Il gateau o gattò di patate

Una nuova gustosa proposta dell'associazione Le Centopelli a cura di Alessandra Bollini

Il Gattò è uno sformato con patate uova, prosciutto cotto e formaggio, di facile realizzazione. Si tratta di un piatto tipico della cucina campana e la storia del suo nome, Gattò, è legato alla storia della città di Napoli.

Secondo la tradizione venne preparato per la prima volta in occasione in del matrimonio di Ferdinando IV di Borbone nel 1768. Il nome deriva dal francese   “Gateau” (torta) , che  adattato poi al dialetto napoletano Gattò , sarà inteso solo torta di patate.

Ci ha proposto questa delizia la nostra fotografa ufficiale Alessandra Bollini, che ringraziamo per essere sempre disponibile a collaborare alla nostra rubrica.

Ingredienti

Procedimento

Lessare le patate e schiacciarle, aggiungere uovo, sale pepe, grana, prosciutto cotto, scamorza e poco latte per amalgamare meglio.

Imburrare una teglia, cospargerla con il pan grattato e versare il contenuto.

Livellare bene e spolverizzare la superficie con il pan grattato.

Mettere in forno a 180 ° per circa 30/35 minuti.

Ais Delegazione di Arezzo – Gruppo operativo Valtiberina Toscana consigliano

Continua il viaggio intorno all’Italia in cerca di un vino che faccia da accompagnatore alla ricetta della tradizione proposta dai nostri associati. Il viaggio di oggi si conclude in Friuli e il vino che proponiamo, nn è un bianco come verrebbe da pensare, bensì un rosso.

Il vino di questa settimana è il Refosco dal Peduncolo Rosso. Si chiama così perché il peduncolo del raspo che sorregge l’acino è appunto rosso. E’ un vino “ ‘gnorante”, particolarmente acido e tannico. A voler essere gentili lo potremmo definire spigoloso, malgrado la sua maturazione lenta e bisognosa calore. Tanto è vero che gli impianti sono tutti mesi a favore di sole. E’ un vitigno noto anche per la sua resistenza al marciume.

Ma perché vi consigliamo questo vino così particolare? Perché il Refosco dal Peduncolo Rosso, con il giusto affinamento in botte diventa un vino elegante e di gran pregio.

Rosso rubino dai riflessi violacei in giovinezza, vira al granata con l’invecchiamento. In gioventù come detto, scalpita per l’eccessiva freschezza. E’ sufficientemente sapido ed il tannino è vellutato. Al gusto olfattivo è possibile riconoscere prugna, mora, viola ed erbaceo. Si accompagna a cibi morbidi ( con tendenza dolce) e grassi (che creano in bocca un senso di pastosità e patinosità come le uova o il parmigiano). Ottimo infatti anche con la carbonara.

Nunc est Bibendum!

I consigli di Augusto Tocci

Scamorza – Tipico dell’Italia meridionale, è un formaggio a pasta filata semicruda, fatto con latte prevalentemente vaccino. Il nome deriva da “scamorzare”, operazione che consiste nell’eliminazione di una parte di pasta filata. Si produce col caglio di vitello e trattamento con acqua caldissima prima dell’immersione dei singoli pezzi in acqua e sale. Allo stato fresco si consuma con piacere anche da sola. Ma dopo la stagionatura, si presta di più per la cottura alla griglia, in padella o per la preparazione di paste ripiene.

Scegliamo bene – Il sapore rassomiglia al caciocavallo, dal quale differisce per la forma. Alcune varianti, come la pugliese e la campana, talvolta contengono rispettivamente latte di pecora e di bufala, anche se in quantità molto ridotte, e spesso viene affumicata. Nella scelta, sarebbe meglio poter osservare l’interno, per verificare che abbia una pasta compatta, senza occhiature, di colore bianco-giallino e leggermente più scura verso la crosta.

Pulizia e conservazione – Essendo un formaggio di piccola pezzatura {al massimo 300 g), si consuma in breve tempo. Per conservarla a lungo, con­ viene ricoprire la parte tagliata con un film di plastica per poi porla in frigo, per diversi giorni.

Le proprietà – I valori nutritivi della scamorza sono superiori a quelli della mozzarella stagionata, alla quale somiglia un po’.

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