di Meri Torelli
Il legame affettivo degli italiani rispetto a questa giornata viene anche celebrato con un rito antichissimo che si perde nella notte dei tempi. Quello cioè di ricordare i propri defunti “festeggiando” questa ricorrenza con la preparazione di dolci e delizie di varie forme e sapore.
Da Nord a Sud, seppur con nomi diversi ma con simili prodotti, tutti hanno nella loro tradizione gastronomica qualcosa che li leghi al ricordo dei propri cari scomparsi, per farne omaggio a questi o per esorcizzare in qualche modo la paura della morte.
Il Pan dei morti ricetta Toscana è un dolce tipico del periodo dell’anno che va da ottobre a novembre.
Ingredienti
dose per 6-8 persone
- 1 kg di farina 00
- 200 gr di uvetta
- 1 cubetto e 1/2 di lievito di birra
- 150 gr di noci
- 1 cucchiaio di miele
- 1/2 cucchiaio di strutto
- 1 cucchiaino di pepe nero
- 100 gr di burro
- 300 gr di zucchero
- 2 uova intere
- 1/2 bicchiere di olio extravergine d’oliva
- 1 bicchiere di acqua tiepida
Preparazione
Per preparare questa ricetta si inizia andando a preparare l’impasto. Dopo aver sciolto il lievito di birra nell’acqua tiepida si aggiunge un poco alla volta la farina setacciata. Aggiungere anche lo zucchero semolato, l’uovo intero, il pepe, l’olio extra vergine di oliva ed anche l’uvetta fatta ammollare nell’acqua.
Impastare e poi aggiungere anche gli altri ingredienti; il burro morbido, le noci, lo strutto ed anche il miele. Scegliamo un miele profumato, ma non troppo invadente.
Dobbiamo impastare per bene non solo per far amalgamare al meglio gli ingredienti, ma anche per avere una lievitazione migliore. Quando l’impasto è liscio ed omogeneo lo si divide in due parti e si lasciamo lievitare le pagnotte leggermente infarinate per almeno 2 ore.
Trascorso il tempo indicato si devono cuocere, ma prima di questo li si spennellano con un uovo sbattuto. Cuocere per 40 minuti a 180°C in forno già caldo o fino a quando non sarà bello dorato.
Una volta cotto lasciare raffreddare completamente e gustare. Si conserva per qualche giorno chiuso in un contenitore ermetico.
Ais Delegazione di Arezzo – Gruppo operativo Valtiberina Toscana consigliano
a cura di Antonella Greco
Il sole dell’estate ha ormai lasciato il posto alle giornate un po’ grigie, alle mattine fumose e alla ripresa del solito trantran quotidiano. Le temperature un po’ più rigide fanno tornare la voglia di accendere il forno di casa per creare dolci profumati. Soprattutto a Novembre, dove ormai si è impostati per affrontare l’arrivo dell’inverno, ma soprattutto ci vengono ricordate in maniera particolare le persone care che sono volte in cielo e da lassù ci guardano e ci proteggono. E la tristezza viene mitigata dall’arrivo in tavola di qualche prelibatezza, quale quella raccontata in questa ricetta.
Il vino che andremo ad accompagnare che porta con sé antichi sapori, viene prodotto con un vitigno che in Molise era conosciuto già nel 200 a.C. e che veniva chiamato Apianae o Apicius. Inutile dire che i Papi lo conoscevano molto bene.
In realtà ad oggi gli esperti sono tutti in accordo nel dire che si tratti di un Moscato. Quindi il vino che racconteremo è un Apianae Moscato del Molise Doc dal colore giallo oro tenue e brillante con qualche riflesso ambrato. Al naso si riconoscono i sentori delle Zagare e di miele grazie alla criomacerazione che ne preserva ed accentua i profumi. Riconoscibili anche la curcuma, i datteri e lo zenzero, il mango, l’albicocca, la vaniglia e mille fiori.
Fermenta lentamente a temperatura controllata e svolge la malolattica completamente in botte (la trasformazione dell’acido malico in acido lattico, molto più morbido del primo). Affina un anno in vasca d’acciaio e sei mesi in bottiglia. Il risultato è un vino ampio, ricco di zuccheri ma mai stucchevole, con un finale asciutto.
Temperatura di servizio: 10°-12°.
Nel caso ve ne avanzasse un goccio, portatelo davanti al camino acceso in un calice leggermente chiuso in alto che indirizza il liquido verso il fondo e i lati della lingua (per degustare meglio i vini complessi), e gustatelo in silenzio tenendo gli occhi chiusi.
Nunc est bibendum!
I consigli di Augusto Tocci
Uva passa – Molti sono i termini con cui si usa identificare l’uva che ha subito un particolare procedimento di essiccazione per essere poi utilizzata nella gastronomia sia salata che dolce.
Con il termine di uva sultanina si intende in genere quella che ha origini turche o iraniane che si distingue per i suoi acini piccoli e senza semi con un elevato contenuto glucidico. Questi acini di colore verde chiaro, anche quando maturi, finiscono di assumere con la essiccazione un caratteristico colore ambrato e contengono un elevato grado di zuccheri. Se poi si conservano alungo questi zuccheri tendono a cristallizzare all’intero degli acini stessi. E’ questo il motivo per cui si usa spesso immergerli in acqua calda, prima dell’uso, per farli sciogliere.
Oltre a questa, ma sempre facente parte del gruppo uva passa, si conosce quella detta “di Corinto”, che si presenta poi con acini ancora più piccoli e di colore scuro quasi neri.
L’uva sultanina spesso viene chiamata uva passa ma tuttavia è sempre una qualche varietà di uva che è stata opportunamente essiccata o al sole o in stufa, oggi con essiccatoi industriali.
Molto comune da noi, con acini molto più grossi e provvisti di semi, è quella ottenuta dall’essiccazione di uva di una varietà nostrale denominata zibibbo che è sicuramente meno pregiata ma molto più economica e spesso impiegata per la pasticceria domestica nel periodo pasquale.
L’uvetta è un alimento concentrato e quindi una bomba di fruttosio con un elevato valore nutrizionale e calorico. E’ dunque un prodotto estremamente energizzante per cui va usata con moderazione in caso di glicemia elevata.
Sono ben noti anche però molti benefici nei confronti del nostro organismo come per la prevenzione delle malattie cardiache e poi, essendo priva di colesterolo, può stimolare la produzione di insulina quindi valida per la prevenzione del diabete. Stimola poi la diuresi, la digestione e la depurazione degli organi intestinali. E’ infine un prodotto che si conserva molto bene in ambienti freschi e asciutti e può rimanere a lungo in dispensa avendo l’accortezza di tenere chiuso il suo contenitore