Candidato a sindaco di Pieve Santo Stefano alle elezioni dello scorso anno, Giacomo Benedetti è il capogruppo di “Pieve in Comune”, rappresentata negli scranni dell’opposizione anche da Davide Meazzini e Claudio Marri. Intervistato da TeverePost, ha parlato della necessaria collaborazione con la maggioranza nella fase di emergenza e di alcuni argomenti chiave da iniziare a trattare.
Come è cambiata la tua attività di consigliere comunale?
Premettiamo che il coronavirus mi ha portato ad un isolamento assoluto, mi sono trovato a casa di mio nonno nel comune di Caprese Michelangelo e qui sono rimasto. Pieve però la percepisco attraverso i racconti di amici, conoscenti, familiari e anche del sindaco, che con grande disponibilità fin dal giorno dopo il primo DPCM mi ha scritto invitando a dargli una mano. Il nostro piccolo contributo è stato quello di proporre alcune iniziative, effettivamente poi intraprese: in primis aiutare le persone con difficoltà negli spostamenti ad avere un’assistenza per la spesa e le necessità di tutti i giorni.
Qual è il giudizio sull’operato dell’amministrazione in questo frangente?
Ne do un giudizio abbastanza positivo. Tutti sono partiti nudi davanti a questa emergenza e quello che è arrivato è stato affrontato con serietà, a partire dalla mutuazione dei DPCM. In un momento così singolare dico anche che onestamente non invidio l’amministrazione, che è chiamata a un lavoro duro, difficile. Su una visione più ampia che esula da questa fase di emergenza chiaramente le divergenze sono nette, anche nell’ultimo Consiglio comunale avevamo votato contro il DUP, il documento di programmazione, perché abbiamo completamente un’altra idea di amministrazione. Ma davanti al coronavirus mettersi a puntare il dito vorrebbe dire non avere il minimo senso civico. Tra l’altro so che il sindaco è anche vicino alle cinque persone per ora risultate positive, ha un contatto quotidiano con loro e cerca di dare loro una mano nelle necessità quotidiane. Io ho più volte ribadito a Marcelli che in un momento del genere, soprattutto quando sarà necessario riprendere i lavori del consiglio – e a quanto ha riferito ne verrà fatto uno prima della fine del mese – cercheremo di assistere l’amministrazione.
Pur da fuori comune, qual è la percezione sullo stato d’animo della gente a Pieve?
Dopo i primi giorni in cui qualcuno aveva inteso o non inteso, poi si sono tutti chiusi in casa. C’è consapevolezza e forse influisce anche un pesante controllo di vicinato. Poi va detto che c’è stata anche una notevole solidarietà a Pieve: è partita una sottoscrizione intestata alla tesoreria comunale, che il comune utilizza per venire incontro alle necessità delle persone, partendo da quella che è un’iniziativa secondo me utile fino a un certo punto ma richiesta da molti, cioè la sanificazione delle strade, fino all’integrazione dei soldi arrivati da Roma per chi ha bisogno. Anche noi come lista abbiamo contribuito con una sottoscrizione interna e il comune ha già superato i 20.000 euro di introiti. Una cosa di cui abbiamo chiesto conto è che questi soldi vengano spesi nella miglior maniera.
Durante questa emergenza una delle tematiche che hanno suscitato più dibattito è stata la continuazione dell’attività lavorativa alla Tratos.
Sì, la questione soprattutto all’inizio era abbastanza problematica e un’altra delle cose che, anche come membro del direttivo del Pd, avevo chiesto al sindaco era quella di mediare fra l’azienda e i dipendenti. Perché c’erano persone intimorite e in difficoltà nel recarsi a lavorare, e queste lecite rimostranze e dubbi dovevano essere confortate in una qualche maniera. Il sindaco si è espresso in maniera abbastanza puntuale, anche se nei primi giorni, ripeto, la situazione è stata difficile.
Quali sono le principali problematiche da risolvere a Pieve Santo Stefano?
Siamo una zona di confine che vive una situazione di carenza e difficoltà oggettiva da tanti punti di vista. In un momento del genere spero che nascano delle riflessioni soprattutto a livello regionale sul cercare di rafforzare il sistema delle aree interne, in particolare dal punto di vista dell’assistenza sanitaria, e quindi ci si ponga la questione dei medici di base e dei pediatri. In un momento di difficoltà la valle ha cercato di venirsi un po’ incontro, so che tutti gli amministratori si sentono costantemente, però questo sistema emergenziale potrebbe essere mutuato anche in tempi migliori. Comunque il punto è investire maggiormente nel sistema sanitario delle aree interne, mi sento di ribadirlo anche perché era un cavallo di battaglia della nostra campagna elettorale. Dalle dichiarazioni che ho sentito in questi giorni da parte dell’assessore regionale alla salute Saccardi, però, non mi sembra essere ancora emersa una consapevolezza in questo senso.
Un altro tema di grande rilevanza è quello turistico.
Qui si entra anche nei miei ambiti lavorativi personali, che sono particolari. Uno è fare il referente del Piccolo museo del diario, che non si sa quando e come potrà riaprire. In Valtiberina non si parla per niente in maniera approfondita, a parte chi ci lavora, di un settore che è una delle fonti di reddito più importanti, quello di turismo e accoglienza. È bene che le amministrazioni a bocce un po’ più ferme si mettano a parlare di questa tematica in maniera chiara. Abbiamo tutti musei piccoli, locali, alla Pieve da conti sommari si potrebbero fare entrare forse tre persone per volta, ma non si sa in che modalità, per quale fruizione, per quali tempistiche. Non parliamo poi di accoglienza, strutture alberghiere, agriturismi.
L’altra mia attività lavorativa è quella di guida ambientale: si è annullata un’annata lavorativa, tutti hanno cancellato i tour organizzati, le attività didattiche. Questo significa molto per noi a Pieve ma anche per Sansepolcro, tra Museo civico, Museo della vetrata, Aboca museum ecc. Se ne va un’annata di fatturato e quali saranno i paracadute che arriveranno dall’alto non si sa.
In questo momento ci sono tante emergenze, che sono percepite a diversi livelli di importanza. Ecco, mi sembra purtroppo di notare che la riflessione su una certa tipologia di turismo, quella che attrae maggiormente in Valtiberina – un turismo familiare, culturale, naturalistico, legato a un ambiente ancora incontaminato come il nostro – sia nei vari capitoli di analisi veramente lontana dall’essere presa in considerazione.
Vorrei accennare anche al settore agricolo-selviculturale, che è cruciale. Per fortuna qui è stato riattivato il taglio dei boschi: da noi ci sono centinaia di persone che lavorano in questo mondo, il fatto che con l’ultimo decreto sia ripartito dà un po’ di respiro.
Concludiamo con una valutazione sulle scelte del governo nazionale.
In linea di massima le scelte del Governo le giudico favorevolmente, anche se c’è stata una certa scollatura tra i decreti e la loro attuazione. Ci sono i casi lampanti delle regioni del nord Italia, soprattutto la Lombardia e in parte il Piemonte, dove si stanno mostrando elementi di gestione dell’emergenza assurdi. L’Italia ha quasi 160mila casi, più della metà dei quali in Lombardia. Viene da chiedersi perché lì sì e nelle altre regioni no. Le vicende del Trivulzio o il fatto di aver portato persone contagiate dentro le Rsa facendo innescare la bomba del contagio sono cose su cui a bocce ferme ci sarà da riflettere seriamente.