“Il cortile”: la dignità degli ultimi

Lo spettacolo, scritto da Spiro Scimone, è andato in scena venerdì 16 luglio al teatro Dante nell'ambito di Kilowatt Festival. Tre personaggi immersi nella miseria più totale, espressione dell’autenticità della vita

Sframeli, Scimone e Cesale in una scena de "Il cortile", regia di Valerio Binasco (foto Marco Caselli Nirmal)

Il cortile rappresenta quel tipico spettacolo che ti fa sorridere, ma allo stesso tempo riflettere. Come fosse un’istantanea, ti riporti a casa l’immagine fissa dei tre personaggi, gli ultimi della società, ma proprio per questo portatori sani dell’autenticità della vita, l’essenza perfetta della cruda realtà. Spiro Scimone e Francesco Sframeli condividono il palco con Gianluca Cesale dando vita ad una rappresentazione a metà fra tragedia e sorriso, beffa e riflessione. Tutto si svolge all’interno di una discarica, il desolato “cortile” assediato da rifiuti e topi, in cui si incontrano le vite di Peppe e Tano, uniti entrambi dalla sfortuna di una vita misera e compassionevole. Tano indossa un elegante abito con cravatta rossa, ormai vecchio e logoro, come a voler ricordare tempi migliori oggi lontani. Peppe, invece, passa le sue giornate seduto in una sedia girevole, con una coperta che scalda i piedi e, forse, un po’ anche lo spirito; spesso ricorda fatti ed eventi del passato sovrapponendo nel suo viaggio realtà e immaginazione, speranza e illusione. I due sono uniti visceralmente da un destino comune che condividono giorno dopo giorno nell’instabilità di una vita che scorre senza far rumore. Emerge, ad un certo punto, la figura di Uno, abitante del “cortile” sotterraneo, giaciglio di immondizia e rottami che condivide con la moglie, nascosta nei meandri più oscuri fra rifiuti e frustrazione. Ha fame Uno, chiede cibo, qualcosa che riesca a riempire non soltanto la pancia, ma anche l’animo ormai completamente svuotato da una serie disastrosa di eventi sfavorevoli, come il licenziamento da un giorno all’altro, stessa sorte del padre. Il dramma che si ripropone, nuovamente. Un sacco dell’immondizia racchiude le poche cosa da mangiare trovate qua e là, fino a quando, terminate anche quelle, alla fine rimane solo il “buio”. Uno spettacolo che insegna a guardare oltre, a non fermarsi all’apparenza né alla prima impressione. Superare le barriere, oltrepassare gli ostacoli, allontanarsi dagli stereotipi per capire che, in fondo, anche nella miseria più cruda si può ricercare l’essenza della vita.

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