacra, ma anche opere pittoriche che, per lo più, provengono da chiese.

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Avete portato avanti attività di restauro in questo periodo di pandemia?

Il nostro motto è “siamo chiusi, ma non fermi”. Abbiamo pensato di restaurare un capolavoro, il Riccio di pastorale, esempio di oreficeria senese il cui progetto di pulizia ordinaria è stato autorizzato dalla locale sovrintendenza. Siamo riusciti a farlo grazie al laboratorio orafo Bartoccioni di Città di Castello e grazie al contributo del Rotary club di Città di Castello e del suo presidente, il dott. Alessandro Leveque. Vorremmo organizzare una cerimonia di riconsegna, in presenza o in diretta streaming e, per autunno 2021, stiamo già pensando ad un convegno di approfondimento dedicato a questo capolavoro di oreficeria, soprattutto per cercare di capire come mai quest’opera si trova proprio qui a Città di Castello. Per far questo, abbiamo già preso contatti con il prof. Mirco Santanicchia, docente presso l’Università degli studi di Perugia, ed altri docenti esperti del settore. A dicembre, invece, abbiamo restaurato l’opera di Francesco da Tiferno e, per l’occasione, abbiamo fatto delle riprese che sono state mandate in streaming nei vari canali social. Il restauro si è inserito all’interno di un progetto di più ampio respiro, finanziato dalla regione Umbria e pensato dai MEU, musei ecclesiastici umbri, associazione di cui fa parte anche il nostro museo. Francesco da Tiferno è un’artista che abbiamo inserito nell’anno delle celebrazione dedicate al cinquecentenario dalla morte di Raffaello in quanto ha risentito dell’influenza del maestro proprio qui a Città di Castello.

Come vi siete riorganizzati in epoca Covid? Come avete ripensato il museo?

Oggi siamo tutti connessi in rete e, anche per noi, diventa fondamentale aggiornarci. Lavoravamo già molto nelle nostre pagine social (Facebook e Instagram), facendo promozione di eventi e manifestazioni. Nel periodo di chiusura abbiamo potenziato i canali per mantenere vivo il contatto con le persone che ci seguono. La multimedialità e gli strumenti online saranno compagni fedeli per molto tempo e continueranno ad esistere anche quando riprenderanno gli eventi in presenza e potremo riaprire. Ci siamo adeguati alle normative, ma il contingentamento porterà comunque a degli accessi minori. La digitalizzazione del nostro museo si inserisce all’interno di un progetto regionale. La regione Umbria ha confermato la necessità, in epoca Covid, di un potenziamento del multimediale all’interno delle strutture per far fronte ai minori ingressi che, ovviamente, ci saranno nei prossimi tempi. Potenziare i canali social è importante soprattutto per coloro che non potranno accedere fisicamente al museo. C’è stato un lavoro importante di tecnologizzazione ed è stato potenziato l’apparato wi-fii. Per esempio, la Madonna col Bambino e san Giovannino del Pinturicchio è stata scelta come opera da “arricchire” con la realtà aumentata, inserita all’interno del progetto finanziato dalla Regione Umbria dal titolo “Incontrarti oltre le immagini” (progetto MEU). La pandemia ci obbliga a restare chiusi, ma abbiamo pensato ad un modo nuovo per far entrare virtualmente i visitatori all’interno del museo. Oltre ad aver potenziato i canali social e aver fatto dirette live streaming, abbiamo pensato a dei virtual tour a cui il visitatore potrà partecipare comodamente da casa (il progetto sarà attivo a fine marzo).

Avete pensato a degli eventi da organizzare nei prossimi mesi?

Stiamo pensando di organizzare “Chiostri acustici tra Umbria e Toscana”. I contatti tra i vari comuni dell’Alto Tevere hanno consentito di dar vita a tre importanti iniziative, “Natale tra Umbria e Toscana”, “Pasqua tra Umbria e Toscana” e “Chiostri acustici tra Umbria e Toscana”. La scorsa estate siamo riusciti ad organizzare in presenza “Chiostri acustici tra Umbria in Toscana”: una serie di concerti che si sono svolti all’interno di suggestive ambientazioni come chiostri, piazze e musei di grande interesse storico e culturale. Dieci i comuni della vallata che hanno partecipato per un totale di undici appuntamenti, sette nei comuni dell’Alto Tevere umbro e tre nella regione Toscana con grande consenso di pubblico. Speriamo di poter organizzare questo importante evento anche questa estate,  data anche la grande partecipazione dello scorso anno e la voglia delle persone di partecipare attivamente agli eventi culturali promossi dai comuni e dalle associazioni del territorio.

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