Un piatto antico, se diamo fede alla leggenda, conosciuta anche oggi in Toscana con nomi diversi nell’arco di pochi chilometri e la cui origine è contesa tra la Liguria e la Toscana. Stiamo parlando della farinata, una specie di polenta (ma non chiamatela così!) molto diffusa nella cucina tradizionale toscana, che si era soliti servire come piatto unico e riutilizzabile il giorno dopo, quando sulla superficie si era formata una deliziosa crosticina.
Ce la propone la consigliera e amica Angela Nocentini, ormai affezionata collaboratrice della nostra rubrica, anche grazie alla sua grande versatilità culinaria.
Ingredienti
- 2 o 3 Cotenne di maiale
- 200 gr di farina di mais
- 200 gr di fagioli secchi da ammollare
- 1 costa di sedano
- 1 cipolla
- 1 carota
- 7-8 cucchiai di pomodoro
- Olio, sale e pepe q.b.
Preparazione
Lessare i fagioli insieme al cotechino fino a ½ cottura dei fagioli.
Tritare finemente gli odori e farli soffriggere in nell’ olio , aggiungere la ½ dei fagioli con le cotenne fatte a pezzetti, il pomodoro, frullare il tutto e lasciare cuocere una decina di minuti.
Versare a pioggia la farina di mais e cuocere aggiungendo acqua, salare e pepare.
Quando cotta aggiunger i restanti fagioli e impiattare.
Contributo dell’Associazione Italiana Sommelier delegazione di Arezzo
Questa pietanza profuma di casa, di camino e di intimità propria delle famiglie contadine toscane. Un piatto fumante di farinata richiede un vino con una moderata astringenza ma di un buon tenore alcolico, ma soprattutto che sappia restituire quel profumo e quella intimità. Ci spostiamo a Prato, zona di produzione del Carmignano docg, un vino di corpo anche nella sua semplicità, con un tannino vellutato e una morbidezza che coccola il palato.
Nunc est Bibendum!
I consigli di Augusto Tocci
Farina di mais – Un tempo, tutti i prodotti provenienti da altri continenti assumevano l’appellativo di turco. E così anche il mais,che veniva dall’America, venne chiamato granturco. Dai semi di questa pianta si ottiene una farina adatta per la preparazione della polenta, ma anche del pane,della pasta,degli sformati,dei dolci ecc.
Scegliamo bene – Le varietà di farina sono legate ai diversi cultivar della pianta da cui derivano e al tipo di molitura dei semi. Ne esistono di consistenza differente, da quella grossolana a quella quasi impalpabile, e di colorazione più o meno gialla e anche molto scura. Per la polenta comune, è sicuramente più adatta la farina macinata fine. Anche se nel settentrione si adopera spesso quella grossolana, tipica delle valli del Trentino (Valsugana). Generalmente si acquistano in confezioni da un chilo, sulle quali sono riportate le caratteristiche salienti, compreso il periodo di conservazione, che di solito non supera mai l’anno.
Pulizia e conservazione – Come tutte le farine di cereali, anche quella di mais è ottenuta da semi essiccati. Quindi è consigliabile conservarla in ambiente asciutto, per evitare che riassuma umidità. Se capita di acquistarla sfusa, meglio setacciarla per eliminare eventuali impurità derivanti dalla corteccia dei chicchi (la così detta crusca o semola).
Le proprietà – Energetica e molto digeribile, contiene pochissima gliadina (proteina componente del glutine) per cui è un prodotto ben sopportato dai sofferenti di celiachia. Con i semi del granoturco, infine, si prepara uno sciroppo addolcente utile nei raffreddori e nella raucedine.