Federico Cavalli: “Rifiuti, scelte nell’interesse di pochi e a discapito dei cittadini”

L'intervista di TeverePost al consigliere pievano delegato all'ambiente: “Grandi incertezze su tariffe e sconti, Ato debole e litigiosa, gestore monopolista che fa quello che vuole. Sistema da cambiare”

Federico Cavalli

Federico Cavalli

Federico Cavalli, classe 1994, è alla seconda legislatura nel Consiglio comunale di Pieve Santo Stefano. Attualmente detiene le deleghe a bilancio ed ambiente, e in virtù di questo si occupa tra l’altro del tema della gestione dei rifiuti. TeverePost lo ha incontrato ieri presso il municipio pievano per un resoconto sull’ultima assemblea dell’autorità Ato Toscana Sud, da cui la conversazione si è spostata su valutazioni più generali sulle carenze dell’attuale sistema e sulle strategie per cercare di farvi fronte.

Quali erano i principali punti all’ordine del giorno dell’assemblea di lunedì?

Uno dei primi punti trattati è stata l’approvazione di un accordo tra Sei Toscana, Cassa depositi e prestiti e Ato per dare la possibilità ai Comuni di dilazionare i pagamenti delle fatture a 180 giorni: la Cassa anticipa la somma a Sei e i comuni ripagano la Cassa con un interesse dell’1% annuo. Come Pieve ci siamo astenuti, non ci siamo opposti perché comprendiamo le necessità di quei Comuni che mancano di cassa, mentre noi siamo finanziariamente solidi e non abbiamo bisogno della dilazione. Però obiettivamente mi sembra assurdo che Sei manifesti questa esigenza di liquidità immediata considerato che si tratta di una società privatistica che opera in condizione di monopolio senza rischio d’impresa, visto che fattura a preventivo e non a consuntivo, con il rischio d’impresa in capo ai Comuni, e ha 150 milioni di fatturato. Non si riesce a capire come possa avere crisi di liquidità, qualcosa a livello di gestione non torna. Ha anche messo in cassa integrazione parte dei dipendenti determinando disservizi: per esempio ha chiuso il centro di raccolta e ha messo in cassa integrazione le persone che si occupavano del ritiro a chiamata, generando problemi per i cittadini.
Ma il tema più importante discusso all’assemblea è stato quello riguardante Arera, l’autorità nazionale di regolazione, e quindi il calcolo della Tari e le decisioni sugli sconti che si possono effettuare. Arera ha definito dallo scorso anno il nuovo metodo di calcolo del corrispettivo e delle tariffe, che doveva entrare in vigore da quest’anno, ma in questa fase di incertezza non sappiamo se entrerà in vigore ora o se verrà posticipato al prossimo anno. Il problema è che è assurdo che vengano stabilite le tariffe e gli sconti con dei metodi fissi a livello nazionale: il bar di Montalone non può pagare con lo stesso criterio di un bar a Roma, è illogico. Invece vogliono uniformare il metodo di calcolo, sia per i cittadini che per le attività produttive, e questo secondo me è un pericolo soprattutto per i Comuni più piccoli. Noi per fare un esempio facciamo sconti del 90% sulla parte variabile agli agriturismi, ma se si deve uniformare tutto è possibile che questi sconti debbano essere rivisti e questo ci potrebbe mettere in difficoltà. Invece una cosa almeno in teoria positiva è che prima si calcolavano dei costi standard e si pagava il servizio indipendentemente da come veniva svolto, mentre ora si passa ai costi efficienti, paghi cioè solo se effettivamente il servizio viene prestato e viene prestato bene. Questo può servire a incentivare il gestore a migliorare la qualità del lavoro, ma sempre in teoria.

In teoria perché controllare la qualità del servizio non è semplice.

Ci si prova a controllare, ma non c’è uno strumento, devi seguire, andare a vedere se quel giorno hanno effettivamente svuotato quei cassonetti, anche se su certi tipi di svuotamento non si capisce neanche quando passano: per esempio la plastica è stata subappaltata a Revet e io non ho un calendario. Su questo aspetto c’è necessità di intervenire anche da parte di Ato, perché a livello di controllo di gestione, della qualità del servizio, manca totalmente Ato, che del resto non è presente anche da altri punti di vista. Io come Comune da solo non posso riuscire a controllare tutto, è impossibile tecnicamente. La prossima settimana in una riunione si parlerà del Sit, una piattaforma che dovrebbe consentire di controllare giorno per giorno dati che deve inserire Sei: se è stato effettuato quel servizio, se sono andati a svuotare quel cassonetto, se è passata la spazzatrice. Speriamo che questo sistema possa aiutare.

Un altro tipo di controllo non semplice è quello sulla quantità di rifiuti effettivamente conferita agli impianti di smaltimento.

Questo problema è ancora più grosso: se nel caso dei servizi di Sei io posso riuscire in qualche modo a vedere se hanno svuotato o no, sul lato dei flussi dei rifiuti io non so niente, non posso controllare quanti rifiuti produce Pieve, quanti ne vengono portati in discarica. C’è asimmetria informativa tra il gestore e il Comune.

I dati di prima della pandemia dicevano che i corrispettivi da pagare erano in aumento per quasi tutti i Comuni della vallata.

Il corrispettivo per Pieve era in aumento di 40.000 euro, in parte per l’incremento del progetto dei servizi, perché l’anno scorso erano stati aumentati i cassonetti della raccolta differenziata e ridotti quelli dell’indifferenziato. Tanto che in due mesi di quest’anno si era arrivati al 45% di differenziata a fronte del 30% dell’anno scorso. Considerando che facciamo solo raccolta di prossimità e non porta a porta è un buon risultato. L’altro motivo che ha causato l’aumento del corrispettivo è il problema degli impianti, perché è stato ridotto il conferimento dei rifiuti dall’Ato Centro alla discarica di Podere Rota, ormai saturata anche per i rifiuti arrivati negli anni da fuori Ato: siccome l’introito del gestore è garantito, dal momento che vengono conferiti meno rifiuti, il costo unitario aumenta. Oltre al fatto che ancora paghiamo i costi di un ampliamento della discarica fatto negli anni passati. L’idea di Ato è quella di ampliare il termovalorizzatore di San Zeno per riuscire a raggiungere l’obiettivo dell’autosufficienza provinciale per l’indifferenziato, si tratta di una questione da studiare a fondo.

A proposito di impianti, ci sono all’interno dell’Ato esigenze diverse tra i Comuni dove questi hanno sede e gli altri Comuni.

A livello di Ato su certe tematiche i Comuni dovrebbero trovarsi tutti insieme per fare naturalmente gli interessi dei cittadini, ma ciò è impedito da questo meccanismo di partecipazioni incrociate tra gestori degli impianti e Sei e dal fatto che i Comuni sede di impianto hanno una quota maggiore nell’Ato e ricevono introiti come ecotassa e indennità di disagio ambientale: è chiaro che gli interessi sono diversi, è stato creato un sistema in cui si creano discussioni tra i vari Comuni.

Anche perché i Comuni dell’Ato sono tantissimi e hanno caratteristiche diverse anche territorialmente.

I rifiuti forse più di ogni altro tipo di servizio hanno una peculiarità territoriale marcata, non è pensabile che l’Ato metta insieme Pieve Santo Stefano e Orbetello, non ha senso, tutte le esigenze sono diverse. Qui ci sono le colpe della Regione che ha costituito queste Ato. Addirittura l’anno scorso a settembre era stata presentata in assemblea la possibilità di costituire un’Ato unica e chiaramente ci siamo opposti, perché già adesso non abbiamo potere: se adesso valiamo lo 0,88%, in un’Ato unica quanto valiamo? Ma anche questo non è un ambito ottimale, sarebbe necessario tornare a una gestione su scala almeno provinciale ma meglio di vallata. Al limite insieme con il Casentino, ma già con Valdarno e Valdichiana ci sono diversità marcate.

La volontà accentratrice viene giustificata parlando di economie di scala.

Non sono economie di scala, probabilmente ci sono dei vantaggi per i Comuni grandi, mentre per i Comuni piccoli ci sono solo ed esclusivamente costi. Siamo in una situazione assurda per cui dobbiamo difenderci dall’aumento dei costi per il cittadino, dobbiamo attuare misure per cercare di evitare che i costi aumentino, dando per scontato che altrimenti devono automaticamente aumentare.

Il fatto che al diminuire dell’indifferenziato totale aumenti il costo unitario appare un disincentivo a ridurre la quantità di rifiuti. Allo stesso modo il fatto che Sei, potendo scaricare i costi in bolletta, non abbia l’esigenza di valorizzare il prodotto della differenziata, non incoraggia comportamenti virtuosi.

Esattamente, questo è un altro problema evidente. È svilita anche l’azione dei Comuni che fanno la raccolta differenziata porta a porta, perché fai degli investimenti che per alcuni anni aumentano i costi e questi costi non vengono ripagati dalla valorizzazione della raccolta differenziata. E allora la raccolta differenziata non ha senso. Continua naturalmente ad avercelo dal punto di vista ambientale, anzi per me dovrebbe essere obbligatoria, però non ce l’ha dal punto di vista economico. Si ritorna al problema che il gestore è un gestore unico e fa quello che vuole. L’Ato è secondo me un po’ appiattita e alcuni Comuni che probabilmente hanno dei vantaggi non hanno la volontà di opporsi al comportamento di Sei.

Quali sono i Comuni che nell’assemblea dell’Ato sono più convinti nel contrastare questo sistema?

Ci sono molti Comuni concordi su questo, penso alle posizioni del sindaco di Bibbiena, dell’assessore di Civitella in Val di Chiana. Per quanto riguarda la vallata è sempre attiva Sansepolcro, e infatti fondamentalmente Pieve e Sansepolcro possono avere caratteristiche comuni a livello di servizi. Anche se un Comune ha 3.000 abitanti e l’altro 15.000 viviamo nello stesso contesto, quindi con l’assessore Marconcini sono molto allineato. Ma all’assemblea online di lunedì era presente il 50,3% delle quote, vuol dire che mancavano quasi la metà dei Comuni e soprattutto Comuni importanti, presuppongo Comuni sede di impianto, che quindi si disinteressano completamente, perché i problemi li subiscono soprattutto i Comuni più piccoli che non sono sede di impianto. Io queste due fazioni le noto.

Per cambiare le cose si è detto che andrebbe intanto ridotto l’ambito, mentre a livello di gestore quale soluzione ti sembra la migliore?

La strada migliore secondo me è il gestore pubblico, ma credo che sia difficile che questa strada venga scelta. Ritengo più fattibile la creazione di un sistema di concorrenza, in modo che ci sia l’incentivo a migliorare la qualità del servizio e ad abbassare i costi, o di misto pubblico-privato, che però sia un pubblico-privato vero, non come Sei che di fatto è privata. La composizione societaria è infatti decisamente non chiara, non si capisce chi comanda, e al di là della presenza di una componente pubblica è un servizio che è stato privatizzato. E in ogni caso qualsiasi scelta viene fatta negli interessi di pochi e a discapito dei cittadini, visto che di fatto le entrate di Sei sono soldi pubblici.

Riduzione dell’ambito e cambio della gestione sono grandi obiettivi di lungo periodo, mentre nell’immediato a cosa si punta?

Adesso la strategia è quella si inviare un’email a Sei ogniqualvolta c’è un minimo disservizio, immediatamente. E chiaramente andare nella direzione di controllare più il gestore, cercare di convincere Ato ad imporsi maggiormente. In questo periodo di coronavirus le problematiche sono venute fuori tutte insieme: siamo a fine giugno e non abbiamo il corrispettivo, non sappiamo che tariffe dobbiamo applicare e che sconti possiamo applicare. In generale tutti i sistemi si sono dimostrati un po’ leggeri di fronte alla crisi, ma nel sistema di gestione dei rifiuti è stato evidente il fatto che non si è risposto velocemente alle esigenze dei cittadini, che sono istantanee. Sono stati i Comuni che si sono fatti carico di ritardare i pagamenti delle tariffe, e anche gli sconti verranno coperti con l’avanzo di amministrazione dell’anno precedente. Quindi non ci sono aiuti da parte dello Stato, della Regione, con cui l’Ato avrebbe potuto avere un’interlocuzione migliore, quanto meno per mettere all’attenzione questo problema. Problema di cui non sento mai parlare, non ho visto né un consigliere regionale né un parlamentare, sia di maggioranza che di opposizone, affrontare la questione. C’è il silenzio totale.

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