Il progetto dei Cammini di Francesco, all’interno del quale la Valtiberina riveste un’importanza centrale, si candida ad assumere sempre maggiore rilievo anche in considerazione del fatto che l’emergenza che stiamo vivendo sta indirizzando verso un nuovo tipo di turismo e di fruizione del territorio. Di questi aspetti abbiamo parlato con Giovanni Tricca, presidente dell’associazione “I Cammini di Francesco in Toscana”, che ha ripercorso anche l’intera storia dell’iniziativa.
Com’è nata l’idea dei Cammini di Francesco?
La legge Franceschini del 2016, che stanziava il famoso “miliardo” per la cultura, comprendeva una parte destinata alla valorizzazione dei cammini. Abbiamo quindi creato un’associazione no profit, “I Cammini di Francesco in Toscana”, con sede presso la diocesi di Arezzo. I soci sono la diocesi, privati interessati al progetto e i Comuni attraversati. Esiste poi un’associazione a livello nazionale che riunisce la nostra e quelle relative alle altre Regioni coinvolte, cioè Emilia-Romagna, Umbria e Lazio. Come prima cosa abbiamo fatto un lavoro preparatorio a titolo gratuito di individuazione dei percorsi, poi approvati con delibere di tutti i Comuni. Questo lavoro è stato svolto da personale qualificato, in particolare l’ingegnere ambientale Maurizio Bacci, supportato da un comitato scientifico con a capo la professoressa Donatella Pagliacci di Sansepolcro. Il ruolo del comitato scientifico è stato quello di fare in modo che il percorso non fosse un’invenzione, ma fosse avvalorato dalle fonti. Quando si parla di San Francesco, infatti, bisogna distinguere tra le fonti, cioè i testi che risalgono al periodo fino a un secolo dopo la sua morte, e le tradizioni, che sono successive. Le fonti indicano i luoghi esatti visti da San Francesco.
Quali luoghi del nostro territorio sono inclusi nei percorsi?
I luoghi visitati da San Francesco in questa zona sono in numero consistente. Partendo dalla Verna, dove si svolse l’episodio delle stimmate, si può scendere per due direttive. Una è quella classica e più famosa, che dalla Verna va a Pieve Santo Stefano, cioè l’eremo di Cerbaiolo. Di questa struttura, che risalendo all’VIII secolo è il convento più antico della Valtiberina, va detto che dopo venti anni di abbandono è stata riaperta con grande sforzo della diocesi e con l’aiuto straordinario degli abitanti di Pieve, della Misericordia e della Pro loco. Da lì si va a Montecasale, con l’episodio dei tre ladroni, e si scende a Sansepolcro. Qui i luoghi indicati dalle fonti sono la piccola chiesa di San Lazzaro, che come indica il nome era probabilmente un lazzeretto e che è oggi chiusa al culto, e la Cattedrale, di fronte alla quale Francesco ha fatto delle prediche di fronte. Poi si attraversa il Tevere entrando in Umbria verso Citerna.
L’altra direttiva dalla Verna va verso Caprese Michelangelo con l’eremo della Casella. Da lì ad Anghiari, dove ci sono due luoghi fondamentali: il castello di Montauto, dove ricevette in dono il saio che poi nel 1503 è stato portato a Firenze e che è stato restituito nel 2003 ai francescani alla Verna; e la Croce, in cima alla ritta. Tra l’altro se guardate da Montecasale verso Anghiari, la Croce è esattamente di fronte. Infatti una delle regole francescane era che i conventi fossero a un giorno di distanza a piedi, per accogliere i pellegrini e chi aveva bisogno di un aiuto. Da Anghiari ci si può poi immettere di nuovo nel percorso che va verso Citerna oppure si può andare verso Arezzo, con la cacciata dei diavoli, e poi verso Castiglion Fiorentino e Cortona, dove c’è l’eremo delle Celle, che è un luogo unico e fantastico. Da Cortona sulla Lauretana si può andare verso Assisi oppure verso Siena per ricongiungersi con la via Francigena.
In una seconda fase, anche se non ci sono citazioni nelle fonti se non quella del luogo di partenza, abbiamo lavorato ad un progetto che va da Firenze verso il Casentino, ripristinando un’antica usanza dei fiorentini di andare in pellegrinaggio al santuario della Verna. A Firenze c’era anche una compagnia della Verna che raccoglieva i fondi per il santuario, che tra l’altro fino ai Patti Lateranensi era proprietà del comune fiorentino. Quel percorso segnava anche un rapporto economico che risale al legname del Brunelleschi: ogni comune del Casentino aveva un piccolo porto per il trasferimento del legname a Firenze lungo l’Arno, questo è citato su tante fonti.
La basilica di Santa Croce a Firenze, convento francescano, costituisce l’hub per la Toscana del cammino che va alla meta di Assisi. Anche dalle altre Regioni la destinazione è Assisi: in Emilia-Romagna partendo da San Leo, nel Lazio partendo da Roma e passando da Greccio.
Dopo l’individuazione dei percorsi quali sono stati i passaggi successivi?
La presentazione dei progetti di fattibilità al Ministero, a novembre 2018, perché il primo finanziamento riguardava la messa in sicurezza. Tutto è andato a buon fine, sempre con i tempi della burocrazia, e la definitiva approvazione è arrivata due mesi fa. Come speravamo i progetti di fattibilità sono stati accolti nella loro interezza, pertanto i Comuni non devono tirare fuori nemmeno un euro. Undici Comuni, cioè i sette della Valtiberina più Chiusi della Verna, Arezzo, Castiglion Fiorentino e Cortona riceveranno oltre due milioni di euro complessivi. C’è già stato un incontro in questo senso tra Ministero, Regione e Comuni. Tra i progetti che mi danno maggiore piacere c’è uno di quelli che riguardano Sansepolcro e che consiste nella realizzazione di una passerella pedonale che dalle Santucce attraversa il Tevere verso Gricignano. Questo per evitare il passaggio dei pellegrini attraverso le rotonde, che è davvero poco accettabile. La passerella sarà di tipo ponte tibetano, in massima sicurezza, e immagino possa diventare un’attrazione verso i Cammini.
Quali sono i criteri per la messa in sicurezza dei Cammini?
Ci sono linee guida europee dove si parla di superficie adeguata per camminare in sicurezza, balaustre dove sono necessarie, segnaletica, punti di sosta, fontanili. Per ora abbiamo percorsi che sono già fattibili senza problemi, per esempio dalla Verna verso Pieve, Montecasale o Sansepolcro, ma ci sono tanti nuovi percorsi che vanno sistemati. Un altro aspetto fondamentale è la manutenzione, perché se non c’è nel giro di due anni tutto va a rotoli, ma su questo c’è un rapporto con il CAI.
L’impatto dell’emergenza Covid negli stili di vita può costituire in un certo senso anche un’opportunità per i Cammini.
Certamente. Oggi è davanti agli occhi di tutti che, se vogliamo ripartire, si riparte con un turismo all’aria aperta che si basa su tre elementi sostanziali: sicurezza, benessere e sostenibilità. In quest’ottica, per esempio, stiamo lavorando ad un’app che attraverso lo smartphone ti avvisa se sei troppo vicino alla persona che ti precede o che ti segue, in modo da rendere il cammino assolutamente percorribile in tutta tranquillità. Mi auguro che sia colto fino in fondo anche questo invito alla riscoperta dei luoghi e dei territori, perché un’altra risposta a questa emergenza è proprio quella di andare a riappropriarsi di posti abbandonati, dimenticati. E le indicazioni sono anche quelle di valorizzare i prodotti locali, artigianali o agroalimentari. Si tratta di un’altra scommessa che merita una grande attenzione, e anche in questo senso è il momento di andare a riscoprire cose dimenticate per troppo tempo.
Ci sono però anche problematiche dovute all’emergenza.
I problemi principali sono quelli legati all’accoglienza, e a questo proposito stiamo studiando il documento approvato dal Ministero sulla sicurezza. Ovviamente non si può andare a dormire in un rifugio con i letti a castello, ci sono regole che vanno rispettate. Però in questa fase secondo me si deve puntare sul locale, su noi tutti che possiamo andare a fare a piedi quello che non abbiamo mai fatto, per riscoprire una parte del nostro territorio che non conosciamo. Al tempo stesso preparandosi per il futuro. Consideriamo che, nonostante non sia ancora iniziata la campagna promozionale, intorno al nome di Francesco c’è l’attenzione del mondo, e tanti hanno voglia di fare una vacanza diversa e di andare a scoprire luoghi sconosciuti come Cerbaiolo, l’eremo della Casella o Montauto. Se riusciamo a superare burocrazie e campanilismi si può avere una crescita esponenziale.
Ai Cammini si possono legare tante attività.
Sì, l’associazione non ha né dipendenti né bilancio, però cerca di favorire alcune iniziative. Stiamo facendo un ottimo lavoro con la Pro loco di Pieve Santo Stefano, così come abbiamo un rapporto di collaborazione con Progetto Valtiberina che cura il Festival dei Cammini, un altro evento di grande livello che ha creato attenzione verso la nostra realtà. E poi altre iniziative che mi auguro si abbia la forza di portare avanti.