Chi siamo
Nata nell’aprile del 2011, l’Associazione “Le Centopelli” è una realtà ormai ben radicata nella vita Culturale ed Enogastronomica della vallata. Pensata per riscoprire le vecchie ricette e tradizioni popolari ormai perse per strada, ha poi ampliato la sua attività attraverso convegni, seminari, gite e promozione della nostra storia gastronomica e non solo, diventando parte integrante della vita sociale cittadina. Il tutto con particolare attenzione alla convivialità che sta alla base del progetto, in collaborazione con le realtà della ristorazione locale. Esempio di risveglio culturale-associativo e del buon cibo, dieci anni fa ha dato il via ad emulazioni che hanno fatto riscoprire positivamente il piacere di stare assieme.
Il difficile momento che stiamo vivendo ha fermato le nostre attività, come è giusto che sia, ma vogliamo con questa rubrica proseguire il nostro lavoro, anche se solo virtualmente.
La Presidente – Meri Torelli
Le centopelli: la relazione di Augusto Tocci
La mia nonna Teresa che sapeva cucinare in modo divino usava spesso ripetere: “buono con buono fa migliorino” a significare che se si uniscono cose buone i risultati che si ottengono sono eccezionali. Era la saggezza di gente vissuta in altri tempi quando le materie prime per potersi alimentare erano proprio scarse e forse qualche volta anche di qualità ridotta ma si usava sempre scegliere con grande oculatezza.
La filosofia che poteva portare alla riuscita di una pietanza cucinata era quella che tutt’oggi resta attuale: partire da cose buone. E la nonna Teresa a volte riusciva a trovarle perché poteva contare sui prodotti del suo orto e del suo pollaio ma anche sulle amicizie di contadini allevatori che conferivano al macello del paesino qualche agnello buono e, un po’ più di rado, qualche vitello che si era cibato nei pascoli della nostra montagna.
Chi dunque si vuol cimentare in cucina deve basare il tutto sulla perfetta conoscenza degli ingredienti che servono per la preparazione delle varie pietanze e puntare il più possibile sulla loro qualità e quindi bontà. Questa conoscenza si acquisisce nel tempo prestando attenzione alle cose che ci vengono descritte nelle etichette esplicative, alla osservazione minuziosa dei vari prodotti che si vanno ad acquistare. L’esperienza però a volte non è sufficiente perché possono sopravvenire inconvenienti circa il reperimento di alcuni prodotti per i motivi più svariati. Non è raro per esempio incappare in una annata sfavorevole per la produzione di buona frutta e verdura o poco propizia per la pesca o addirittura per la produzione della carne di qualità. È pur vero che la globalizzazione ci può aiutare a risolvere questi inconvenienti ma facciamo ancora maggior attenzione tenendo presente che il nostro Paese è stato e rimane uno dei più importanti produttori di materie prime di qualità destinate alla gastronomia.
I suggerimenti che cerchiamo di dare con questa raccolta di informazioni servono per poter orientare i lettori nel variegato mondo dell’agroalimentare con un occhio particolare rivolto alla salute ed alla qualità della nostra vita.
Con i prodotti più poveri si prepara appunto la famosa minestra delle “centopelli” tutt’ora molto apprezzata nel territorio di Sansepolcro il che avviene con certosina attenzione agli ingredienti necessari fra i quali appunto l’omaso del bovino che è cosa diversa dalla tanto celebrata trippa. Questa parte di trippa è la più magra e si presenta con una caratteristica struttura lamellare con innumerevoli pieghe di colore bianco che ricordano le pagine di un libro aperto (da qui il nome di centopelli).
PREPARAZIONE
Questo pezzo di carne viene ridotto in tante striscioline, simili alle tagliatelle, che si cuociono velocemente in abbondante acqua e gli odori del brodo. A parte si prende del prosciutto stagionato, provvisto della propria cotenna, che pure si riduce in pezzi che si fanno sbollentare in altro recipiente. Questo prosciutto poi, tritato sopra la battilarda, si passa insieme agli odori freschi nella pentola delle centopelli e si lascia cuocere il tutto per 4 ore. Durante la cottura si aggiunge un po’ di pomodoro passato per dare colore. È uso mangiare questa pietanza allo stato semiliquido, come una minestra, eventualmente arricchita con fette di pane.