Il cosiddetto “Grande Museo”, cioè l’ampliamento del Museo Civico a Palazzo Pretorio attraverso la terrazza sovrastante l’Arco della Pesa, è un progetto strategico la cui realizzazione costituirebbe un notevole salto di qualità nell’offerta culturale di Sansepolcro. Lo ha ben compreso il gruppo di lavoro dell’Anci che lo ha inserito nel Piano per lo sviluppo culturale della città recentemente completato, e ne è consapevole l’assessore alla cultura Gabriele Marconcini, che ne parla con evidente entusiasmo. Mettendo anche da parte i calcoli politici e raccontandoci di questo progetto quando ancora non è finanziato, esponendosi quindi a facili critiche qualora non se ne facesse nulla. “Mi preme molto iniziare a condividerlo”, ci ha spiegato alla fine della conversazione, “perché dev’essere un eventuale punto di partenza per chiunque verrà, dev’essere un patrimonio progettuale a disposizione della città e non appannaggio di un’amministrazione”. Ma andiamo per ordine e cominciamo dall’inizio di una chiacchierata che tocca i numerosi punti di forza di questa prospettiva.
Come nasce l’idea?
“L’idea nasce dall’esigenza di presentare tutto il valore storico, artistico e culturale di Sansepolcro, che è collegato a Piero della Francesca ma comprende anche altro. Solo attraverso un’estensione degli spazi fruibili si riesce a scandire un percorso museale che possa veramente coprire tutta la nostra storia e tutto quello che nel corso dei secoli e delle epoche è stato prodotto di artistico e non solo. Io capisco che qualcuno potrebbe fare obiezioni dicendo che sarebbe più opportuno avere un approccio più diffuso, che magari coinvolga direttamente anche altri spazi del centro storico. Sono d’accordo, questi devono essere valorizzati, però è anche vero che abbiamo grossi problemi materiali, concreti, a tenere aperti altri posti, perché ci sono spese fisse che non riesci ad abbattere. Oltre al Museo Civico, i posti che abbiamo a Sansepolcro faticano ad avere una sostenibilità e vanno avanti anche grazie al contributo di tanti volontari. Se volessimo creare altri luoghi, dei settori storici e artistici collocati in altri ambienti fuori dal Museo Civico, la situazione sarebbe ingestibile. L’unica possibilità è quella di estendere il percorso anche a Palazzo Pretorio, con l’idea che lo spazio del Museo Civico debba diventare la naturale prosecuzione di un vissuto quotidiano che appartiene a tutti noi e che deve essere sentito come un posto nostro. Per questo si è anche voluto inserire nel progetto un angolo con un minimo di caffetteria, con la possibilità di consultare delle riviste, dei libri. Proprio perché il Museo deve essere contemplato con un ritmo lento, deve essere il luogo in cui si recupera una dimensione temporale sana che permette di recepire propositivamente gli input che il visitatore sicuramente avrà”.
Il progetto a che punto è?
“Il progetto è ormai ultimato. Abbiamo cercato di recuperare un lavoro che in parte era stato avviato durante l’epoca del sindaco Dario Casini. Ho parlato con lui e con l’allora assessore Paola Cardelli, che mi hanno spiegato che si erano affidati all’architetto Giuseppe Centauro dell’Università di Firenze, che tra l’altro a inizio anni novanta aveva sistemato tutto il palazzo per ospitare il Museo nella forma che ha oggi. In continuità ci siamo appoggiati a lui e alla sua équipe, ci hanno lavorato e oggi abbiamo un progetto completo che a tutti gli effetti ci fa vedere come sarà quel luogo”.
E ora?
“Quello che manca è l’ok della Soprintendenza, che dovremo richiedere noi come Comune, e soprattutto mancano le risorse, perché anche se una parte ce la potremmo avere, non è sufficiente a garantire la completa messa in opera del progetto. Però intanto l’idea è quella di iniziare a vedere se, lavorando a stralci, si riesce a partire anche nel breve termine. L’aspetto più delicato è quello del ricongiungimento tra il Palazzo dei Conservatori, cioè la sede dell’attuale Museo, e Palazzo Pretorio. Il piano nobile di Palazzo Pretorio sarà totalmente destinato a questo tipo di offerta, anche perché ha già una fisionomia particolarmente funzionale per rendere gli ambienti fruibili e con un controllo da remoto potremmo avere bisogno di pochissime altre persone per la guardianìa, una o massimo due. Questo intervento ci permetterebbe di perseguire diversi obiettivi strategici, oltre a far vedere tutta la nostra storia e far capire a chi arriva che non si ferma tutto nel Cinquecento, ma ci sono anche un Seicento e un Settecento interessanti, un Ottocento assolutamente vivo e un Novecento più che dignitoso. Con la disponibilità di più spazi possiamo sfoltire le sale che abbiamo, soprattutto le prime di Piero della Francesca, perché ci sono troppe opere, mentre adesso l’approccio museale prevalente ne prevede poche da assimilare con calma. E allo stesso tempo saranno riportati in auge i nostri artisti che sono molto sottovalutati, potremo rendere fruibili opere e personalità che ora non sono neanche menzionate. Questo è bello, perché chi viene da fuori magari potrebbe non essere interessato alla storia di una città medio-piccola, però in realtà la nostra storia è piuttosto esemplificativa: è una delle tante ma insegna bene, rappresenta un percorso che tutta la civiltà occidentale ha fatto. Noi abbiamo tutto, magari anche attraverso artisti minori, però abbiamo un monito dell’arte che ci fa vedere quello che succedeva in controluce in ogni epoca. Non tutte le città hanno una rassegna così ampia di testimonianze artistiche, quindi è doveroso mettere in evidenza tutti questi periodi”.
Oltre a quello di proporre un’offerta più completa, quali altri obiettivi si possono raggiungere grazie a questo progetto?
“Ci sono altre due prospettive strategiche. La prima è il recupero di tutta la parte archeologica. La collezione adesso è in via dell’Ammazzatoio, in un ambiente che necessita di interventi e che sacrifica quel patrimonio. La Soprintendenza sta iniziando, mi sembra, a percepire la Valtiberina come un territorio che può proporre due tipologie di beni artistici e culturali, le arti figurative a Sansepolcro e l’archeologia ad Anghiari. Se vogliamo evitare che il nostro patrimonio letteralmente scivoli verso Anghiari, dobbiamo dimostrare fattivamente che ci interessa e che intediamo renderlo fruibile. Se vogliamo dargli una centralità non possiamo che farlo dentro il nostro Museo, e attualmente lo spazio non c’è, ma sarebbe un peccato non poter più vedere a Sansepolcro pezzi che arrivano dal Gorgo del Ciliegio, dal Trebbio, dagli insediamenti del cosiddetto Borgo prima del Borgo. Il secondo elemento strategico consiste nel creare alla fine del percorso museale una sala che rimandi fuori direttamente da Palazzo Pretorio, quindi l’idea di un’offerta culturale diffusa non si perde, ma anzi tutto questo diventa propedeutico ad estendere la visita anche ad altri luoghi che possono parlare della città. Nel progetto è già prevista la proposta, attraverso la tecnologia, di itinerari che al momento sono, per esempio, quello del centro storico con le sedi delle associazioni, ma anche quello di Montecasale con il Cammino di Francesco, quello del Tevere e di Montedoglio, quello dell’archeologia. L’idea è fare in modo che quando uno esce da lì non prenda il pullman e non vada via, ma vada a vedere magari il Museo del Merletto e si fermi. Insomma in questo modo si riesce a espletare prima di tutto una grande funzione culturale, che è quella di rendere consapevoli i cittadini e i fruitori esterni di quello che c’è al Borgo, ma sicuramente si generano anche ricadute turistiche. Perché un visitatore arriva la mattina, va a vedere il Museo e ci sta non solo un’ora, ma due o tre o anche più, visto che il Museo è grande e in più ci si può anche mettere a sedere, leggere. Tutto questo aumenta il tempo di visita del Museo Civico, se poi una persona esce e va a vedere un altro posto finisce che resta a Sansepolcro tutto il giorno, e a quel punto ci cena e forse ci dorme anche. Poi grazie al Museo scopre che Montecasale o Monterchi sono molto suggestivi e magari ci va il giorno dopo invece di tornare subito ad Arezzo. Ecco la strategicità di questo intervento”.
Anche nel nuovo Grande Museo resterà uno spazio per le mostre temporanee.
“Rimarrà lo spazio per le mostre che è nel sotterraneo. Rivendico questa scelta perché le mostre sono vitali. Non lo dico adesso che c’è Banksy, una mostra che potrebbe apparire un po’ distante dal Museo, lo dico perché attraverso le mostre noi possiamo valorizzare quello che c’è al Civico, culturalmente prima che turisticamente. La mostra su Luca Pacioli è stata scientificamente perfetta: chi l’ha visitata è riuscito a conoscere meglio Luca Pacioli grazie alla successione che abbiamo creato, al percorso, agli accostamenti. Ma sono preziose anche mostre contemporanee – penso a McCurry o a Banksy – che comunque cercano di avere una contestualizzazione. Adesso con Banksy i visitatori del Museo sono quasi tutti giovani, ed è rincuorante vedere a luglio gente di quell’età che va al Museo. Vanno tutti alla mostra ma poi fanno il biglietto cumulativo e salgono anche ai piani superiori. Questo è un grandissimo risultato. Le mostre hanno questo doppio valore, non a caso ne alterniamo una che valorizza aspetti specifici della nostra storia, con cui forse si scalfisce in positivo anche il mondo scientifico, e una contemporanea, grazie a cui condividi qualcosa di prezioso con un target che altrimenti non avresti”.
Torniamo alla questione delle risorse: come e quando si potrà iniziare a concretizzare?
“Non appena riusciamo a intercettare una linea di finanziamento specifica, perché il progetto va un po’ oltre le possibilità delle casse comunali, soprattutto in questa fase. Essere dentro al Piano strategico dell’Anci però ci aiuterà ad avere attenzione anche per interventi di questo tipo, perché altrimenti è difficile trovare finanziamenti, che attualmente sono tutti destinati a investimenti nella tecnologia o nell’antisismica. Noi invece dobbiamo fare un museo, siamo in una situazione un po’ di mezzo, per questo far parte del Piano è importantissimo. E poi sono convinto che per stralci si possano fare passi importanti anche valutando alcune altre opzioni, come ad esempio quella dell’art bonus: trattandosi di un luogo pubblico, un privato potrebbe fare una donazione liberale e detrarre il 65% di quello che investe dando alla città qualcosa di molto importante. Insomma, sarebbe decisamente opportuno che il progetto partisse. Quando non lo so, ma spero prima possibile”.