Francesca Olivoni, classe ’84, pievana, architetto a Milano. Oltre alla professione che svolge si è spesso dilettata nelle vesti di pilota e copilota nelle gare automobilistiche dedicate alle energie alternative, vantando un secondo posto nel campionato mondiale del 2013 ed il titolo di vicecampionessa italiana in carica. Appassionata di musica, è sempre stata presente ed impegnata nel mondo dei concerti negli spazi culturali milanesi e valtiberini.
Come sei finita a Milano?
Sono arrivata a Milano nel 2003. Mi sono trasferita qui per studiare architettura e poi ci sono rimasta. Ho avuto una parentesi a Vienna per poi tornare in quella che ormai è la mia città e la mia casa.
Raccontaci del tuo attuale lavoro.
Attualmente lavoro da Lombardini 22, uno dei più grandi studi di architettura d’Italia. Siamo circa 350 tra dipendenti e consulenti, io faccio parte del dipartimento Eclettico Design che si occupa della progettazione degli interni nel settore ospitalità, alberghi e residenze di lusso, ma anche progettazione architettonica di grandi attività ricettive in giro per il mondo. Adesso sto vivendo una fase di cambiamento professionale che per scaramanzia non vorrei svelare; non sto cambiando settore, semmai sta per iniziare una nuova attività anche gestionale sempre nell’ambito dell’architettura d’interni.
Negli anni ’80 c’era la Milano da bere, oggi com’è Milano?
Per ovvi motivi non ho vissuto nella Milano degli anni ’80, ma quella di adesso è sicuramente una Milano molto bella da vivere dal punto di vista degli eventi culturali o musicali che propone. Non mi riferisco alle cose più conosciute, ma parlo dei piccoli grandi eventi culturali come l’accoglienza di concerti o manifestazioni culturali dentro agli spazi museali come l’Hangar Bicocca o la Triennale di Milano. Valgono molto anche i concerti negli spazi più piccoli che qui sono veramente tanti. Possono essere studi di artisti o musicisti come lo spazio Standards o studi di grafica e serigrafia come Legno, che ospitano spesso concerti e fanno una programmazione abbastanza serrata durante l’autunno e l’inverno. Diciamo che c’è sempre qualcosa da fare e spesso la sera dopo il lavoro non torni a casa perché ci sono eventi ai quali poter partecipare. La vita oltre il lavoro è molto stimolante. È sempre un’occasione per conoscere cose e persone nuove e col tempo si è creata una piccola comunità di frequentatori di questi luoghi e manifestazioni. Vediamo spesso le stesse facce, ci riconosciamo, poi col tempo ci conosciamo. Grazie a questa attiva partecipazione e collaborazione, è stato creato Il Malloppo, un calendario sempre aggiornato degli eventi da tenere d’occhio. Ci sono anche tanti spazi occupati o rivalutati dove si fanno eventi, c’è stimolo e fermento nonostante quest’anno alcuni appuntamenti non si siano potuti svolgere per le problematiche legate al Covid-19. Tra questi Zuma Fest, organizzato da alcuni amici milanesi e romani che sarebbe stato un’esplosione di festa, musica e sorrisi nei primi giorni di giugno. In questo contesto ho avuto la fortuna di conoscere colui che sarebbe diventato il mio compagno, che per tanti anni si è occupato di musica e ha partecipato all’organizzazione di molti eventi anche itineranti che hanno superato i confini di Milano. La scena locale è molto viva e a me piace esserne partecipe per quello che posso e quando posso. Purtroppo il coronavirus ha smorzato un periodo che di solito era di fioritura di eventi all’aperto o d’interazione tra la gente. Adesso stiamo assistendo ad una lenta ripresa, tenuto conto che il contesto musicale e culturale è stato lasciato abbastanza indietro rispetto a tutte le altre riaperture considerate economicamente più importanti. Tutti coloro che lavorano nell’ambito musicale e culturale stanno cercando di capire come poter andare avanti e recuperare. La triste notizia è che alcuni spazi dopo questo periodo di inattività saranno costretti a chiudere.
Come hai passato la fase di quarantena nel capoluogo della Regione più colpita dal Covid-19?
Il fine settimana in cui è stato deciso di chiudere la regione Lombardia, ancora prima dell’istituzione della zona rossa in tutta Italia, ero a Pieve Santo Stefano per il compleanno di mia sorella. Sono dovuta correre a Milano con la paura di rimanere chiusa fuori dalla Regione. Fin da subito lo studio con cui collaboro ci ha fatto lavorare da casa. Abbiamo limitato le nostre uscite, se non per le strette necessità o al massimo per qualche giro attorno all’isolato. Il mio carico di lavoro non è cambiato, anzi forse è stato anche più intenso rispetto a prima e questo mi ha aiutato a superare la situazione surreale che vivevamo nella nostra casa milanese. Il mio compagno ed io viviamo a metà strada tra centro e periferia e non abbiamo giardini per passeggiare, quindi lavorare ha veramente contribuito a dare un senso alle giornate. All’inizio è stato interessante pensare di organizzare il tempo in modo diverso rispetto alle abitudini quotidiane, ma poi è subentrata una nuova routine sempre più pesante. Dove lavoro non si tornerà a pieno regime almeno fino a dopo l’estate e forse addirittura a fine anno. Siamo consapevoli che il problema non è ancora stato superato e quindi sarà necessario continuare ad essere attenti. Un aspetto positivo di questa vicenda è che nella realtà dove lavoro si sono accorti che non si deve per forza stare otto ore chiusi nello stesso posto, ma ci sono anche altre modalità di organizzazione. Questa vicenda nella sua disgraziata storia ci ha fatto aprire gli occhi nel riconsiderare il tempo.
Cambiando argomento: sei anche una campionessa di rally ecologici, come è nata questa esperienza?
Devo molto a quello che è il contesto valtiberino e all’Associazione Torino-Pechino che ha formato tutti coloro che da Sansepolcro e dintorni si sono dedicati a questo sport. Senza questa piccola perla della nostra valle non avrei mai avuto modo di scoprire le mie capacità e portare avanti questa disciplina sportiva. Precedentemente avevo avuto modo di partecipare ad alcune gare di auto storiche e successivamente sono entrata a far parte di questo team locale come navigatrice e poi anche con alcune esperienze da pilota, inizialmente in team femminili. La cosa è andata avanti con sviluppi del tutto inaspettati. Ogni nuova cosa che arrivava era una sorpresa da accogliere a braccia aperte. È un mondo particolare, molto strano per chi non ha mai avuto esperienze del genere, però è veramente una bella occasione per impegnare le proprie energie in cose diverse dal lavoro e dalla musica.
Col tempo ho avuto la possibilità di gareggiare nelle gare del campionato mondiale superando il contesto del team femminile. Come copilota di Guido Guerrini mi sono tolta diverse soddisfazioni come la vittoria in un rally di San Marino nell’anno in cui la gara si concluse a Monte Carlo, o podi in Serbia e nel Rally della Meldola.
Nell’ultimo anno ho potuto gareggiare due volte con il Team Autotest Motorsport, contribuendo alla vittoria di Audi nel campionato del mondo costruttori della categoria energie alternative, andando a punti nella gara di Atene e classificandomi nel fantastico Rally di Monte Carlo. A tutto questo si è aggiunto il secondo posto nel Campionato Italiano conseguito nel team valtiberino allestito da Piccini Paolo Spa. Tengo molto a questo secondo posto perché per la prima volta mi sono trovata a gestire la squadra in prima persona, avendo sulle spalle l’esperienza di gara che mancava al pilota con cui ho corso la seconda parte della stagione.
Il tuo futuro lo vedi in Valtiberina o a Milano?
Ad oggi non sono in grado di capire dove vedere il mio futuro. Sto cogliendo delle opportunità e non escludo di potermi creare delle situazioni che potrebbero essere sempre qui a Milano, in Valtiberina o altrove. Andando avanti nel tempo i cambiamenti possono essere sempre più difficili, ma non escludo nulla, anche in ambiti diversi da quelli architettonici.
Per esempio?
Nel tempo ho sempre coltivato il desiderio di lavorare nell’ambito culturale o musicale senza per forza tralasciare l’architettura. Ho sempre avuto la volontà di avere uno spazio da dedicare a questi interessi dove poter essere attiva e non solo spettatrice. Esattamente come in passato avveniva in Effetto K, dove assieme a Michele Corgnoli portavamo avanti interessanti progetti, vorrei potermi immaginare di impiegare il mio tempo in attività culturali di questo tipo, in un contesto nel quale sviluppare progetti. Vorrei insomma concentrare energie anche su altro rispetto all’ambito architettonico.