Il calcio come grande passione e la maglia bianconera come “seconda pelle”. Stiamo parlando ovviamente di Giulio Gorini che ieri ha festeggiato il ventinovesimo compleanno accanto alla moglie Giulia, ma lontano da quel prato verde che ha caratterizzato gran parte della sua esistenza. Pur avendo sempre vissuto a Pieve Santo Stefano, Giulio è infatti il capitano ed una delle colonne portanti del VA Sansepolcro, squadra con cui ha esordito nel calcio dei grandi all’età di 16 anni e che ha riabbracciato due stagioni fa dopo aver giocato in altre importanti realtà. Una carriera di assoluto livello per un difensore completo e capace di togliersi tante soddisfazioni: l’Eccellenza umbra vinta nello spareggio contro la Pontevecchio quando militava nel Castello Group (squadra diretta da Giovanni Cornacchini in campo e da Ivano Becci dietro la scrivania), i campionati vinti a San Benedetto, Civitanova, Montevarchi e il debutto nel calcio dei professionisti con la Giacomense (squadra di Ferrara che militava nell’allora Serie C2). Tante gioie prima di “chiudere il cerchio” tornando a Sansepolcro con la missione sportiva di riportare il team bianconero in Serie D. L’obiettivo era ancora alla portata, ma l’emergenza Coronavirus ha cambiato il mondo e lo sport, portando allo stop dei campionati. Tanti i temi affrontati da Giulio Gorini nell’intervista a TeverePost.
Innanzitutto quanto ti manca il calcio? Quello giocato, ma anche la quotidianità degli allenamenti e lo spirito di condivisione che caratterizza “lo spogliatoio”.
“Per uno che come me ha sempre vissuto di calcio e che ha vissuto il calcio instaurando rapporti andati sempre al di là della partita della domenica o del rimborso economico, è dura restare fermi e soprattutto non vivere la routine dello spogliatoio. Con i compagni cerchiamo di attenuare questa mancanza grazie alle chat di gruppo su WhatsApp, in cui scherziamo e ci prendiamo in giro di continuo”.
Nei quasi due mesi di chiusura totale come ti sei tenuto in forma, per quanto possibile?
“Ho cercato di mantenermi in forma allenandomi a casa con i programmi che ci ha mandato il prof Diego Fabbri, o in videochat insieme ad altre persone con il prof del settore giovanile e del Città di Castello Luca Cagnini, mio grande amico. A causa del lavoro infatti non sempre sarei riuscito a svolgere completamente gli allenamenti di Diego”.
Quali sensazioni hai provato in questa situazione di emergenza?
“Fortunatamente rispetto ad altra gente che è stata costretta ad interrompere l’attività, non ho mai smesso di andare a lavorare e quindi diciamo che non ho vissuto la quarantena per quello che è il suo significato. In più ne ho approfittato per trascorrere più tempo con mia moglie, cosa che prima tra calcio e lavoro riuscivo a fare solo in parte. Cerco sempre di vedere il lato positivo delle cose”.
Il calcio dei professionisti sta cercando di capire se è possibile ripartire, mentre ancora nulla si sa in merito ai dilettanti. Credi che sia possibile tornare a giocare e concludere i campionati?
“Non credo che nei dilettanti, purtroppo, ci sarà la possibilità di riprendere l’attività per quanto riguarda la stagione in corso. Sarei felice di ripartire il prossimo anno, con tutta la sicurezza del caso, con progetti seri, con degli aiuti alle società che vogliono investire nella squadra del paese da parte delle autorità e con delle tutele per i calciatori di queste categorie. Tutte mancanze che ci sono da tempo e che il virus ha solamente evidenziato”.
Cosa sarebbe giusto fare secondo te in caso di chiusura anticipata dei campionati?
“Da calciatore mi sento di dire che i campionati vanno sempre vinti sul campo. Per questo annullerei tutto dando a chi è primo attualmente priorità in caso di ripescaggi, che prevedo potrebbero essere molti. Dal punto di vista economico mi aspetto, o forse sarebbe più giusto parlare al passato e dire mi sarei aspettato, un accordo tra Associazione Italiana Calciatori e società, per le mensilità che mancano. Una cosa che sarebbe dovuta partire dall’alto, dalla Lega di Serie A fino alle nostre categorie che, come detto prima, sono poco tutelate sotto questo punto di vista. Un modello stile NBA, dato che tra le altre cose sono un fanatico del basket americano”.
Nel periodo di convivenza con il Coronavirus ti immagini un calcio diverso, senza ad esempio i tifosi sugli spalti o senza la possibilità di abbracciare un compagno che segna?
“Non penso che senza tifo o senza poter esultare tutti insieme il calcio mi possa dare le stesse soddisfazioni. Alla fine andiamo in campo proprio per quello, per emozionare e per emozionarci. Poi per le serie maggiori chiaramente ci sono altri interessi in ballo, per cui credo che a quei livelli si possa giocare anche senza gente sugli spalti”.
Tu sei il capitano e uno dei leader del Sansepolcro. Cosa rappresenta per te la maglia bianconera?
“È come una seconda pelle. Ho giocato in squadre prestigiose e in stadi importanti, ma l’ingresso in campo al Buitoni e la possibilità di giocare per la squadra di quella che a tutti gli effetti è la tua città ti dà delle emozioni uniche che non ho provato da nessun’altra parte. Esserne il capitano poi, è un orgoglio in più”.
Il tuo ricordo più bello in bianconero?
“I gol allo scadere contro il Foligno e il Lama dello scorso anno me li ricorderò per sempre, ma l’emozione più grande è stata sicuramente l’esordio in prima squadra. Me lo ricordo come fosse ieri. Era il 1° novembre 2007 ed in panchina c’era mister Falcinelli. Avevo appena 16 anni e giocavamo a Borgo San Lorenzo, con la Fortis Juventus. Vincemmo 3-2 disputando una splendida prestazione. Provai una grande emozione anche perché in campo eravamo 6-7 giovani e soprattutto perché quel giorno debuttò anche mio fratello. Fu una stagione travagliata, ma alla fine ci salvammo ai play out e fu il risultato ottenuto da un grande gruppo. Poi quella stagione è stata per tanti giovani del Sansepolcro un bel trampolino di lancio”.
Quale traguardo speri di raggiungere con questa maglia?
“Innanzitutto spero di continuare con il Sansepolcro anche la prossima stagione. In questa situazione non ci sono purtroppo certezze, ma questa è la mia speranza e poi sarebbe un sogno ritornare in serie D proprio in occasione del centenario”.
Se chiudi gli occhi e pensi al momento in cui si tornerà in campo, quale sensazione provi?
“Un mix di rabbia sportiva per essere stato lontano dal campo verde così tanto tempo, ma anche una forte emozione nel rimetterci piede… Mi auguro che avvenga il più presto possibile”.