Prima del film Amici Miei, uscito nelle sale cinematografiche nel 1975, ci sono stati loro; gli Squallor, nati ufficialmente nel 1971, anche se la prima idea venne in mente ai cinque bighelloni musicali nel 1969. Come i protagonisti del film di Monicelli i cinque, amici anche nella vita, si divertivano a fare scherzi di qualsiasi tipo una volta terminato il loro lavoro alla casa discografica dove agivano, chi a titolo di musicista, chi di paroliere e chi di produttore.
Possiamo dunque accostare Alfredo Cerruti, napoletano, produttore discografico, al conte Lello Mascetti se non altro per la pigrizia, per le conquiste femminili, visto che il primo ha avuto una storia d’amore con Mina, ma soprattutto per le sue improvvisazioni vocali, sia con gli Squallor che nelle trasmissioni del suo sodale Renzo Arbore (è la voce di “volante uno a volante due” e del professor Pisapia in Indietro Tutta). Nonsense che hanno fatto epoca tipo il “Pronto… nun se sent’ manch’u cazz! Pronto”, che nulla avevano da invidiare alla famosa “supercazzola” del conte. Cerruti è stato anche ideatore e produttore di trasmissioni radiofoniche e televisive di grande successo.
Se nel film la genialità è Guido Necchi, il barista (“Che cos’è il genio: è fantasia, intuizione, colpo d’occhio e velocità di esecuzione”) nel gruppo di discografici il genio era sicuramente Gaetano (Totò) Savio, pure lui di Napoli, autore di quasi tutte le musiche degli Squallor, cantante di quelle in napoletano e produttore del gruppo fantasma ma anche coautore di grandi successi discografici come Cuore Matto per Little Tony, delle canzoni di Massimo Ranieri (Rose Rosse, Se Bruciasse La Città, Vent’Anni, Erba di Casa Mia), di Maledetta Primavera per Loretta Goggi e di tanti altri successi.
Sodale di Savio come paroliere in molti dei succitati successi è stato Giancarlo Bigazzi, fiorentino come Giorgio Perozzi, caporedattore alla Nazione nel film. Bigazzi è stato il paroliere più di successo, insieme a Mogol, della musica italiana. Ha scritto i testi delle canzoni più famose di Umberto Tozzi (Io Camminerò, Ti Amo, Gloria, Si può Dare di Più) oltre che quelli per Mia Martini, Riccardo del Turco, Raf, Aleandro Baldi, Marcella Bella e per tanti altri artisti italiani dagli anni 60 ai 90.
Il Rambaldo Melandri, architetto del film è per certi versi paragonabile a Daniele Pace, milanese, stesso modo di parlare un po’ bleso, stesse pretese di eleganza da divo, ma le somiglianze finiscono qui: a differenza dell’architetto fiorentino “sfigato” con le donne, Pace era un vero tombeur de femme. Cantante nelle navi da crociera in coppia con Silvio Berlusconi (una volta tanto in complesso d’inferiorità: “con la sua erre moscia e il suo carisma, interpretando canzoni francesi, Pace mi fregava tutte le ragazze”). Paroliere di lungo corso, cantante in proprio per un solo album, ma che album: Vitamina C, fanno di lui una specie di Serge Gainsbourg italiano, autore per altri di pezzi come Love me Tonight, portata al successo internazionale da Tom Jones e, una volta tanto cover di un brano italiano, Alla Fine Della Strada cantata a Sanremo da Junior Magli. Pace è stato compagno d’avventura di Mario Panzeri col quale ha una lunga collaborazione che va dai primi anni 60 al Nessuno Mi Può Giudicare di Caterina Caselli ai successi commerciali di Orietta Berti (Fin Che La Barca Va per citarne uno), e poi coautore dalle canzoni di Raffaella Carrà, di quelle per Loredana Bertè, in definitiva un mammasantissima della canzone italiana, spesso in combutta con gli altri componenti degli Squallor anche fuori dal loro “cazzeggio” musicale.
Manca un quinto elemento da abbinare al dottor Alfeo Sassaroli, primario, e non poteva che essere il “primario” dell’etichetta per la quale tutti loro lavoravano, Elio Gariboldi, definito “il misterioso quinto Squallor”, milanese, discografico ed editore dell’etichetta CBS, CGD Sugar. Lasciò il progetto nel 1974 perché ufficialmente oberato dal lavoro “normale” e contrario alle parolacce che sarebbero state una costante a partire dal loro secondo album, “Palle” (non che il primo se la passasse meglio come titolo: “Troia”). Ci piace pensare che sia stato il patron della casa discografica, Ladislao Sugar, ad aver preteso da lui un passo indietro per quanto pure il vecchio aveva slanci trasgressivi. Gariboldi è fondamentale perché fu lui ad avere l’intuizione di fissare su nastro la prima elucubrazione vocale di Cerruti e Pace.
Andò così: Alfredo Cerruti durante la visione di un film di Stanley Donen, Il mio amico il diavolo, rimase colpito dalla voce dell’attore Peter Cook (il diavolo) mentre parlava in un monologo con un suggestivo brano in sottofondo. Cerruti, visto anche il successo che aveva in quel periodo l’attore Alberto Lupo che recitava cose come Parole Parole e Io Ti Amo con il suo vocione su basi musicali immaginifiche, pensò di chiamare Giuseppe Rinaldi, un famoso doppiatore, per fargli recitare una poesia su un tappeto musicale di quel genere e per dare una traccia chiese a Totò Savio di preparare una base sulla quale lui e Daniele Pace iniziarono ad aggiungere frasi a caso. Elio Gariboldi, presente in sala di registrazione, quando sentì Cerruti iniziare la sua prolusione con quel: “Là dove finisce il fiume inizia questo film” ordinò al fonico di registrare e in questo modo goliardico e informale nacque 38 Luglio. Fu Daniele Pace che con la sua erre moscia sentenziò: “Ma quale c…o gli portiamo a Rinaldi, di questo ne facciamo un disco! Formidabile!”
La registrazione e la successiva incisione del brano altro non sono che lo sbocco ufficiale di tutto quello che i quattro/cinque accoliti facevano già da qualche anno, cioè ridere e scherzare dopo sessioni giornaliere al servizio dei vari cantanti che si succedevano nelle sale di registrazione. A tal proposito Cerruti ebbe a dire: “Siccome noi frequentavamo i cantanti, che sono i peggiori scassacazzi mondiali, quando facevamo gli Squallor ci sfogavamo contro i cantanti, quelli seri.“
Prima di formare il fantomatico gruppo (ma anche dopo) i nostri si sfogavano di sera negli studi soprattutto con crudeli scherzi telefonici dei quali Cerruti era insieme mente e braccio, anzi voce. Uno dei più gettonati era chiamare un numero a caso e dire: “Pronto lo scarico lì?” “Signore lei ha vinto un camion di Coca Cola” finché una volta trovarono all’altro capo del telefono uno che si era arrabbiato di brutto, così, isolato quel numero, divenne il loro “ufficio reclami” contattabile da parte di chi non si vedeva ricevere a casa i prodotti promessi. Il disgraziato in questione era il direttore di una ditta farmaceutica.
Nasce il fenomeno Squallor
38 Luglio esce nei negozi di dischi in quel 1971 e per il lancio Cerruti inventa per la trasmissione radio della RAI “I Malalingua” una classifica, “Schif Parade”, nella quale venivano programmate canzoni improbabili e al primo posto c’era sempre 38 luglio, cosa che contribuì a far vendere oltre 100.000 copie al disco; un ulteriore contributo venne da “Alto Gradimento” con Arbore e Boncompagni che passarono spesso il brano. Erano tutti lì a chiedersi chi fossero questi Squallor che non facevano ne serate ne passaggi televisivi. Eppure bastava vedere il retro della copertina del disco per scoprire i protagonisti di tale exploit; all’interno poi, fra i crediti c’erano i nomi degli autori del pezzo: Pace, Bigazzi, Savio. Il quarto Squallor si poteva evincere dalla facciata B del 45 giri Raccontala Giusta, composto e cantato da Totò Savio,un omaggio alla “macchietta” napoletana (avete presente il Nino Taranto di Agata e Ciccio Formaggio?) dove il protagonista di improbabili conquiste femminili era un tal “Alfredo”, ovviamente dedicata a Cerruti.
E così prendendo in giro prima di tutto se stessi gli Squallor si impegnano a far uscire nel 1973 il loro primo album Troia, disco che racchiude già le linee guida di quello che sarà il loro modo di fare musica: il titolo con doppio senso, l’alternarsi tra brani recitati e brani cantati la ripresa in chiave comica di canzoni famose magari scritte in versione “seria” dagli stessi componenti del gruppo e quel clima anarchico arricchito con testi fuori da ogni logica, linearità e, molto spesso, menefreghisti della grammatica e dei benpensanti.
È dal secondo album, Palle, che arrivano la blasfemia e il turpiloquio, basta ascoltare La Marcia Longa, interminabile monologo a due voci sovrapposte dello stesso Cerruti, dove vengono citati Gesù Cristo, definito “Camomilla Schultz” e per la prima volta i gay, chiamati tout court “Frogi”. Il brano sarà il primo a procurar loro una denuncia non dall’arci gay ma dalla ditta cosmetica Schultz. In questo album inizia l’attacco alla musica melodica che loro scrivevano e producevano di giorno con la parodia di Angeli Negri di Fausto Leali. Il disco contiene anche un successo inaspettato, il brano Bla bla bla, palese presa per i fondelli delle canzoni straniere, soprattutto francesi dell’epoca (tipo Je t’Aime Moi Non Plus), nel quale si riconosce la mano di Daniele Pace, in cui una voce femminile si limita a cantare «Bla bla bla bla bla bla» e il ritornello con voce maschile dice «Et moi vraiment je t’aime». Diventa molto popolare all’estero, soprattutto in Francia, Belgio Germania e Olanda, dove pensano si tratti di una canzone “seria”.
Capolavori “politically scorrect”
Non staremo qui a fare un elenco dei 14 album usciti dal 1971 al 1994, quel che ci interessa è seguire l’evoluzione degli argomenti, spesso legati all’attualità del momento, trattati sempre in modo grottesco e cialtrone ma sempre vicini al sentire sia dei ceti popolari che intellettuali, i primi riconoscendosi nella spudorata volgarità del linguaggio e i secondi nell’estro dissacrante nei confronti del pensare comune dell’epoca. Nel corso degli anni gli Squallor non si sono fatti mancare nulla, dalla presa in giro dei cantautori in Sfogo a quella dei dj delle radio private (che dal secondo album in avanti avevano provveduto alla diffusione dei loro pezzi proibiti in RAI) con Radio Cappelle, brano che allo stesso tempo sdogana il F.U.O.R.I., il movimento omosessuale; dalla politica con Confucio, uno scherzo che nonostante tutto è spaventosamente attuale, in cui un politico alle prese con un comizio parla a dei colleghi che si fanno gli affari loro tra cori, bambini scomparsi e pernacchie, all’ipocrisia borghese di Famiglia Cristiana che darà il via a uno dei cavalli di battaglia della band, ovvero la saga di Pierpaolo: sketch in cui un ragazzino con voce stridulissima (lo stesso Cerruti) e dal linguaggio triviale telefona al padre ogni volta da un angolo diverso di mondo, minacciandolo di spifferare gran parte dei suoi oscuri segreti finanziari e politici in cambio di cospicue somme di denaro da poter spendere per i suoi capricci personali; da “Madonina”, cantata e recitata da Marco Marati, in seguito produttore di Laura Pausini, con la quale prendono in giro allo stesso tempo gli immigrati meridionali a Milano e i tifosi delusi delle due squadre milanesi oltre che quelli juventini, fino a Revival che deride il neofascismo.
Un capitolo a parte meritano i rappresentanti della chiesa, si va da Pret a Porter, parodia del Gioca Jouer di Cecchetto con una improbabile sfilata di abiti talari, allo sbeffeggiamento nell’elezione del primo pontefice napoletano con Gennarino Primo, oppure allo sputtanamento in Unisex in cui la musica di Fiesta di Raffaella Carrà viene usata per raccontare la storia di sesso omosessuale tra due uomini, uno dei quali si scoprirà essere un cardinale (questo nel 1977). E sulle note de La Novia va in scena una strampalata confessione con Pace nei panni del prete e Cerruti in quelle del penitente. Poi c’è Fragolone Dj, presa per i fondelli di radio Maria con tanto di classifica “sacra”
E a proposito di omosex, in molte canzoni gli Squallor descrivono il rapporto sessuale gay come qualcosa di sfizioso, anche quando ci vanno pesanti con l’ironia. E infatti pare che siano stati fra i più apprezzati nel mondo degli omo giacché pure questi ultimi si sganasciano dal ridere ascoltandoli.
C’erano poi le canzoni in napoletano, spesso infarcite di espressioni triviali, frutto della collaborazione fra Giancarlo Bigazzi e Totò Savio. Savio preparava la base sulla quale Bigazzi, toscano, inseriva il testo direttamente in napoletano, da lui appreso grazie alla lunga frequentazione con il musicista, provvedeva poi lo stesso Savio a trovare le espressioni idiomatiche adatte. Il risultato era che adottando una sequela di luoghi comuni le canzoni diventavano di per sé comiche. Sono nati così “capolavori” come Cornutone, vero e proprio inno liberatorio per un’intera generazione che lo conosceva a memoria, anche se le canzoni più corrosive sono state quelle cantate in italiano tipo USA for Italy, una autentica mina che derideva le operazioni “umanitarie” come USA for Africa, nel quale il trio Pace, Savio e Bigazzi dava il massimo ipotizzando gli stessi aiuti delle star americane per il sud Italia, smascherando il razzismo implicito in queste manifestazioni in cui l’occidente opulento si puliva la coscienza regalando al terzo mondo le briciole.
Il nostro approfondimento dedicato agli Squallor proseguirà con il secondo atto in uscita su TeverePost la prossima settimana.