Una panoramica sui progetti del Recovery Plan nel proprio settore di competenza è stata tracciata ieri sera dal ministro delle politiche agricole Stefano Patuanelli, ospite di un incontro online organizzato dal Movimento 5 Stelle di Sansepolcro. L’appuntamento, inserito nella serie di iniziative dal titolo “Borgodomani”, è stato condotto dalla portavoce locale Catia Giorni e ha visto anche la partecipazione dell’europarlamentare Fabio Massimo Castaldo, del deputato Francesco Berti e del manager Cristian Tullio.
Patuanelli, pur sottolineando che il Recovery Plan “non è la panacea di tutti i mali”, lo ha definito “un’opportunità che possiamo cogliere se saremo in grado di valorizzare le nostre eccellenze”, specificando che si tratta di “un progetto per il Paese che è declinato su scala nazionale ma ha la pretesa di entrare nel dettaglio dei singoli territori”. Il ministro ha ricordato le parole d’ordine del piano, ovvero digitalizzazione e transizione ecologica: “Abbiamo costruito su questa impostazione anche le misure relative al settore primario – ha detto – ritenendo che l’agricoltura abbia un grande vantaggio competitivo dalla digitalizzazione e dall’innovazione e possa e debba contribuire in modo centrale alle politiche di transizione ecologica. L’impronta ambientale dell’agricoltura è in riduzione ma è ancora troppo profonda”, ha sostenuto il ministro, per il quale “bisogna dare alle imprese agricole gli strumenti per poter effettuare la transizione continuando a produrre beni primari”. Secondo Patuanelli “il settore ha dimostrato resilienza durante la pandemia, perché il cibo non è mai mancato grazie al grande lavoro fatto dagli agricoltori, dai braccianti, dai produttori, dai trasformatori, dalla grande distribuzione, dalla logistica, però in questa fase si sono evidenziate anche alcune debolezze”. Per esempio “la parte logistica ha retto ma ha possibilità di implementazione enormi, e per questo abbiamo una progettualità da 800 milioni per l’innovazione della catena”.
Una questione a cui Patuanelli ha dedicato ampio spazio è stata quella dell’energia: “Abbiamo due interventi molto importanti – ha detto il ministro riferendosi ai progetti su agrisolare (“un miliardo e mezzo di euro per la realizzazione di impianti fotovoltaici sulle coperture dei fabbricati rurali produttivi”) e agrovoltaico (“un miliardo e cento milioni per la produzione di energia rinnovabile con impianti sospesi”). Sul tema Patuanelli ha puntualizzato che “l’azienda agricola deve produrre beni agricoli, non può trasformarsi in una società di produzione energetica, però l’energia può essere uno dei fattori che consente a quell’azienda di avere un reddito laterale, e su questo principio si basano le nostre progettualità”. Sempre sul piano energetico Patuanelli ha ricordato un progetto da un miliardo e 920 milioni per la produzione di biogas e biometano. “Anche in questo caso – ha precisato – vanno messi paletti molto chiari, perché è evidente che non dobbiamo far produrre alle aziende esclusivamente per il biogas, ma dobbiamo far diventare questa progettualità il vero cuore dell’economia circolare, dove il residuo della lavorazione agricola diventa matrice per la produzione di biogas e biometano”.
L’intervento del titolare delle deleghe alle politiche agricole si è poi spostato sulla gestione irrigua: “Abbiamo una progettualità da 880 milioni che consentirà di gestire i bacini irrigui per captazione ma anche attraverso il sistema dei pompaggi per immagazzinamento di energia”. Patuanelli ha infatti ricordato che “rispetto alla questione dell’energia da fonte rinnovabile l’intermittenza è un problema, perché l’energia elettrica deve essere consumata nel momento in cui viene prodotta. Se non viene consumata deve essere stoccata e al momento lo possiamo fare in due modi e mezzo: batterie, idroelettrico e idrogeno, che in futuro potrà essere il vero vettore energetico con impatto ambientale nullo, ma oggi non è ancora una tecnologia matura, anche se nel Recovery Plan ci sono molti progetti in questo senso”.
“Risparmio ambientale e rispetto per l’ambiente significano anche cambiare le nostre macchine agricole, per cui abbiamo un progetto da 500 milioni sulla meccanizzazione”, ha detto ancora Patuanelli, che ha poi evidenziato che “ci sono inoltre progettualità, in collaborazione con altri ministeri e in particolare quello dei Beni culturali, che hanno un affaccio verso i borghi interni. La pandemia ha interrotto quel processo di aggregazione nelle megalopoli che sembrava irreversibile e ci dà la possibilità di riappropriarci delle aree interne, dei borghi, dei piccoli comuni, restando comunque connessi con il resto del mondo”, ha detto il ministro, sostenendo che “è necessario investire perché questo percorso di ripopolazione trovi le aree interne pronte ad accogliere le opportunità che possono derivare da questa nuova dinamica demografica”. Proprio le aree interne contribuiscono in modo decisivo alla ricchezza di “distintività eccezionali” di cui gode il nostro Paese, per cui secondo il ministro “l’artigianalità delle produzioni italiane va coltivata e rafforzata”. In tale dinamica “la dimensione aziendale non è un problema se approcciata secondo un concetto di filiera, all’interno della quale la distribuzione del valore aggiunto dev’essere equa. Abbiamo un progetto da un miliardo e duecento milioni – ha aggiunto il ministro – proprio sui contratti di filiera, che consentiranno anche ai piccoli produttori di essere inseriti in un sistema che funziona. In questo modo si riesce a non disperdere la qualità del prodotto artigianale – ha concluso – ma in un contesto internazionale che consente di accedere a mercati ricchi nei quali i nostri prodotti possono essere venduti al giusto prezzo”.