Il cinghiale in umido alla maniera di Paolo

L'associazione Le Centopelli propone una nuova versione di un piatto tipico del periodo invernale, con gli approfondimenti a cura di AIS e Augusto Tocci

a cura di Meri Torelli

Ogni tanto capita che ci ripetiamo con alcune ricette, ma di questo ne siamo consapevoli, perché vogliamo dare spazio a tutti, e comunque ognuno ha i suoi segreti ed il suo modo di preparare un piatto.

Così anche quest’anno riproponiamo una ricetta tipica del periodo invernale, il cinghiale in umido. Ci propone la sua versione Paolo Guerrini, appassionato di cacciagione e di piatti tradizionali. Una pietanza da gustare di fronte al fuoco con un buon bicchiere di vino, come ci consiglia la nostra enologa Antonella Greco.

Ingredienti

Procedimento

Lasciare 12 ore in ammollo con il vino, alloro e rosmarino.

Sciacquare il cinghiale e mettere in una casseruola a soffriggere aglio e olio

Togliere aglio e aggiungere cipolla, carota e sedano a pezzetto

Aggiungere il cinghiale a pezzi, salare, pepare

Aggiungere coccole di ginepro e lasciar cuocere un’ora e mezzo a fuoco basso

Ogni tanto mettere un po’ di acqua per far sì che non attacchi

Ultimi 10 minuti togliere coperchio e far asciugare il liquido rimanente

Ais Delegazione di Arezzo – Gruppo operativo Valtiberina Toscana consigliano

a cura di Antonella Greco

La caccia al cinghiale è una pratica molto diffusa in Toscana. E per quanto gli animalisti nn la apprezzino affatto, ormai è diventata un’esigenza per la salvaguardia di colture ed allevamenti che sempre più spesso vengono presi d’assalto da questi “amici selvatici “. E pensando alle battute al cinghiale, viene in mente la figura dello “scaccino”, che a quanto si racconta, è il più “padellatore” del gruppo e per questo viene messo sulle orme del cinghiale per attirarlo nel cerchio degli altri cacciatori appostati come cecchini a Beirut.

Ad ogni modo il finale è che il povero animalino irsuto e grufolatore, oltre a finire appeso imbalsamato sui muri di qualche ristorante, lo ritroviamo nel piatto. Quale vino abbinare? Senz’altro un vino importante, di bella struttura, alcolico e tannico. Questo perché il cinghiale come proposto dal nostro amico Paolo, crea una certa lubrificazione al palato, oltre ad una importante succulenza . Quindi il vino che proponiamo è uno dei mostri sacri toscani, ossia il Vino Nobile di Montepulciano nella sua versione Riserva. Ottenuto con uve Sangiovese ha una trama tannica vigorosa ed un complesso bouquet che va dalla frutta rossa e nera in confettura ai fiori secchi come La Rosa. Troverete la liquirizia, il pepe, il burro, il cuoio. Insomma un tripudio di profumi e sapori che renderanno indimenticabile la vostra cena.

Nunc est bibendum!

I consigli di Augusto Tocci

Il cinghiale è un mammifero selvatico, abbastanza simile al maiale, dal quale si differenzia soprattutto per il pelame scuro e setoloso e per le zanne. In Italia, fino a poco tempo fa, si trovava prevalentemente in Maremma e Sardegna, dove si sono costituite anche importanti riserve di caccia, ma oggi è diffuso un po’ in tutto il Paese.

La carne del cinghiale è ottima quando l’animale è molto giovane o comunque non superi i sei mesi di età: richiede in ogni caso una accurata frollatura di almeno otto dieci giorni, oltre che una prolungata marinatura.

Si tratta di una carne piuttosto fibrosa per cui si presta alla cottura in padella, come stufato, ma anche a quella in umido, soprattutto sughi. Rende bene anche arrostita o allo spiedo ma in questo caso conviene una accurata lardellatura.

I tagli del cinghiale sono praticamente quelli del maiale e la coscia è sempre la più pregiata.

Generalmente si acquista allo stato di carne congelata a meno che non si possa contare nel prodotto nelle mani delle ormai diffusissime squadre di caccia. Quando si acquista, bisogna conoscere la provenienza ed il periodo di macellazione perché, se avvenuta durante il periodo degli amori (novembre-gennaio) potrebbe avere un odore penetrante e a volte sgradevole.

La frollatura è sempre essenziale come del resto l’abbattitura e la surgelazione che resta il modo migliore per la sua conservazione.

Per togliere il così detto selvatico poi è molto utile una accurata marinatura che spesso richiede vino rosso e gli aromi del bosco come la gineprella, l’alloro, il timo, il rosmarino ecc.

Oggi in un periodo di peste suina bisogna fare molta attenzione perché questo animale è molto soggetto a questo tipo di infezione per cui conviene veramente accertarsi che si tratti di carne di origini conosciute. Va comunque detto che questa malattia non è trasmissibile al genere umano.

Exit mobile version