Originaria di Pieve Santo Stefano, Stefania vive e lavora da 11 anni a Barcellona. Da tre anni ha aperto uno studio di illustrazione e grafica che è anche laboratorio di serigrafia e ceramica con due amiche nel quartiere di Gracia. Faccio inoltre parte del gruppo di punk rock Sandré e lavoro programmando concerti in una storica sala di musica live, Heliogàbal.
Come sei arrivata a Barcellona?
Sono arrivata nel 2009 in Erasmus alla Escola Massana. Dopo gli studi ho subito iniziato a lavorare in uno studio creativo e quindi sono rimasta.
Com’è la situazione “virus” nella tua città e nel resto del paese?
Siamo entrati in quarantena ufficialmente dal 14-15 di marzo. Già da giorni arrivavano le notizie di quello che stava accadendo in Cina e Italia, alcuni iniziavano a lavorare da casa o uscire meno, bar e ristoranti cominciavano a svuotarsi, le scuole a chiudere gradualmente per regione, eventi e viaggi venivano cancellati. In poco tempo si è arrivati ad essere il secondo paese per numero di contagi. Ad oggi (15 aprile) i dati ufficiali parlano di 177.633 contagi, di cui 4.978 nuovi casi nelle ultime 24 ore. I guariti sono 70.853 e i morti 18.579. La regione più colpita fin dall’inizio è stata la Comunidad de Madrid (epicentro) e la seconda la Catalogna, poi ci sono Castiglia-La Mancha e Castiglia y León.
Le prime due settimane della quarantena sono iniziati i controlli della polizia e le prime multe. Soprattutto all’inizio fermavano macchine e taxi e c’era una sorta di panico ad uscire di casa o cambiare posto (per esempio andare a fare la quarantena a casa del proprio ragazzo o della propria ragazza). Ultimamente non ho saputo di multe e mi sembra che la situazione si sia rilassata un po’, o forse sono io che mi sono abituata. Comunque ci sono abbastanza macchine della polizia in giro. Si può andare a fare compere al supermercato e in farmacia da soli e il più possibile vicino a casa. Si va con la mascherina e in molti supermarcati ti danno guanti di plastica.
Perché secondo te la Spagna, come del resto l’Italia, è una delle nazioni più colpite al mondo dall’infezione?
Be’, non sono un’esperta, è un tema molto complicato e puoi passare tutto il giorno a leggerti articoli con teorie che si contraddicono e finire con saperne meno di prima. Il dato dell’età può essere una chiave: avendo Italia e Spagna una popolazione “vecchia”, sono più vulnerabili al virus. Può anche dipendere da abitudini “mediterranee”, da come è stata gestita la cosa o da un mix di questi fattori. Oppure siamo semplicemente arrivati primi e la stessa evoluzione ci sarà anche negli altri paesi.
Com’è cambiata la tua vita e come sono cambiati i rapporti con le altre persone?
Dal 14 di marzo sono chiusa in casa ed esco solo per andare al supermercato o all’edicola. Con gli amici ci sentiamo via Skype a volte, ma faccio pochissime conferenze online. Di norma facciamo i venerdì con birre e musica. Sto comunque lavorando da casa con la programmazione dei concerti o meglio dire “sprogrammazione” e con l’organizzazione di un Festival in programma ad agosto, con tutte le crisi e i dubbi sul da farsi. Anche perché tutto ciò che è cultura o svago è lasciato a sé stesso.
Il resto del tempo pulisco casa, cucino, guardo film, disegno, faccio ceramica e gioco a giochi da tavolo.
Come reagisce la gente ai provvedimenti presi dall’autorità?
Siamo passati per varie fasi. Sinceramente c’è l’impressione che nessuno sappia niente e che ci sia una grande confusione quindi dalla rabbia passi un po’ allo stallo e alla accettazione, poi ti riposi e ritorni alla rabbia. I comunicati ufficiali sono deboli ed inconcludenti, puoi immaginarti il re che parla alla nazione e ripete che tutto andrà bene. Devo dire che da giorni ho smesso di guardare, sennò ti senti morire.
Comunque più che per i provvedimenti presi, c’è rabbia per i provvedimenti non presi. Uno dei temi in cui c’è stata più inefficienza è quello degli affitti. Non sono riusciti in due settimane di riunioni a tirare fuori una normativa che protegga il cittadino. Alcuni sono riusciti privatamente ad arrivare ad un accordo con i proprietari ed ottenere una riduzione, ma la maggior parte non ha ricevuto nessuna risposta. In una città come Barcellona dove già prima di questa crisi si era arrivati ad avere affitti totalmente sproporzionati rispetto agli stipendi.
Allo stesso modo, come accennavo prima non è stata messa in atto nessuna politica di gestione della crisi per quanto riguarda il mondo della cultura.
Come è percepita la situazione italiana?
Seguire le vicende italiane è un po’ come guardare il futuro, per vedere cosa succederà sapendo che lì siete due o tre settimane in anticipo.
Qual è l’episodio che ti ha più colpito durante questo periodo?
Dall’inizio dello stato di allerta, in Spagna è stato organizzato attraverso i social network il cosiddetto “applauso sanitario” alle ore 20. I cittadini di tutte le regioni sono stati chiamati ad uscire da finestre e balconi per unirsi in un applauso simultaneo a sostegno e riconoscimento del personale sanitario che lavora per combattere la diffusione del virus. A me faceva tenerezza la situazione, mi sembrava un momento di sfogo generale dove esci e vedi i vicini in faccia. Una sera però l’ho fatto vedere in diretta alla mia mamma, che è operatrice sociale (a casa con il coronavirus) e si è emozionata tantissimo. Lì ho capito veramente il senso del gesto.